Il Bernina compie 15 anni: intervista a Gianluca Giuliani

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Il 1° maggio 2004, dopo una lunga fase preparatoria, nasce l’associazione Il Bernina, che fin da subito si sostanzia principalmente nell’omonimo giornale online. Da questa data in avanti sia comitato che redazione del giornale si sono costantemente rinnovati e in molti si sono prodigati affinché la sua avventura proseguisse fino ad oggi. Le linee guida delle attività svolte in questi anni sono fissate negli statuti all’art. 2, riassunte sinteticamente in promozione di opinioni, diffusione di notizie e animazione di nuovi progetti in favore della Valposchiavo. A questi capisaldi va aggiunta anche la particolare attenzione – mai venuta meno – verso le giovani generazioni. Se nel primo decennio l’associazione si è occupata anche d’altro (come ad esempio di pubblicazioni, manifestazioni e mostre), negli ultimi cinque anni l’attenzione si è invece focalizzata sulla diffusione online di notizie a carattere locale. Per fare luce su cosa è stato e cosa è divenuto oggi Il Bernina abbiamo intervistato Gianluca Giuliani, cofondatore e presidente dell’associazione dal 2004 al 2016.

Il Bernina compie 15 anni. Te lo saresti aspettato nel 2004?
Alla domanda se Il Bernina, che oggi compie 15 anni, avrebbe raggiunto questo traguardo posso rispondere in due modi. Posso dire «sì me lo aspettavo», ciò che denoterebbe una certa fiducia in quanto stavamo facendo, oppure posso rispondere con un «no», affermando che è assolutamente una sorpresa che abbia raggiunto i 15 anni. A questo punto mi sento di dire che sono semplicemente contento che Il Bernina abbia raggiunto i 15 anni, segno che qualcosina di buono in quello che abbiamo seminato 15 anni fa c’era.

Al di là di inevitabili dinamiche personali, nessuno(a) dei membri fondatori dell’associazione fa ancora parte del comitato o del gruppo redazionale. La causa è disaffezione o vi sono altri motivi?
Non penso che si tratti di una vera e propria disaffezione. Tutt’altro. Nel mio caso – mi è infatti difficile parlare anche a nome delle altre persone – non c’è stata disaffezione. Vi è addirittura un sentimento di riconoscenza verso Il Bernina e verso il tempo speso per Il Bernina. Il periodo di 12 anni in cui sono stato presidente è stato estremamente intenso, ma anche un’esperienza che mi ha dato molto. Nella mia vita ho avuto parecchie cose per le quali mi sono impegnato e che mi hanno restituito molto, ma sicuramente Il Bernina è stata una fra quelle più arricchenti. Perché adesso mi sono staccato un po’ di più? Beh, dopo 12 anni ho pensato che era giunto il momento di cambiare, perché come detto è stato un periodo estremamente intenso e posso immaginarmi che chi come me ha fatto questa esperienza l’ha vissuto nello stesso modo, anche dal punto di vista del tempo. Sono esperienze in cui si riceve molto ma si dà anche molto, e quindi dopo un certo periodo c’è bisogno forse di una pausa, di staccare o cambiare tema.

Nel 2004 Il Bernina intendeva unire i valposchiavini in valle con quelli fuori valle in un mondo sempre più in rapido mutamento a causa della maggiore mobilità e delle nuove tecnologie. Quali sinergie si intravedevano esattamente?
Sì, io all’epoca facevo parte dell’associazione dei «Pus’ciavin in Bulgia». Ricordiamoci che nel 2003 i giornali online erano assolutamente all’inizio e le reti sociali iniziavano appena ad esistere. Si era pertanto formata una cerchia di pus’ciavin in bulgia e di persone residenti qua a Poschiavo che guardava a queste nuove tecnologie come a una possibilità per fare nuovi esperimenti, per approfittare gli uni degli altri accorciando le distanze. Per chi se ne era andato via e aveva fatto un altro tipo di esperienza non era più necessario rientrare una volta al mese, o ogni tre mesi, in valle per fare questo tipo di discussione. Ora lo si sarebbe potuto fare addirittura a distanza, attraverso la comunicazione mediata dalle tecnologie. E la cosa che sembrava più ovvia era quella di utilizzare internet, creare un giornale online e lanciare una discussione online. Oggi dobbiamo vedere questa nostra spinta quasi in termini storici, nel senso che forse abbiamo colto l’attimo. In quel momento ci sembrava una soluzione interessante da adottare. Il fatto di essere riusciti effettivamente a partire con il progetto e di avere avuto inizialmente questo tipo di discussioni denota che probabilmente avevamo davvero colto il momento giusto per dare avvio a questa operazione. A posteriori ci si può chiedere cosa abbia portato o meno. Difficile da dire. Cosa sarebbe successo però in Valposchiavo in questi 15 anni se non ci fosse stato il Bernina? E qui mi sento di lanciare una provocazione. Ci sarebbe ancora oggi Il Grigione Italiano oppure le notizie della Valposchiavo sarebbero semplicemente integrate in un inserto del Corriere del Ticino o della Regione, o eventualmente in una pagina italiana della Südostschweiz, perché non c’era più dibattito e non c’era bisogno di darsi da fare nel riportare le notizie locali? Chiaramente non sono in grado di rispondere a questa domanda, né mai potremo avere una risposta…

