Il Bernina è un giornale locale, che si occupa prevalentemente della cronaca e della vita culturale, sportiva, sociale e politica della Valposchiavo. Tuttavia, a volte, gli eventi “più grandi di noi” prendono il sopravvento e si impongono toccando da vicino anche una piccola valle svizzera delle Alpi. È successo con il Covid-19, che ha causato più di un problema anche nella nostra regione e sta succedendo di nuovo, questa volta con la guerra in Ucraina.
La Svizzera è, per Costituzione e per definizione, un paese neutrale; tuttavia, il Consiglio Federale, riconoscendo l’eccezionalità della situazione determinata dall’invasione russa dell’Ucraina, si è unito alla quasi totalità dei paesi occidentali ed europei nell’imporre alcune sanzioni alla Russia.
Ma ci siamo domandati da subito, soprattutto, quali fossero le implicazioni personali per chi vive in Ucraina e per chi, originario di quel Paese, si trova attualmente in Europa vivendo giorni di angoscia per il destino dei propri cari. Abbiamo perciò preso contatto con Olga Suriaha, moglie di Franco Battilana, che vive attualmente in Valposchiavo ma è nata in Ucraina.
Quando Franco e sua moglie Olga hanno varcato la porta dell’ufficio, dopo le presentazioni, già dalla prima domanda mi sono reso conto che non sarebbe stata un’intervista come le altre.

Di dove sei originaria in Ucraina?
Mariupol.
Mariupol, proprio la città martire per eccellenza, quella dei bombardamenti più intensi, all’interno della regione del Donbass: a quella risposta confesso che mi sono sentito… Smarrito.
E c’è qualcuno della tua famiglia in questo momento a Mariupol?
Mia madre, e non la sento da otto giorni. La sua casa si trova vicina all’Ospedale pediatrico, quello che è stato bombardato nei giorni scorsi.
Non sappiamo se intanto, in questi giorni trascorsi, la madre di Olga sia riuscita a contattarla, ma a Mariupol non prende il telefono quasi da nessuna parte.
Immagino che tu stia seguendo la situazione di Mariupol da vicino e non riesco a immaginare la preoccupazione che stai provando
Non c’è acqua, non c’è elettricità, non c’è riscaldamento e ci sono bombe tutti i giorni e non si riesce a evacuare la città. Fa freddo, ma almeno è nevicato e hanno fatto sciogliere la neve per avere dell’acqua
E il resto della tua famiglia?
Mia sorella sta arrivando qui –finalmente abbozza un sorriso– e mio figlio… Lui è nell’Ovest dell’Ucraina. Però lui non ha potuto in quanto uomo e giovane passare la frontiera. Deve restare a disposizione.
Da quando hai lasciato l’Ucraina?
Tutto è iniziato nel 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea ed è iniziata la guerra nel Donbass. Io avevo una catena di ristorantini in città, era una bella località di mare… Ma poi per la prima volta abbiamo visto entrare i carrarmati in città e ho capito che non sarebbe stato come prima. Allora prima sono andata a Kiev e poi in Italia, nel 2015. Dal 2018 abito invece qui, in Valposchiavo.
Di cosa ti occupi?
Sono una badante, ma al momento sono disoccupata perché purtroppo la persona della quale mi occupavo è morta a fine anno scorso.
Ma la tua formazione di che tipo è?
In realtà sono un ingegnere meccanico. Adesso sto cercando di frequentare dei corsi di design a distanza, per poter lavorare al computer. Ma è molto difficile per me concentrarmi, difficile anche riposare e dormire…
Penso, con un sorriso amaro, che molto spesso gli immigrati che da noi svolgono compiti anche duri e faticano a trovare un lavoro hanno magari una formazione tecnica elevata, come quella di Olga. Chissà che accadrà a coloro che arriveranno come profughi.
Tornando a Mariupol, prima del 2014 c’erano stati problemi tra russofoni e ucrainofoni?
Assolutamente no, anche perché era tutto mescolato. Io, per esempio, ho il papà ucraino e la mamma russa, la mia lingua madre è il russo, ho studiato all’università a Mosca! Ma dal 2014 i Russi hanno cominciato con la propaganda a dire che l’Ucraina ci voleva far comandare dai nazisti e così è nato l’odio. Stavano preparando il terreno per oggi. I giovani hanno creduto meno a questa propaganda, ma qualcuno degli anziani di più. Dopo quello che è successo in queste settimane, però, credo che nessuno voglia più sentir parlare bene della Russia a Mariupol…
Ti aspettavi accadesse qualcosa, quindi?
Sì, e poi gli americani lo dicevano da mesi… Ma in realtà ci sono interviste già di prima ancora che Putin andasse al potere che parlano di un piano russo per prendere la Crimea e riprendere sotto “controllo” molti stati ex sovietici. Però credo che la Russia non si aspettasse questo patriottismo, questa grande resistenza. Credo anche che i generali abbiano mentito a Putin dicendogli che l’esercito era pronto e che andava tutto bene, che c’erano professionisti al fronte e non soldati di leva. E così lui, pensandosi più sicuro, ha attaccato… Ma non aveva previsto la reazione.
Ma i Russi oggi cosa pensano di questa guerra?
Non tutti ovviamente penseranno la stessa cosa, ma molti appoggiano questa visione di Putin. La mia migliore amica è russa, ci siamo conosciuti ai tempi dell’Università. Ci siamo sentite spesso, anche durante il Covid. Quando si iniziava a sentire di questa possibile invasione mi diceva che non sarebbe accaduto, poi che si sarebbero limitati solo alle zone del Donbass occupate, poi alle altre… E quando le ho detto “bombardano Kiev” ho sentito che quasi lei e quelli in ufficio da lei festeggiavano la notizia. Io immagino che magari non potesse parlare, ma non c’è stata una domanda sulla mia famiglia, nonostante lei sapesse che sono là, sotto le bombe!
Che pensi delle sanzioni?
Che aiutano, davvero, e ringrazio tutti per il sostegno. Lo so che si pagherà un po’ di più la benzina e altri beni ma si deve davvero pensare che l’alternativa è ancora più sangue che scorre.
Temi che questa grande ondata migratoria svuoterà l’Ucraina?
Un po’ sì, dicono che ci saranno almeno cinque milioni di profughi… e che normalmente nelle migrazioni si dice che solo un terzo torni a casa. Ma in questo caso vedo tanto patriottismo, tanto attaccamento al proprio paese che spero davvero che poi la gente ritorni.
Che possiamo fare noi qui per aiutare?
La raccolta umanitaria che è stata fatta qui è stata un primo passo -anche il Bernina ne ha parlato– molto importante, e poi naturalmente se qualcuno può mettere a disposizione dei profughi un alloggio, anche quello è benvenuto.
Mentre finisco questo articolo leggo del teatro di arte drammatica di Mariupol, usato come rifugio per civili, bombardato e spero con tutte le mie forze che per Olga, la sua famiglia, il suo paese e il suo popolo possano presto arrivare dei giorni di pace.