Cambiamenti climatici e vino: l’approccio di Marco Triacca

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Un nuovo studio pubblicato su Nature Reviews Earth & Environment ha sollevato allarmi sul futuro della produzione vitivinicola europea, mettendo in luce il pericolo crescente che il riscaldamento globale rappresenta per il settore. Secondo i ricercatori, le conseguenze dell’aumento delle temperature sulla viticoltura sono già evidenti e potrebbero intensificarsi drasticamente nei prossimi decenni. Per capire le ricadute sul lavoro dei viticoltori valposchiavini abbiamo intervistato Marco Triacca.

Cosa dice lo studio

Il rapporto, coordinato da Cornelis van Leeuwen dell’Università di Bordeaux in Francia, ha esaminato oltre 250 ricerche degli ultimi 20 anni, delineando due scenari potenziali: un aumento della temperatura fino a 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali e un’ulteriore crescita tra 2 e 4 °C.

Le implicazioni per i viticoltori europei sono significative. L’anticipo della vendemmia di 2-3 settimane negli ultimi 40 anni ha già alterato la quantità e la qualità dell’uva raccolta, mentre i modelli climatici prevedono un aumento fino a quattro volte dei periodi di siccità, specialmente nelle regioni vitivinicole del sud Europa. Inoltre, il caldo favorisce la diffusione di malattie tra cui Peronospora e funghi Erysiphaceae, compromettendo ulteriormente la salute delle viti.

Giovanni Sgubin, ricercatore presso l’Università di Palermo e coautore dello studio, ha sottolineato che le regioni vitivinicole europee più rinomate, come quelle in Italia, Francia, Spagna e Germania, potrebbero essere particolarmente vulnerabili. Se il riscaldamento globale si limitasse a 2 °C e i produttori adottassero misure adeguate, molte regioni potrebbero adattarsi al nuovo clima. Tuttavia, al di là di questa soglia, fino al 90% delle vigne in pianura e lungo le coste potrebbe scomparire entro la fine del secolo.

In Italia, il panorama è altrettanto allarmante. Anche nei migliori scenari, regioni come Oltrepò Pavese, Franciacorta, Valpolicella e le aree pianeggianti del sud potrebbero trovarsi in gravi difficoltà. Con un aumento di temperatura più elevato, la situazione potrebbe diventare insostenibile in molte zone.

Sgubin ha suggerito che i viticoltori potrebbero adottare strategie come la riduzione della densità dei vigneti per un uso più efficiente dell’acqua, l’ottimizzazione delle potature e la scelta di vitigni più resistenti al calore e alla siccità.

Nonostante le sfide, il rapporto riconosce anche potenziali opportunità. Regioni sub-alpine e settori settentrionali potrebbero beneficiare del clima più mite, mentre nuove zone vitivinicole potrebbero emergere in luoghi inaspettati come Belgio, Paesi Bassi e Irlanda.

Tuttavia, il cambiamento climatico trasformerà inevitabilmente il vino stesso. I vini futuri potrebbero essere più alcolici, meno freschi e presentare sentori di frutta matura, riflettendo le nuove condizioni climatiche.

Questo studio sottolinea la necessità urgente di azioni concrete per proteggere il settore vitivinicolo europeo e preservare la sua diversità e qualità in un’era di cambiamento climatico accelerato.

Intervista al viticoltore Marco Triacca

Buongiorno Marco, come sta influenzando il cambiamento climatico la vostra attività di produzione di vino?
Il cambiamento climatico si manifesta con stagioni meno “regolari” del solito: sbalzi termici improvvisi, temperature anomale durante le stagioni  (inverni “caldi”, 28-30 gradi a metà aprile, magari freddo a giugno), alternanza tra siccità e forti precipitazioni, aumento delle temperature medie, aumento delle temperature notturne a ridosso della vendemmia, ecc. Tutto questo può rendere difficile la gestione del lavoro nel vigneto durante tutta la stagione e poi durante la vendemmia.

Quali misure state adottando per adattarvi ai cambiamenti climatici e mantenere la qualità del vostro vino?
Visto che un vigneto non si rimpiazza da un giorno all’altro, ci si adatta come si può. Maggior attenzione durante la stagione per evitare il più possibile l’attacco di malattie. Si può gestire ad esempio diversamente la parete fogliare a seconda del prodotto che si vuole ottenere. Ci si adatta anticipando se necessario il periodo vendemmiale, cercando di raccogliere nel miglior momento possibile (giusto equilibrio tra zuccheri, acidità e altre componenti).

Come pensate che il gusto e l’aroma dei vostri vini stiano cambiando a causa del clima più caldo?
In questo momento se pensiamo ai vini valtellinesi, a mio avviso per il momento fortunatamente ci troviamo nel posto giusto al momento giusto. La posizione, la conformazione e l’esposizione dei vigneti valtellinesi, unita alla “protezione” delle Alpi e alla “ventilazione” che arriva direttamente dal lago di Como (la Breva), rendono la Valtellina molto particolare. Per ora i nostri vini hanno ancora un’ottima acidità, la componente responsabile della freschezza, che unitamente alle ottime gradazioni che si possono ormai raggiungere “facilmente”, rendono i vini valtellinesi davvero molto fini ed eleganti. Dobbiamo cercare di essere bravi noi a lavorare bene in vigna per arrivare a vendemmia con uve che permettano di ottenere e mantenere queste caratteristiche. In questo momento penso che un impatto maggiore sul cambiamento del gusto e dell’aroma si abbia soprattutto in altre zone d’Italia.

Quali sono le vostre prospettive e preoccupazioni per il futuro della produzione di vino?
Ci possono essere diversi modi per “adattarsi” al clima più caldo. Si può ad esempio pensare di piantare vigneti in fasce altimetriche più alte per “rallentare” la maturazione eccessiva e per garantire maggior acidità e freschezza ai vini. Si potrebbe anche pensare ad altre varietà, magari più resistenti al caldo, ma personalmente credo sia un vero peccato perdere dei vitigni unici come il nostro nebbiolo e altri vitigni autoctoni come ad esempio la pignola. Si potrebbe anche pensare di far produrre un pochino di più la vite, per mantenere maggior freschezza e per avere il giusto tenore in zuccheri, alla fine si tratta sempre di trovare il giusto equilibrio. Le preoccupazioni possono essere tante, ma sono un convinto sostenitore della ricerca e fiducioso che si possano trovare soluzioni utili per continuare a produrre ottimi vini e soprattutto continuare a vedere il bicchiere mezzo pieno!

Marco Travaglia
Caporedattore e membro della Direzione