L’etica nella scuola
Si fa un gran parlare, discutere di aggiornamento personale da parte dei docenti, di attualizzazione dei mezzi didattici, di rilettura dei programmi scolastici, di rivalorizzazione di certe materie, della dotazione oraria di altre…
A volte sembra che si stia perdendo il metro di valutazione di ciò che la scuola é o dovrebbe essere, si rincorrono stimoli, spinte, incentivi che sembra debbano rientrare nella mise à jour odierna della struttura scolastica; senza questo adeguamento par che la scuola non risponda più alle chiamate della società .
In questa congerie appare purtroppo difficile ritrovare la serenità in una professione che è volta essenzialmente alla crescita o meglio detto, al favoreggiamento dell’adeguato sviluppo di coloro che la frequentano. La conclusione a volte amara e che si trascuri quest’ultima componente perché soverchiati da tutto quanto vi rotea attorno.
Perciò credo valga la pena soffermarsi brevemente sulla centralità dell’insegnamento, quindi sull’individuo, riscoprendo o ridando quel giusto valore all’etica professionale. In questa mia congettura, prendo spunto da una trasmissione radiofonica che la Rete Uno ha messo in onda nei mesi scorsi e da un interessante libro: Éthique et éducation, un autre regard di Lina Bertola.
La guida autorevole
Nella trasmissione radiofonica del 5 settembre scorso, Paolo Tognina, metteva in evidenza quanto „il problema della scuola consista nel dover trasmettere troppi valori, troppe nozioni di ogni tipo, troppe informazioni che finiscono per accumularsi disordinatamente. E nella mancanza di indicazioni chiare e autorevoli – autorevoli, non autoritarie – che aiutino gli allievi a distinguere che cosa è importante e che cosa non è importante.” I punti sollevati sono diversi: l’esagerato nozionismo che si tenta di trasmettere e, forse ancora piú assente dalle cattedre delle nostre aule scolastiche, quell’autorevole conduzione, quello spirito di guida che probabilmente, con la caduta generale di punti di riferimento forti, ha lasciato anche il corpo docente con poche frecce nella faretra.
Il trionfo dell’utilitarismo
Come può la scuola far fronte alla conoscenza? Sembra che la scuola dia sempre piú dei tecnicismi e sempre meno ricchezza culturale. È purtroppo vero e in questo corrisponde al clima culturale odierno che privilegia questo tipo di atteggiamento; se non ci sono quegli „intrecci degli sguardi” tra le diverse discipline, se la poesia non è messa a confronto della scienza, se non si riesce a costruire un dialogo interdisciplinare la scuola perde purtroppo una sua importante componente di crescita. La ricerca di significato è comune ad entrambi gli sguardi, questa considerazione non dovrebbe cadere in oblio.
Tutto il mondo delle inquietudini, dei dubbi, delle elaborazioni, delle passioni che animano lo scienziato nel suo lavoro vien lasciato purtroppo sullo sfondo nell’insegnamento scientifico: la conoscenza si limita ad essere uno strumento, che io devo poter usare. Il tutto si riduce ad un appiattimento del sapere a ciò che serve, e che non ci consente di andare a cercare le finalità della vita.
Nell’educazione bisogna invece cercare tutte le possibilità per armonizzare l’essere con la conoscenza, anche se è sempre piú difficile. Le acquisizioni che imparano i giovani a scuola sembrano sempre piú forzate, perché imposte dai programmi; manca invece l’interesse di risalire alla fonte di certe scoperte, del sapere. Siamo dunque di fronte a delle conoscenze che sono scorprorate dagli uomini che le hanno prodotte e questo è negativo, perché l’esperienza dell’educazione, intima, individuale, personale, questo accompagnamento che l’allievo riceve da parte dell’insegnante nel suo processo di educazione e di crescita, di consapevolezza del suo posto nella vita, può avvenire solamente se gli allievi incontrano lo sguardo dell’uomo dietro ogni sapere, dietro ad ogni conoscenza e non nella freddezza di un dato che vale oggi e domani non vale forse piú. I manuali scentifici hanno una vita breve, dato che le scoperte non si femano. Si vive perciò in questo assoluto presente appiattito ed è estremamente difficile ritrovare quel piacere della conoscenza.
Nella modernità tutto era rivolto verso il progresso dell’uomo, della civiltà, dei valori, delle conoscenze e anche della ricchezza e quindi si tentava di perseguire questo obbiettivo con tutti i mezzi, mantenendo comunque l’uomo al centro di tutte le esperienze; oggi manca a questa nostra società un forte pensiero del futuro. Dopo le contraddizioni del Novecento ci rimane solamente il progresso tecnologico, che si autoalimenta senza fini.
Dobbiamo nella scuola andare probabilmente contro il clima culturale attuale che non premia per nulla la conoscenza umanistica, dobbiamo impegnarci a rimettere l’individuo al centro della sua esistenza. Oggi abbiamo tantissime libertà, questo però significa riscoprirne il valore essenziale: l’autonomia, che si collega spesso alla libertà, significa „regolare, ordinare, dare leggi a sé stesso”, questo è il lavoro sull’individuo, che deve rientrare nelle scommesse dell’educazione.
Questo articolo é apparso pure nel Bollettino scolastico grigione, n. 1, sett.- ott. 2004.
Redatto da Luigi Menghini – luigi.menghini@bluewin.ch