Filippo Tuena e le “Variazioni del fantasma”

    0
    565

    Giovedì e venerdì appena trascorsi si sono susseguite due serate di alto contenuto letterario e musicale con lo scrittore Filippo Tuena e gli insegnanti della Scuola Musicale Poschiavo. Gli eventi nascono da un’idea di Paola Gianoli e sono frutto di una collaborazione fra Museo d’Arte Casa Console, Scuola Musicale Poschiavo e Pgi Valposchiavo.

    La prima serata di giovedì è stata dedicata all’opera dello scrittore in un dialogo tenutosi con Giovanni Ruatti, collaboratore regionale Pgi ed esperto di letteratura, mentre venerdì Filippo Tuena è stato affiancato dai pianisti Rachele Costa Tarquini, Enrico Pradella e Moreno Pozzi, i quali alla lettura di brani tratti dal suo romanzo Memoriali sul caso Schumann (Il Saggiatore, 2015) e da Lettere da Endenich (ItaloSvevo, 2017) – una raccolta delle lettere del grande compositore tedesco inviate alla moglie Clara dal manicomio – hanno intercalato musiche di Robert Schumann per pianoforte a due e quattro mani.

    Che Filippo Tuena sapesse usare bene le parole si sapeva. Alcuni anni fa, un po’ per caso, lo sentii colloquiare con Loredana Lipperini durante la trasmissione radiofonica Fahrenheit, su Radio3, e mi rimase impresso il tono di voce baritona che accompagnava un ragionamento pacato ed erudito, frammisto ad improvvisi guizzi di schiettezza riferiti alla sua vita privata. Ebbi la stessa sensazione nel 2016, quando Tuena presentò Memoriali sul caso Schumann presso l’Hotel Le Prese.

    Ciò che mi ha particolarmente colpito nell’ultimo incontro di Poschiavo è stata ancora la capacità dell’autore di disvelare parti intime del suo carattere e di spiegare la nascita dei suoi romanzi a piccole dosi, arricchendo così la platea con sempre più particolari e aneddoti della propria vita. Interessante, ad esempio – soprattutto da un punto di vista psicologico – , è venire a conoscenza di come Tuena iniziò a scrivere il suo primo romanzo dopo aver scoperto che la sua ex fidanzata d’università aveva già pubblicato un romanzo; a quel punto in lui scattò la molla che lo spinse – in un moto di stizza ed orgoglio – a scrivere il suo primo romanzo di fantasia, pubblicato più tardi con il titolo Lo sguardo della paura (Leonardo, 1991), vincitore del Premio Bagutta “Opera prima” nel 1992.

    Ma la vera svolta nel percorso letterario di Filippo Tuena avvenne con la pubblicazione del romanzo Tutti sognatori (Fazi, 1999), con il quale egli scopre il genere di narrativa che più gli si confà: quello basato su personaggi realmente vissuti. Con la creazione di una storia partendo da documenti reali, pur rimanendo in ambito letterario, l’approccio alla scrittura è di tipo scientifico. Un’altra peculiarità dei suoi romanzi sono il ritmo e la struttura della macchina narrativa, che si traducono in espressività e rappresentazione. A queste due “muse” egli è pronto a sacrificare tutto, persino le frasi ad effetto. Filippo Tuena afferma che “come un pittore cerca l’euritmia, così lo scrittore cerca il ritmo”. Essenziale nella stesura e nella successiva lettura dei romanzi per Tuena è il piacere che deriva dal ritmo; in tal senso anche la distribuzione dei capoversi ha un senso compiuto.

    Questa modalità operativa prende spunto anche dalla sua passione per la musica; una passione che nasce dalla frequentazione dei concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma in età giovanile e da un tentativo – da lui descritto come piuttosto goffo – di apprendere quest’arte in età matura. Nella sua scrittura il gioco delle variazioni svolge un ruolo fondamentale; una forma creativa che deriva direttamente dalla tragedia greca, nella quale lo scrittore attinge ad un medesimo mito per trasformarlo in un’opera letteraria propria. In questo modo l’autore di romanzi moderno rimane nell’agone mettendosi a confronto con gli autori che lo hanno preceduto o che lo seguiranno. “Ciò che più mi intriga della letteratura – ha proseguito Tuena – sono le soluzioni sorprendenti di una storia di cui già si conosce la trama”.

    È sicuramente da inserire in questo solco letterario anche l’ultima sua fatica Com’è trascorsa la notte. Il sogno (Il Saggiatore, 2017), un romanzo ispirato al dramma Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. L’aspetto del grande drammaturgo inglese che Tuena ama di più, e che in questo romanzo egli rielabora in chiave personale, è ciò che si nasconde dietro la scena, le cose che avvengono ad un livello più profondo dell’animo umano. Su questo ultimo lavoro Tuena ha lavorato usando anche la psicoanalisi, e siccome i temi principali sono l’amore e l’innamoramento, egli ha dichiarato che “il romanzo potrebbe anche recare il sottotitolo Tutto ciò che so sull’amore”.

    Concludo con una nota sulla riuscitissima serata di venerdì, che ha visto come protagonista Robert Schumann attraverso alcuni brani scelti e letti da Filippo Tuena – i quali documentano il dramma della malattia mentale che condusse il famoso compositore alla morte – e l’esecuzione di tre sue opere musicali di rara bellezza, che pur inserendosi nel contesto della musica romantica ottocentesca sembrano fuoriuscire dal loro tempo e dal loro spazio in una voluta di suoni che attraversano terre sconosciute.

    I maestri di pianoforte della Scuola Musicale Poschiavo hanno regalato al pubblico intense emozioni con i seguenti pezzi musicali: Kinderszenen, Op. 15 (Pianoforte a 4 mani), Bilder aus Osten (6 improvvisazioni a 4 mani), Op. 66, e Geistervariationen in Mib, Op. postuma. Si è trattato, fra altro, di una dimostrazione del fascino delle suonate a quattro mani, in cui al gioco delle dita sulla tastiera si sovrappone l’intreccio di due anime che dialogano sullo stesso strumento. L’ultima opera per solista, interpretata da Moreno Pozzi, e di cui Schumann sosteneva essergli stata dettata da un fantasma, sembra invece riassumere al meglio il connubio tra genio e follia che contraddistinsero uno fra i maggiori musicisti dell’Ottocento.


    Achille Pola