Valposchiavo in treno – Quarta tappa: Miralago

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Berna, poco più di un mese fa: un po’ provata dai quindici chilometri percorsi a passo più che spedito lungo le sponde dell’Aare in occasione della 30esima Schweizer FrauenLauf, ho deciso di recuperare passeggiando rilassata per Berna. Si celebrano le giornate dell’Unesco, ho in animo di visitare qualche dimora storica aperta per l’occasione quando raggiungo la Cattedrale e la sua splendida terrazza fiorita sul fiume; sorpresa! A due passi da Palazzo Federale ecco il Trenino Rosso, o meglio, lo stand delle Ferrovie Retiche che racconta ai tanti turisti, con la celeberrina cartina naif, il “nostro” Trenino.

Le acque cangianti del Lago di Poschiavo

E’ l’occasione per una piacevole chiacchierata con il personale che accoglie qui i turisti incuriositi; immagini, itinerari mi riportano alla nostra Valle e la fatica che ancora provo evoca quella delle escursioni tra Le Prese e Miralago, sulle sponde del lago di Poschiavo e nella piana che sale verso Li Curt.

Indugio ancora un po’ sulla terrazza; osservo l’acqua dell’Aare: acque cangianti, come quelle del Lago di Poschiavo, lago postglaciale, nato per effetto di una frana preistorica, che ancor oggi doma le acque del torrente Poschiavino e le riconsegna a valle, dopo una pacifica sosta nello specchio d’acqua. La storia ancestrale di questo lago mi ricorda la storia recente della Valtellina, quando in quella tragica estate del 1987, la frana del Coppetto isolò l’Alta Valle dal resto del mondo costruendo una diga di detriti che per qualche mese consentì alle acque dell’Adda di alimentare un vero e proprio lago, il Lago del Val Pola. E’ un ricordo triste e angoscioso, pronto a riaffiorare ogni volta che percorro la strada verso Bormio.

Ma quassù, in Valposchiavo, il lago è da sempre parte della storia della Valle; i tempi biblici trascorsi dalla sua formazione gli hanno conferito un aspetto serafico. Ho negli occhi i tramonti settembrini attesi sulla riva di Miralago, ascoltando lo sciabordio delle onde e passeggiando tra le case del piccolo borgo seicentesco con la chiesetta di San Gottardo e tutto il silenzio delle ore serotine. La memoria corre al ponticello che conduce a Villa Erica e al piccolo golfo conosciuto come Caneo; da lì parte il sentiero che guida verso la testata del lago, verso Cantone e Le Prese, per rientrare a Miralago (un tempo chiamato Meschin) costeggiando i binari.

Il lago di Poschiavo è una lente che illumina la valle; quando il Trenino Rosso, superato Poschiavo, si inerpica verso Cavaglia, le sue acque indicano il fondovalle, si accendono all’alba e al tramonto, sono una presenza rassicurante, un confine naturale che invita alla tranquillità. Eppure non fu sempre così; nel Novecento le sue sponde furono interessate da imponenti lavori per la costruzione delle opere di captazione delle acque necessarie alla turbina della centrale idroelettrica di Campocologno. Come accadde in occasione di tutti i grandi lavori, in Valposchiavo come nella vicina Valtellina, lo sviluppo delle centrali idroelettriche si trasformò in un significativo volano per l’economia delle zone. Miralago non fece eccezione e in quegli anni ebbe modo di gettare i semi per il proprio futuro turistico.

Una folata di vento mi fa rabbrividire; ho freddo e sono stanca, il cielo minaccia pioggia: riemergo dai miei pensiero e realizzo che sono ancora a Berna, là sulla terrazza sull’Aare. Il “nostro” trenino mi ha regalato una parentesi valposchiavina a molte centinaia di chilometri di distanza.


Chiara M. Battistoni