Dalle palme ai larici Smart

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Le guardi da 40.000 piedi (circa 12.200 metri) e ti sembrano le “tue” montagne: creste, ghiacciai, pendii innevati e valli anguste, quasi sempre in ombra. Qua e là osservi nubi che si incuneano tra i versanti, creando giochi di ombre che da quassù paiono animare i versanti. Poi guardi meglio e ti risvegli dall’illusione; non sono le “tue” montagne; i colori sono più caldi, non si vedono quasi paesi; all’orizzonte si scorge invece un monte isolato: è l’Ararat, la cima che fu dell’Armenia, che ora è della Turchia, il monte dell’arca di Noè.

Le ore passano, alle montagne della Turchia si sostituiscono quelle dell’Iraq, altrettanto aspre, ancor più inquietanti nella veste invernale e serale; là sotto ci sono città dai nomi che evocano, purtroppo, guerra e distruzione: Mosul, Erbil e poi Bagdad. Eppure il cielo di quassù, nei colori del tramonto, restituisce un panorama rasserenante, come se là sotto ci fosse la vita di sempre. Non è così, da molti, molti anni. Chissà che nella testa di tutti noi, quassù a 40.000 piedi, non ci sia posto per qualche riflessione che vada oltre gli impegni di lavoro; laggiù c’è la guerra, quella vera, ben altro dalle immagini restituite dalla tv.

Mi immagino un corridoio aereo civile presidiato come pochi al mondo; da qui passa buona parte del traffico commerciale che dall’Europa si posta verso l’Asia; rotte che attraversano una delle zone più turbolente del mondo in cui si sta decidendo una parte del futuro, compreso il nostro. E’ ormai buio da un pezzo quando l’aereo comincia la lunga discesa verso gli Emirati, sorvolando le petroliere e le navi gasiere da cui dipende una parte degli approvvigionamenti energetici della Vecchia Europa. Qualche giorno nella “terra del futuro”, come mi piace ricordare gli Uae (United Arab Emirates) e ci si rende conto che in questa parte di Medio Oriente si stanno sperimentando tecnologie e stili di vita che potrebbero diventare tra qualche anno patrimonio del mondo, soprattutto di quella fetta più giovane che cresce a ritmi vertiginosi.

Da quaggiù la nostra Vecchia Europa appare immobile e sideralmente lontana; eppure è solo una prima impressione: tra i grattacieli e le novità tecnologiche in fase di costruzione (tra cui l’Hyperloop che collegherà Dubai con Abu Dhabi in qualche decina di minuti), si coglie molto dell’impronta europea. Qui le buone pratiche occidentali hanno incontrato l’intelligenza degli Emiratini, che hanno saputo declinare e integrare nella propria cultura stili e tecniche di vita. Non a caso gli Emirati sono una federazione di Stati, ognuno con la propria specificità e autonomia, con una visione che nel tempo si fa sempre più sinergica a quella degli altri. Un miracolo di concordia in una parte di mondo da sempre impegnativa.

Il Symposium Gartner dedicato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione quest’anno si apre proprio con le testimonianze di due giovani emiratini, la direttrice generale di Smart Dubai Office, sua Eccellenza Dr. Aisha Bin Bishr e Wesam Lootah, Ceo di Smart Dubai Government; Dubai è una delle prime città al mondo a sperimentare l’applicazione delle tecnologie Smart al benessere e alla felicità dei propri cittadini, con risultati decisamente interessanti viste le performance nell’Indice globale della Felicità (nella graduatoria del World Happiness Report 2018 gli Uae si collocano al 20esimo posto, la Svizzera è quinta, l’Italia rotola al 47esimo posto). Ovunque si vada, che si tratti dei quartieri più noti agli stranieri o di quelli più tradizionali, i segnali di un uso davvero originale della tecnologia inserita nel contesto e nella cultura locale non mancano; sono sufficienti occhi attenti per rendersene conto.

Accanto alle ciclopiche autostrade in fase di costruzione nei pressi dei cantieri Expo 2020, ci sono interventi di arredo urbano ben più modesti per dimensioni ma altrettanto interessanti per funzionalità. Tra questi le cosiddette “Smart Palm” installazioni a pannelli fotovoltaici, utilizzati tanto come totem tecnologici, per ricariche e connessione degli smartphone che, come isole di conversazione e riposo, si animano al calar del sole o nelle ore più fresche della giornata. Soluzione tecnologica assai interessante e versatile, facilmente declinabile anche alle nostre latitudini. E se pensassimo all’Abete o al Larice Smart?


Di Chiara Maria Battistoni