Molti valposchiavini in bulgia dalle indiscusse competenze – anche nel settore giornalistico – partecipano poco al dibattito sui due giornali locali su tematiche concernenti la valle, malgrado un giorno da pensionati potrebbero forse anche farvi ritorno. Perché secondo te?
Sappiamo che a ondate c’è sempre stato questo tentativo di partecipazione da parte dei pus’ciavin in bulgia al dibattito locale. Forse per chi rimane in valle sembra scontato, ma invece è un lusso e un privilegio per la Valposchiavo avere delle persone che sono andate via e che hanno ancora questo incredibile attaccamento. Non è un fenomeno unico, ma molto raro e soprattutto non scontato, sia nel resto della Svizzera che in altri luoghi. Spesso chi se ne va da un posto lo lascia alle sue spalle e non ci ritorna più perché non ha più alcun interesse. Per la Valposchiavo resta invece una straordinaria affezione. C’è un interessamento di chi è andato via che è sostanzialmente unico; questo interesse porta al fatto di confrontarsi anche con i temi discussi in valle. Ma poi c’è un altro elemento che subentra, ossia quanto io pus’ciavin in bulgia, io che sono fuori valle, posso permettermi effettivamente di partecipare al discorso locale? Che diritto ho di inserirmi in questo tipo di discussioni?
Chi vive in un altro luogo è inoltre immerso in altri tipi di dinamiche, deve confrontarsi con le cose quotidiane del posto dove abita e quindi forse non ha più il diritto di partecipare al discorso locale. Credo quindi che vi sia un pudore giustificato nel volersi inserire in questo discorso. Però vorrei comunque spezzare una lancia per chi ogni tanto ugualmente lo fa, con più tatto o con meno tatto. Dal mio punto di vista il fatto che qualcuno che se ne è andato si interessi ancora alla sua valle è sempre una ricchezza e non un impoverimento. Magari chi è in valle lo vede come un’ingerenza, ma sostanzialmente è un arricchimento.

Il Bernina è nato, fra l’altro, con lo scopo di promuovere progetti in ambito economico… un evergreen in Valposchiavo. Oggi il focus si concentra piuttosto sull’informazione. L’obiettivo dell’associazione era forse troppo ambizioso?
Forse inizialmente, però questo era il cocktail corretto per partire, considerato anche il profilo delle persone che hanno dato il “la” a questa iniziativa: i miei colleghi di comitato e chi lavorava in redazione. Avevamo una qualche infarinatura di giornalismo, ma molto poco. Soprattutto eravamo dei promotori di iniziative locali e regionali, che erano anche il nostro tema, ed è quasi stato naturale che avessimo ideato un progetto in tal senso. Vi era un dibattito per portare avanti la regione culturalmente ed economicamente. E per dare uno slancio un po’ progressista alla valle Il Bernina fu concepito quasi come un motore d’innovazione. Ma questo fu in parte dettato dal profilo delle persone che ne facevano parte. Poi col tempo sono subentrate persone più competenti in ambito giornalistico, più attente alla notizia e con un background meno economico, o di sviluppo economico, e quindi c’è stato un riorientamento verso la notizia. Ma gli obiettivi non erano troppo ambiziosi secondo me, nel senso che andavano comunque stabiliti, e in quel momento l’obiettivo così come era stato formulato era corretto. Oggi forse sarebbe un altro.

