Iniziativa contro immigrazione di massa: prime reazioni

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Il punto di vista di Roberto Weitnauer
Lettera a un amico italiano sorpreso dall’esito dell’iniziativa sull’immigrazione. Vedi anche come si è votato in Valposchiavo. La Redazione.

 

Un amico giornalista e politologo, mi scrive un’email da Roma, accennando basito all’esito della votazione popolare di domenica sull’immigrazione di massa. Due laconiche righe di testo riportano: ‘Ma che mi combinate in Svizzera? Vorrei conoscere il tuo parere in merito.’ Mi ha colpito quel ‘combinate’, un modo di esprimersi che probabilmente traduce il pensiero di altri cittadini italiani o, in generale, europei. Gli ho risposto con il testo sottostante che ho pensato di inoltrare anche a IL BERNINA.


Caro amico,

ho un’estrazione tecnica e scientifica e, diversamente da te, poco mastico di politica. Permettimi tuttavia di anticipare subito che non trovo che sia il caso di scrivere ‘ma che combinate’. Non credo infatti che le indicazioni di voto siano scolpite su arcaiche tavolette, del tipo di quelle di Mosé. Giuste o sbagliate che poi si dimostrino, qui in Svizzera molte decisioni dipendono dal volere del Popolo che dice la sua in tutta libertà con referendum e iniziative.

In questa dinamica non c’è mai nulla di prescritto o prevedibile. L’esito della votazione di ieri (domenica per chi ci legge, ndr), ad esempio, è stato inatteso, dato che le proiezioni su scala nazionale erano per una vittoria dei ‘NO’. La sorpresa fa sempre riflettere e, in questi casi, esercita un controllo continuo sui politici che, dando invece per scontate certe opinioni, potrebbero allontanarsi dalla base cui sono invece continuamente chiamati a rispondere. Nella fattispecie, si è dimostrato che il concetto della libera circolazione è globalmente meno accettato di quanto non si pensasse.

Ogni popolo ha i propri umori, le proprie opinioni, i propri interessi e le proprie intuizioni. L’essenza risultante da questo coacervo di fattori può non essere condivisa, ma non credo che esista un ente sovraordinato o qualche ‘think tank’ (come direbbero gli americani) che possa giudicare se essa sia o non sia adeguata. Questo atteggiamento, temo, è invece spesso assunto da chi non è abituato alla democrazia, dagli intellettuali con un po’ di prosopopea oppure da chi non è in grado di sottrarsi al cosiddetto ‘pensiero dominante’. Io credo che la correttezza o l’erroneità di una decisione di portata nazionale possa essere stabilita spesso solo dalla storia, forse anche dagli storici, ma col senno di poi.

Amico mio, non voglio ora eludere la tua richiesta con disquisizioni attorno alle caratteristiche della democrazia diretta. Comincio allora a risponderti con delle semplici domande. Credi davvero che se in Italia, in Francia o in Germania un quarto della popolazione fosse straniera e se sussistessero problemi di dumping salariale, di disoccupazione, ordine sociale e pressione sul territorio indotti dall’immigrazione l’esito di un’analoga votazione sarebbe stato enormemente diverso?

A questo punto penserai che io ho appoggiato l’iniziativa della destra conservatrice; invece ho votato ‘NO’. Non l’ho fatto tanto perché mi senta ispirato dal principio della libera circolazione, quanto per una convinzione che riguarda i rapporti diplomatici. La diplomazia è un ambito in cui la Svizzera si è sempre mossa con sapienza, facendosi un nome prestigioso a livello mondiale, conservando ottime relazioni e aiutando terzi a dirimere gravi conflitti. Ora, il modo un po’ populistico in cui è stata inquadrata la questione della libera circolazione rischia esso stesso di generare conflitti e di offuscare quell’immagine, peraltro già ultimamente un po’ ammaccatasi per via dei contenziosi fiscali. In particolare, sono intimorito dall’eventualità che la Svizzera finisca per apparire troppo autoreferenziale. La rinegoziazione di molti accordi bilaterali è una strada tutta in salita, dal momento che le regole accettate sono tra loro legate e formano veri e propri pacchetti. La conseguenza può essere un declassamento del Paese agli occhi di un’Europa scombinata, ma pur sempre potente. Non è una situazione simpatica; non riesco bene a inquadrare il rischio di un danno economico nazionale, ma temo che sia elevato.

Il fatto, del tutto evidente ma forse sottovalutato da alcuni miei connazionali, è che per una nazione come la Germania o l’Italia la Svizzera è senz’altro molto più sacrificabile in senso commerciale di quanto non lo sia l’Italia o la Germania per la Svizzera. Questo vale per lo scambio di merci, per gli accordi sull’energia elettrica e per altro ancora. Non conterei troppo sulla posizione logistica centrale della Confederazione come arma di ‘ritorsione’ commerciale.

All’estero i partiti anti-euro hanno quasi osannato l’opinione popolare emersa domenica scorsa, mentre l’establishment EU ha espresso delusione e pesanti critiche. In realtà, in entrambi i casi si tratta di strumentalizzazioni. Infatti, la Svizzera non è nell’euro, né nell’EU. In fondo, se ci pensi, l’oggetto del contendere è proprio questo, cioè quanto il Paese si debba ‘europeizzare’. E, allora, nella votazione è implicita anche una presa di posizione popolare che riguarda la sovranità nazionale, forse non sempre ben difesa dal Direttorio dei Sette.

A questo punto, pur avendo votato ‘NO’, pretendo da cittadino che l’indicazione emersa dalle urne sia messa in atto. Ci vorrà almeno un paio d’anni, anche perché il testo dell’iniziativa non aiuta a capire bene come impostare il modus operandi. Se però il volere del Popolo non fosse rispettato, oltre al danno avremmo la beffa. C’erano possibilmente altri modi per aggiustare la faccenda, più furbi ed eleganti e meno pericolosi, ma in ogni caso non si può dire che i cittadini svizzeri abbiano ‘combinato’ qualcosa.

Un caro saluto a te e all’Italia alla quale resto per il mio vissuto visceralmente legato e che è un paese ricco di potenzialità che sperimenta sulla sua pelle cosa significhi perdere pezzi di sovranità nazionale.

 

Roberto Weitnauer


Scopri come si è votato in Valposchiavo