Le scuole comunali di Poschiavo organizzano, lunedì 11 febbraio alle ore 20:00, presso la palestra, un incontro sul tema delle dipendenze ai nuovi mezzi di comunicazione dal titolo “Iperconnessi! Quali rischi e come difenderci”. Relatore della serata sarà il pastore Antonio Di Passa; lo abbiamo intervistato.
Il tema delle dipendenze verso i nuovi mezzi elettronici sta finalmente emergendo, anche alle nostre latitudini. Da cosa scaturisce la necessità di organizzare un incontro di questo tipo qui in Valposchiavo?
Fa parte del programma scolastico tematizzare un corretto uso dei dispositivi elettronici fra gli alunni e le alunne, ed è una necessità non solo della Valposchiavo. Il problema non nasce da questa tecnologia, ma da come alcuni social media “fidelizzano”, un tecnico direbbe “engage”, gli utenti. A causa di questo problema, negli ultimi anni è in atto un cambiamento del comportamento umano a livello globale; tutte le generazioni che si susseguono sono diverse una dall’altra, ma i cambiamenti di questi ultimi anni della generazione iGen sono stati repentini e radicali rispetto alle generazioni precedenti della Generazione X e dei Millennial.
Diventa quindi importante conoscere questi meccanismi e trovare delle soluzioni condivise per riacquistare di nuovo una piena libertà di scelta, ma questo non riguarda solo gli adolescenti. Per fare un esempio, io posso andare da un medico di fiducia, deontologicamente corretto, e chiedere una terapia d’ipnosi, e questo sarebbe in ordine. Se io però sapessi che una persona sconosciuta, che lavora per un’entità anonima, mi sta ipnotizzando, allora penso che ci troveremmo davanti a un problema. Nella serata si parlerà anche di ciò che genera la cosiddetta “solitudine da social media”, la diminuzione dell’empatia e della diffusione dell’odio su Internet. Sono temi però che ci riguardano tutti. Durante la serata vedremo quali siano questi cambiamenti, soprattutto per circoscrivere il problema e comprendere che è richiesta un’azione da parte di tutti gli utenti.
Quali prove porterete a testimoniare a favore della tesi secondo cui un uso indiscriminato delle reti sociali sarebbe un pericolo?
Permettimi di invitare tutti a questa serata di sensibilizzazione con cui, tramite un filmato, tematizzeremo i problemi che suscitano preoccupazione alla comunità scientifica e agli utenti. Sociologi, psicologi, pedagogisti, neuropsichiatri e, ultimi, ma non da trascurare, esperti informati, stanno lanciando l’allarme sociale sulle trasformazioni in corso. Questi studiosi affermano che bisogna aspettare degli anni per avere il quadro intero; già ora, però, loro affermano che sono in corso dei cambiamenti radicali nel comportamento umano: la riduzione della capacità di concentrazione, di memoria, dipendenze come la nomofobia e un aumento dell’analfabetismo funzionale, solo per citarne alcune. Lo psicologo Massimo Ammanniti, nel suo ultimo libro, s’interroga se l’adolescenza ha mantenuto la stessa fisiologia, oppure è cambiata nei tempi del social network, proprio perché, a suo parere, i modelli educativi del passato non sembrano più adeguati: vediamo un’adolescenza senza età.
La cosa che più mi ha stupito nell’approfondire il tema, però, è che i più grandi informatici della Silicon Valley, quelli che hanno progettato il mondo Internet, sono tra i primi che hanno lanciato l’allarme sociale, perché il loro lavoro ha preso una direzione imprevista, a causa di poche persone senza scrupoli che approfittano anche di ritardi legislativi. La letteratura di questi esperti sul tema è abbondante e a tempo dovuto suggerirò delle letture sul sito della scuola. Ripeto, però, non è la tecnologia o Internet che sono messi in discussione, ma l’abuso di pochi per il proprio vantaggio.
Il cambiamento delle abitudini delle giovani generazioni, soprattutto nell’era moderna, non è una novità: pensiamo per esempio a come la televisione abbia influito sui nostri stili di vita. Dove sta la differenza tra i vecchi media e i nuovi media?
Infatti, i meccanismi che queste poche compagnie usano in modo scorretto non sono diversi da quelli che abbiamo visto in televisione negli ultimi decenni. I risultati della psicologia del comportamento sono noti da decenni, e sono stati sempre applicati dal marketing, dalla pubblicità, dai media, ma gli utenti avevano più possibilità di difesa. Quello che cambia è “l’ottimizzazione” di questi mezzi e dei risultati possibili con le tecnologie oggi disponibili. Mentre prima, per conoscere il risultato di una pubblicità, si doveva aspettare un’analisi degli effetti su chi l’aveva vista o guardata, oggi, applicando le conoscenze della psicologia del comportamento alla matematica, leggi “logaritmo”, queste aziende sono in grado di analizzare il risultato in diretta e proporre “feed” o reazioni, intese a modificare il comportamento dell’utente. Il tutto è gestito da “macchine” che auto imparano da ogni nostra reazione e reagiscono fino a ottenere il risultato voluto, è una parte del “machine learning”. È molto più complicato di come posso spiegare qui, ma è qui la radice del problema: il mio cervello è formattato per rimanere “engaged”, “arruolato”, dal sistema, divento dipendente dal meccanismo delle ricompense positive o negative.
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La tua lunga esperienza come insegnante ti ha dato la possibilità di vedere un cambiamento dei modi di pensare e di agire delle giovani generazioni. Che cosa è cambiato ora, o cosa sta cambiando nei nostri ragazzi?
Le generazioni sono sempre diverse una dall’altra e non c’è nulla di strano in questo, i giovani cambiano con la società. In generale, credo che i nostri giovani siano persone sane, con buoni principi, e con legittimi desideri di diventare grandi, di fare e sperimentare il bello della vita. Siamo noi adulti che dobbiamo essere all’altezza di questo compito, di mostrare che ci siamo per loro, che possono superare le proprie paure e insicurezze, e accompagnarli affinché non perdano il meglio in loro. Ecco, il problema è che il sistema voluto da pochi dei social media fa scattare negli utenti la modalità “branco”, esso alimenta gli istinti più “tribali” perché sono quelli ai quali reagiamo di più.
Anche questo è un tema dell’incontro, perché mentre nella prima serata vorrei che prendessimo atto del problema, l’intenzione della seconda è approfondire e proporre possibili azioni e trovare una strategia comune della scuola e dei genitori.
La giovane età, con il cervello ancora nel pieno del suo sviluppo, contribuisce a rendere più vulnerabili i nostri ragazzi. Secondo te esiste un pericolo anche per i genitori o gli adulti in generale?
Qualche decennio fa, i neuropsichiatri pensavano che il cervello fosse plastico, in breve, che una volta formato rimanesse con le istruzioni base. Ascolteremo nel filmato della serata un premio Nobel che ha scoperto che non è così, il nostro cervello si può continuare a plasmare e riplasmare. Se c’è la brutta notizia che il nostro cervello è formattato per portarci a compiere certe azioni e rimanerne assuefatto, la buona notizia è che questo processo è reversibile. Il pericolo non riguarda solo i giovani, ma tutti noi.
A cura di Marco Travaglia