Solo gli avventurieri non si curano delle conseguenze del proprio agire. E questo dev’essere l’atteggiamento dei fautori neoliberali dell’iniziativa „No Billag“, i cui effetti dannosi per la nostra democrazia e per il nostro Paese plurilingue sono evidenti. Se accettata il 4 marzo in votazione, proibirà alla Confederazione di gestire emittenti radiotelevisive, le vieterà di riscuotere canoni o di farli riscuotere a terzi come pure di sovvenzionare emittenti radiofoniche e televisive. In cambio la Confederazione dovrà mettere regolarmente all’asta le concessioni per la radio e la televisione.
L’iniziativa è un attacco diretto al servizio pubblico. All’asta vince sempre il maggior offerente. A comandare sarebbe dunque il mercato, che favorisce i forti e i danarosi. La radiotelevisione quale servizio pubblico nelle quattro lingue nazionali non esisterebbe più. Le prestazioni della SSR senza il canone non sono finanziabili, prestazioni che comportano oltre all’informazione corretta ed equilibrata anche gli ambiti dell’istruzione, dello sviluppo culturale, della libera formazione delle opinioni e dell’intrattenimento. I programmi nazionali e regionali si ridurrebbero, sparirebbero. Né la Suisse romande, né la Svizzera italiana e meno che meno la Svizra rumantscha potrebbero permettersi un’offerta radiotelevisiva differenziata e professionale. Chi considera solo i propri interessi e non vuole pagare il canone – a partire dal 2019 non costerà più di un franco al giorno per un’unità domestica -, non vuole riconoscere né le esigenze della nostra democrazia, né il valore della produzione culturale svizzera, né l’importanza della solidarietà nazionale. Un atteggiamento simile è fondamentalmente antisvizzero.
Senza il canone mancherebbero consistenti entrate anche alle 13 emittenti televisive e alle 21 stazioni radiofoniche private, come Radio- e Tele-Südostschweiz o TeleTicino, Radio 3iii e Radio Fiume Ticino. Un sì il 4 marzo significherebbe la fine anche per loro. Il posto delle nostre emittenti lo prenderebbero le varie Pay-TV, emittenti radiotelevisive private piene di pubblicità, programmi controllati da qualche influente miliardario, emittenti estere, i grandi del web come Facebook, Netflix o Google. È quello che vogliamo? Chi afferma che l’accettazione di „No Billag“ non avrebbe conseguenze gravi, che il Parlamento troverebbe una soluzione praticabile, si sbaglia di grosso. Il testo dell’iniziativa è radicale e non dà spazio a compromessi. Le disposizioni transitorie non lasciano nemmeno il tempo per regolare la fine dell’attuale modello, poiché il nuovo regime previsto da „No Billag“ entrerebbe in vigore già il 1. gennaio 2019.
Anche se la SSR non è perfetta e in futuro dovrà adeguarsi allo sviluppo tecnologico e a un mercato mediatico più concorrenziale, un’emittente nazionale di alta qualità è indispensabile per il nostro Paese democratico e plurlingue. La cura radicale proposta da “No Billag” è nefasta e inaccettabile. Va rifiutata con fermezza, come raccomandano di fare tutte le forze costruttive del nostro Paese.
Silva Semadeni, consigliera nazionale, Coira