Il gruppo fondatore nel 2004: da sx. Mariagrazia Cortesi, Pierluigi Crameri, Luigi Menghini, Alessandra Jochum-Siccardi, Gianluca Giuliani, Patrick Lardi, Monica Paganini, Alan Crameri, Danilo Nussio e Gianluca Lucini.

Come mai Il Bernina si è dato la forma giuridica di associazione culturale? Sarebbero state possibili altre forme?
La scelta di fondare un’associazione non è stata casuale ma voluta, poiché attorno al progetto si voleva creare partecipazione attiva. Non c’è mai stata l’idea di avere uno scopo prettamente commerciale. Ci sono state a un certo punto delle idee di portare Il Bernina al livello di un’azienda puramente commerciale e ci si è anche confrontati su questo tema, ma poi si è scelto di non cambiare e di rimanere un’associazione. Penso che ancora oggi lo scopo non sia di “far soldi”, ma di far discutere e riportare notizie. E questo si riesce a farlo meglio in forma associativa, coinvolgendo chi produce la discussione e chi ne usufruisce in una sorta di cooperazione. Con scopi troppo commerciali quest’idea di discussione e dibattito andrebbe persa. 

Il Bernina fa fatica ad aumentare le proprie risorse finanziarie e a rendere più attrattivi i suoi posti di lavoro. Una debolezza che è riuscito a sopperire, di volta in volta, grazie al volontariato. Ci puoi suggerire qualche altra strategia?
Certo anche qui è una questione di obiettivi che ci si pone, e forse mi si obietterà che non si può affrontare l’argomento evitando di parlare di finanze. Mi sentirei però di dire che esiste anche il principio del sapersi “accontentare” di quanto è stato possibile raggiungere, o del livello che è stato raggiunto. È estremamente importante che i lettori (o i 1’100 abbonati) de Il Bernina si rendano conto dell’estrema ricchezza di avere in valle due testate giornalistiche e di poter leggere una notizia attraverso due lenti o due approcci differenti. Per una piccola regione come la Valposchiavo è un lusso estremo – se così vogliamo dire – ma per me è questo il futuro ed è un’assoluta ricchezza. Mi spiego meglio: nel mondo, secondo me, stiamo assistendo ad un impoverimento della notizia e al fatto che non si sa più se essa sia vera o falsa, da chi sia generata o se viene generata semplicemente da un utente che ha messo un post da qualche parte. Non c’è più la verifica della notizia e quant’altro. E questo per me non è assolutamente il futuro. Il futuro deve essere in qualche modo un ritorno al passato, a una ricerca più fondata, ad avere fiducia nei giornalisti che fanno il loro lavoro. Certo anche loro possono avere un orientamento e dare una propria lettura alla notizia, ma per il lettore, o per chi sta dall’altra parte, poter scegliere di leggerla con due filtri diversi è una ricchezza. E dove c’è questo dibattito, dove c’è questa alternanza, c’è democrazia e progresso, e non c’è riduzione o soggiogamento a un potere. In questo senso la Valposchiavo si concede il lusso estremo di avere due testate giornalistiche che in modo serio approfondiscono le notizie e poi ne danno una lettura differente. È estremamente importante che i lettori – e qui spezzo una lancia per entrambe le testate –, che spesso sono gli stessi a pagare i due abbonamenti, capiscano che grazie a questa ricchezza vincono entrambe le testate o, se preferiamo, vince la popolazione della Valposchiavo.

