Luca Godenzi, il poschiavino volante

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Recentemente il nostro giornale ha seguito sui social network post e filmati delle adrenaliniche avventure di Luca Godenzi . Il Bernina ha intervistato lo sportivo poschiavino, classe 1978, in merito alla sua peculiare attività di alpinismo/parapendio.

 

Luca, puoi spiegarci meglio in cosa consiste lo sport che pratichi?
In effetti è molto semplice: abbinare una salita alpinistica con una discesa in parapendio. Di certo niente di nuovo, le origini stesse del volo libero risalgono all’idea di poter scendere da una vetta volando. Alcuni visionari ci provarono già 30 anni fa, fabbricandosi da soli i primi prototipi di vele, o addirittura con dei deltaplani. Attrezzature prossime ai 20kg di peso, ad ogni modo. L’evoluzione dei materiali ha cambiato completamente le possibilità odierne, ed oggi quella visione è diventata realmente accessibile.
Molti piloti sono approdati al parapendio con questo sogno e provenendo da altri sport, come l’arrampicata, la corsa in montagna o lo scialpinismo. Poi quasi tutti hanno completamente abbandonato l’attività originale, dedicandosi esclusivamente al volo.

Già da anni, pratichi arrampicata libera, da dove nasce questa passione?
Dalla voglia di muovermi e divertirmi. Se abitassi alle Hawaii praticherei surf con la stessa passione, ne sono certo.

Puoi farci capire la scelta di aggiungere adrenalina a uno sport dove di certo le emozioni forti già non mancavano?
Più che una scelta è stata una scoperta. Mi sono detto: “dovrebbe funzionare… ”, anche se di fatto non avevo la minima idea di cosa fosse realmente il parapendio.
L’ho visto come un’evoluzione dell’alpinismo, perlomeno del mio alpinismo. Poi, una volta iniziato, mi si è spalancato un mondo nuovo, e il volo mi ha assorbito più di quanto non avrei mai immaginato. I miei progetti iniziali si sono scontrati con la realtà dei fatti, dove non tutto è semplice e scontato come uno se lo immagina, ma ho anche scoperto un’attività dinamica e divertente, che si adatta perfettamente a quello che può offrire una valle alpina come la nostra.

Guardandolo da fuori si percepisce questo sport come molto pericoloso. Da esperto tu come la vedi? 
Tutti gli sport legati alla montagna, o all’outdoor, comportano qualche rischio. La natura è la nostra casa, ma può comportarsi in maniera imprevedibile. Fa parte del gioco, direi anzi che è una componente fondamentale. L’importante è essere consapevoli che i rischi ci sono, per poter decidere obiettivamente se sono accettabili oppure no. Una valutazione seria, senza illusioni, per me è fondamentale. Una volta uscito di casa, non voglio avere ripensamenti.

Quanto è impegnativo affrontare una delle tue imprese?
Le giornate che ho trascorso scalando/volando si sono quasi sempre rivelate come fra le più impegnative fra tutte quelle che ho trascorso in montagna.
Le vie di salita che ho percorso sono di stampo classico e difficoltà moderata, tuttavia si tratta pur sempre di una solitaria, alla quale si aggiunge la logistica complessa del volo in alta montagna. Insomma, diversi fattori non propri scontati, che rendono piuttosto serio anche quello che potrebbe apparire semplice. Devo anche ammettere che come pilota sono ancora agli inizi…

Qual è il ricordo più bello legato a una delle tue sfide?
Il concatenamento dello Speranzagrat al Morteratsch con l’Eselsgrat al Roseg è stata una giornata speciale, dove il volo non è stato solo un divertimento ma bensì uno strumento per potersi muovere in modo veloce ed efficiente.

E quello più brutto?
Qualche piccolo infortunio c’è stato, ma niente di tragico. La priorità assoluta è tornare dalla mia famiglia, dover rinunciare ad una salita è una cosa insignificante. [Sorride] Detto questo, quando succede, divento una persona impossibile per qualche giorno…

Sui tuoi social media pubblichi sovente le tue imprese sportive: quanto è difficile effettuare da solo questi filmati?
Fare riprese di qualità, da soli e durante una salita, è molto difficile. A meno di non investire una grande quantità di tempo, ma questo limiterebbe a sua volta la salita stessa. Il tutto mi “costa” più o meno una trentina di minuti per le riprese diluiti durante la salita/discesa, e altrettanti a casa per il montaggio (se così si può chiamare).
Quindi il risultato è assolutamente scarso.
Ma il mio obiettivo è andare in montagna e non diventare un regista.

Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
Dopo essermi dedicato completamente al parapendio per una stagione intera, vorrei riprendere ad arrampicare con un po’ più di costanza.
Ma vorrei anche fare il mio primo volo di 50 km.
Forse devo mettermi qualche priorità…


A cura di Ivan Falcinella

Ivan Falcinella
Membro della redazione