Valposchiavo in treno – Settima Tappa Cavaglia

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C’è un che di misterioso nella luce di fine ottobre: prima di abbandonare l’ora legale le mattinate sono insolitamente buie, in attesa che l’alba illumini le nostre vette. Poi è un trionfo di luce fino al tardo pomeriggio.

Dove i ghiacci eterni incontrano la modernità 

E quando si torna all’ora solare, tutto appare più in equilibrio: le ombre sono lunghe, il sole basso all’orizzonte, i profili di boschi, baite e vette netti e spigolosi, mentre i larici accendono i pendii e i suoni si fanno più nitidi. A Cavaglia l’autunno regala sensazioni uniche, come se il silenzio e la quota amplificassero l’energia di questo mese di passaggio, ponte tra i ricordi dell’estate e l’attesa dell’inverno. In questa conca tutto sembra scorrere con i tempi geologici della natura, tempi che di tanto in tanto incrociano gli uomini.

E’ in questa conca che il nostro Trenino Rosso sosta in attesa dell’arrivo o della partenza dell’altro convoglio. Quando si giunge a Cavaglia, qualunque sia l’ora, c‘è sempre tempo per osservare il Palù, l’Alp Grum, i boschi sulle pendici della Vedretta, le casupole del borgo; c’è sempre tempo per abbassare il finestrino respirare a pieni polmoni, ascoltare i suoni: il sibilo del vento, l’argentino gorgoglio del torrente, talvolta il vociare più o meno concitato dei turisti in attesa sulla banchina.

Nelle ore centrali della giornata si trova sempre qualcuno che allo sferragliare del Trenino in prossimità del Giardino dei ghiacciai saluta con allegria; è il richiamo, quasi irresistibile, dei vagoni rossi che animano queste montagne e consentono un po’ a tutti di ammirare l’alta montagna. La piana di Cavaglia è l’abbraccio naturale in cui tecnologia (la ferrovia, la centrale idroelettrica), glaciologia, natura e risorse umane (dalle baite alle aziende Bio) realizzano una sintesi quotidiana che sa regalare a questa zona un equilibrio davvero speciale.

Bastano poche ore passate quassù per viaggiare nella storia della Valposchiavo: il Giardino dei Ghiacciai, il “monumento naturale di Cavaglia”, con le Marmitte dei Giganti e le passerelle che consentono di raggiungere punti di osservazione unici sulla valle, è un’avventura nell’era glaciale e nella storia antica; la centrale idroelettrica, con la turbina all’ingresso e il sentiero didattico, è la testimonianza della dimensione tecnologica della Valposchiavo; il nucleo abitato racconta invece dell’operosità e della generosità delle genti che quassù hanno vissuto e ancora animano le poche vie del borgo; infine la stazione, luogo di incontro, dalla cui banchina, proprio come a Poschiavo, passa il mondo intero.

Hildesheimer scrisse: “La Valposchiavo vive in tranquillità e riservatezza, è signorile fino all’uomo più semplice, non è servile e non suda”. Ecco, Cavaglia sa essere tranquilla e riservata anche nelle giornate più affollate della stagione estiva; è avvolgente e rassicurante, un po’ malinconica, nelle giornate autunnali; è  festosa nelle giornate invernali di bel tempo, talvolta inquietante quando gli elementi naturali si scatenano con pioggia e neve, ma è sempre accogliente, come un caldo abbraccio.


Chiara M. Battistoni