Eppure se pensiamo a quanti giornalisti Il Bernina ha forgiato nella sua fucina e che poi se ne sono andati via, forse con posti di lavoro più attrattivi ci avrebbero fatto un pensierino…
Mi rendo conto di questa problematica, e del fatto di trovarsi sempre nella situazione di fungere quasi “solo” da trampolino di lancio per giovani capaci, che poi vanno nel resto della Svizzera o nel resto del mondo a fare il lavoro serio del giornalista. Avere più risorse vorrebbe dire riuscire (forse) a trattenere questi giovani. Ma forse il loro obiettivo è comunque quello di andare. Non ho una vera e propria ricetta su questa cosa. Finora si è riusciti a mantenere una rete di giornalisti che sono usciti dal Bernina ma che hanno ancora un minimo di riconoscenza verso le esperienze che hanno potuto fare qui. Trattenere i giovani che vogliono uscire dalla valle è estremamente difficile. Forse nemmeno l’incentivo finanziario sarebbe sufficiente. Probabilmente è il desiderio di ampliare il proprio orizzonte e di seguire altre cose a farli partire. Anche un salario che potrebbe essere considerato estremamente interessante non sarebbe sufficiente, perché l’obiettivo di questi giovani è sperimentare e fare cose nuove. È per questo che sono stati dei bravi giornalisti al Bernina: perché sono curiosi, perché vogliono andare. Per chi ha queste qualità alla fine forse non è neanche una questione di soldi, ma è una questione di idee e aspirazioni personali, rispettivamente di soddisfare la propria curiosità.

Quando si è giovani sicuramente, ma quando si è meno giovani il discorso cambia…
Sì, forse poi dopo il discorso può cambiare. Però riuscire a mantenere questa rete è fondamentale. E poi, che ne so, magari fra 20 o 30 anni ci sarà una base di giornalisti che hanno iniziato dal Bernina, che sono usciti nel mondo e che in un’ultima fase lavorativa desiderano di nuovo provare ad approfondire in modo più filosofico alcuni temi della vita, e lo faranno qui a Poschiavo. La mia è una speculazione assoluta, ma perché no? Se il contatto con la valle e con il giornale rimane per parecchi anni ciò potrebbe anche accadere. Potrebbe trattarsi di un’interessante miscela fra chi deve ancora uscire nel mondo, e corre a briglie sciolte, e chi nel mondo c’è già stato e ritorna con altri tipi di ragionamento. Il problema di riuscire a risolvere la questione finanziaria ce l’abbiamo avuto fin dal primo giorno, quando senza un soldo siamo partiti, ma penso che dopo 15 anni il Bernina riesca ancora a gestire bene ogni soldo che riceve reinvestendolo immediatamente. Credo che chi sale a bordo di questa avventura sa che non si diventa ricchi in termini materiali, ma – lo accennavo prima – forse ricchi in altri modi.

Le piattaforme con forum digitali sembrano avere ceduto il passo alle cosiddette reti sociali. In questo senso Il Bernina oggi è divenuto più un organo di informazione che di discussione, e la contrapposizione con l’altro organo di informazione di valle è andata via via acuendosi. Concordi?
Dicevamo prima che in partenza Il Bernina si era focalizzato di più sullo sviluppo regionale e economico. Poi si è puntato più sul giornalismo e automaticamente si è entrati sempre più in un certo senso in concorrenza con Il Grigione Italiano. Ho però già detto che questo punto può essere visto in modo negativo ma anche soprattutto in modo positivo. La concorrenza è una ricchezza che si esprime verso l’esterno e che può essere considerata un unicum, o un caso estremamente particolare. Ho l’impressione che se non avessimo questa piccola concorrenza in Valposchiavo si sarebbe dormito sugli allori. Non ci sarebbe stato il dibattito, non ci sarebbe stata vivacità. E in quante regioni che conosco sento dire che non c’è vivacità, non c’è vita. Vediamo ad esempio come Il Grigione Italiano, che pubblicava già una pagina per la Bragaglia, ora pubblica anche per il Moesano… E poi lo sappiamo bene, dove ci sono due aziende che malgrado tutto devono darsi da fare per cercare di essere migliori della concorrenza, e cercare di proporre sempre qualcosa di nuovo, normalmente sopravvivono. Mentre dove subentra un monopolio di una sola azienda col tempo c’è il rischio di annichilirsi, di finire nel nulla, oppure di essere risucchiati da qualcun altro più grande, più esterno o più lontano, e così l’aspetto locale va perso.

