Un gioiello incastonato tra le nostre montagne

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Un gioiello incastonato tra le nostre montagne

Se il buon giorno lo si vede dal mattino allora sarebbe stata di sicuro una giornata da ricordare. E così fu.

Quando sali verso Cavaione e vedi il solco angusto della valle i tuoi sentimenti sono di rispetto per una natura scavata nelle rocce. Ti sovvieni della profondità  della valle del Saiento, da “li tumbi” scavate dall’acqua, dei prati ripidi e della vita di stenti delle generazioni passate.

Ma più ti innalzi, da Pescia verso li Piani, ed incominci a sentire il profumo dei larici secolari, delle eriche e delle rose alpine, più ti prende un senso di benessere. Allora sei portato ad alzare lo sguardo e, verso sud, ti si apre una scena indimenticabile: dall’Ometto alle Alpi Bergamasche fino al Meden.

Le nuvole del caldo incominciano a salire e creano una cornice leggera, soffice, delicata. È una corona per il cielo e per le montagne, se hai la mente aperta per vedere. Tutti l’hanno vista e avvertita. Come ciascuno, del resto, che frequenta, in spirito fraterno e aperto a tutti, il rifugio delle Piani.

Eravamo una cinquantina. Invitati sull’alpe dal Dott. Plinio Pianta e dalla sua famiglia, nell’ambito di una gita organizzata dalla PGI Valposchiavo, alla quale era presente anche lo scultore Pasquale Lo Moro.

Infine la deposizione, un atto d’amore pur non essendoci ancora, in quel momento, la speranza della resurrezione che seguirà.

Siamo rimasti muti a vedere, sentire e cercare di capire una storia antica che continua a rinnovarsi non solamente come vangelo ma pure come una metafora della vita di molti. Ed è anche per questo che diventa nuovamente vera.

Rientrati dopo un simpaticissimo e ben riuscito convivio, alcuni hanno scelto il sentiero che porta prima a Pescia Alta e quindi al basso. Lungo la strada ci sono dei larici antichissimi, anche loro delle statue: raccontano la storia del tempo e la loro; se ti concedi il tempo d’ascoltarli. Sono stati plasmati dal vento, dal sole, dall’acqua e dal freddo: imponenti e rassicuranti.

Pasquale Lo Moro ci ha raccontato a suo modo la storia di un Uomo, da uomo del duemila, con il linguaggio attuale, con le ansie, le speranze ed i retaggi che ci portiamo appresso: imponente nell’esecuzione e rassicurante nella speranza che comunica.

Come se avessimo incontrato un fratello dalle idee chiare e le mani che le sanno plasmare.

Una giornata da ricordare!

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Redatto da Roberto Nussio – roberto@nussio.ch