La Pgi Valposchiavo si è fatta promotrice della lodevole iniziativa di organizzare una cena e un concerto al buio. Oltre ad avvicinare la gente “normodotata” alla realtà dei non vedenti e degli ipovedenti, questo tipo di eventi reca in sé tutti gli attributi di un’esperienza che spinge il partecipante oltre i confini del mondo sensibile, alla ricerca di quella luce interiore che sfugge dentro il riverbero di un mondo dominato dall’aspetto esteriore delle cose. Qui di seguito la descrizione di alcune mie impressioni sul primo evento, tenutosi a Brusio il 9 novembre scorso presso l’Osteria del centro di Santina Bolandrini, con la collaborazione artistica di Begoña Feijoò Fariña.
Nella sala da pranzo completamente oscurata, tutto è stato meticolosamente preparato per la cena: dal vasellame da tavola all’impianto audio per la lettura dei testi letterari. Anche Marco Lavizzari, la guida non vedente che ci accompagnerà nell’avventura al buio, è pronto. Con la sua parlata genuina infonde fiducia, un po’ come un amico sincero quando ti solleva il morale o un padre che si rivolge ai figli per incoraggiarli. E i suoi brevi e coincisi suggerimenti su come comportarsi a tavola, usando il piatto come una bussola per orientarsi, si riveleranno preziosissimi.
Poi, ad uno ad uno, Marco ci prende per mano e ci accompagna fino a sederci alla tavola imbandita, dentro il buio più totale della sala. È a partire da questo momento che ci rendiamo conto di quanto si rimanga inermi ed indifesi a non vedere, un po’ come quando la notte ti sorprende fuori dalle aree illuminate dei paesi; seppure in entrambi i casi la paura di inciampare, o peggio, di farsi male, è commisurata alla certezza che la cecità sarà solo temporanea. Ma è comunque un assaggio di cosa può significare una vita intera vissuta al buio. E in questa circostanza Marco invece si dimostra paradossalmente l’unico fra tutti in grado di mantenere il pieno controllo della situazione. Come un cameriere invisibile si sposta di qua e di là, velocemente, nel buio della sala, servendo i piatti con le saporite pietanze, che a sua volta consuma sedendo e conversando con gli altri, in modo da farli sentire a proprio agio.
Immersi in questa nuova realtà solo tatto, udito e olfatto possono aiutare ad orientarsi nello spazio. Che fatica però! A seconda del loro timbro, le voci sembrano provenire indistintamente da vicino e da lontano. Profondità e distanza non sono più facilmente quantificabili come quando si dispone della vista. La voce delle altre persone sembra addirittura prendere una forma che differisce, in parte, dal ricordo visivo che si ha di esse: una forma che forse meglio si avvicina a ciò che ognuno di noi davvero è, o si sente, in profondità.
Fra un piatto e l’altro i frammenti di letteratura riescono a stimolare sia l’appetito che l’immaginazione, ma quando si è abituati a vedere che cosa si ha nel piatto non è scontato, in regime d’oscurità, riuscire a gustare il cibo. È proprio vero che l’occhio vuole la sua parte! Così, tra una forchettata andata a vuoto, il vino versato a lato ed un sorso d’aria, Marco ci racconta la storia della malattia che lo ha portato alla cecità; del lungo periodo di depressione trascorso prima di riuscire a voltar pagina in condizioni di vita completamente mutate; dell’importanza di avere una famiglia che lo sostenga e delle speranze non ancora sopite di poter ritornare a riacquistare un po’ la vista, foss’anche solo per riuscire a rivedere in parte i volti dei suoi cari.

“In questi incontri di sensibilizzazione sulla vita dei non vedenti io dico sempre che quando si rimane al buio non bisogna mai perdere la speranza, e cercare quella luce che ci aiuta ad andare avanti. Perché la vita vale sempre la pena di essere vissuta”, racconta Marco a cena ormai finita, dopo che ha acceso una candela che lentamente ci riporta nel mondo del visibile. Sono parole che, dette da un non vedente, suonano come macigni di saggezza e che congedano tutti i partecipanti con una consapevolezza nuova. Roberto, seduto accanto a me, ringrazia Marco di cuore per la grande lezione di umiltà impartitaci. Un pensiero intorno a cui tutti ci stringiamo in un caloroso applauso.
Ha proprio ragione Marco quando dice che “la vista toglie molto agli altri sensi”, da cui deduco che quest’organo del nostro corpo, così fondamentale per la sopravvivenza del genere umano, a volte ci impedisce di afferrare l’essenza delle cose.
Achille Pola
Un grande occhio di rispetto alla forza di volontà di Marco e complimenti ad Achille per l’interessantissimo contributo; leggendo sembra proprio di essere lì con voi seduti a tavola!