Di quali giornali è composta la tua dieta mediatica e quanto tempo riesci ancora a dedicare al Bernina?
Al Bernina riesco a dedicare circa un’ora alla settimana, o qualcosa di questo tipo. Non tutti i giorni però, ogni tanto mi leggo en bloc quello che è successo in valle. Gli impegni professionali naturalmente rubano parecchio tempo. Ammetto che alla mattina mi guardo 15 minuti di CNN o BBC alla televisione, ma puramente per cercare di migliorare il mio povero inglese, e lo faccio seguendo comunque le notizie internazionali per vedere con che lente vengono lette da questi grandi network mondiali. Ma oltre alla questione quasi assolutamente didattica ce n’è una più ludica, nel senso che si vede come in fondo queste due testate danno un po’ il ritmo delle notizie a livello mondiale. Le stesse notizie vengono poi riprese dai nostri media nazionali, che consulto nel resto della giornata più o meno frequentemente online: la Neue Zürcher Zeitung oppure le pagine della RSI o della SFR; e poi a casa c’è anche il cartaceo: il Tagesanzeiger e la “NZZ am Sonntag”. Per chi conosce un po’ queste testate, si renderà conto che spazio da chi è un po’ di sinistra a chi appartiene più al mondo economico. Lo faccio in modo molto consapevole per il fatto di non essere orientato soltanto in una direzione o soltanto nell’altra. Per concludere la giornata, infine, perdendo però ore di sonno, mi diverto ad ascoltare la rassegna stampa di Rainews alle 11 di sera, in cui vengono presentate tutte le testate italiane e dove è estremamente divertente vedere come una stessa notizia venga letta in modo totalmente differente. Aggiungo che sono abbonato anche a Il Grigione Italiano e per quanto riguarda l’informazione della valle leggo Il Bernina online, mentre Il Grigione Italiano in forma cartacea quando è steso sul tavolo.

Qualora il Bernina dovesse (r)esistere per altri 15 anni ti potresti immaginare di ritornare a dare un tuo contributo alla causa?
Dico di sì. Intanto vediamo cosa sarà Il Bernina fra quindici anni. Effettivamente, come già detto, ho trovato l’esperienza de Il Bernina estremamente arricchente. Ora ho assolutamente bisogno di una pausa per potermi occupare di altre cose. Ma chissà come sarà la comunicazione fra 15 anni, quali saranno le sfide. Forse Il Bernina sarà cambiato, sarà diventato qualcosa di differente. Però perché no? I 12 anni al Bernina mi hanno portato ad affrontare anche aspetti che non conoscevo, delle cose nuove, interazione con altre persone dinamiche, ecc. Quanto ho ricevuto nel tempo in cui sono stato attivo per Il Bernina è sicuramente una cosa che può essere ripetuta.

Ma cosa è cambiato da quando Il Bernina è stato fondato ad oggi? Cosa è rimasto uguale e cosa no? In che direzione si sta muovendo?
Forse Il Bernina ha subito un’evoluzione simile a quella del design della Coca-Cola, nel senso che dopo parecchio tempo si ha l’impressione che sia sempre ancora lo stesso prodotto, la stessa cosa, mentre non ci si rende conto che anno dopo anno ci sono dei piccoli cambiamenti, delle piccole cose che vengono sostituite o modificate, si pongono altri accenti. Ma come per la Coca-Cola, anche se cambia continuamente, impercettibilmente… chi la ama, le resta fedele.
A me Il Bernina piace.


A cura di Achille Pola

1 COMMENTO

  1. Dopo aver letto con attenzione e con piacere l’intervista a Gianluca Giuliani, benché senza pretese, quale assiduo lettore a partire dalla sua fondazione, vorrei lasciare qui qualche pensiero.
    Approvo in pieno quanto scrive Gianluca ed ecco ciò che mi è piaciuto. Il fatto che oggi il Bernina si dedichi a notizie di carattere locale. Il mattino o durante la giornata o di sera, mi interesso di ciò che scrive il Bernina, magari dopo le news di RSI o NZZ, per la carta stampata mi preme il Grigione Italiano che è piacevole poter sfogliare. Certamente il Bernina ha, in un certo senso, mantenuto “l’odore di casa” anche per i “Pusc’ciavin in bulgia” che quasi sempre ne sanno più di noi di ciò che succede a “casa”, buon segno. Che poi, a causa del Bernina, il nostro caro Grigione possa sparire, proprio non ce la faccio ad immaginarmelo. Chi è lontano dalla Valle ed ha il piacere, la voglia, di inserirsi nel discorso locale lo faccia, dipende un po’ dal come, ma sta anche ad ambe le parti di voler conoscere i due mondi diversi, oggi che i mezzi di comunicazione ci hanno viziati è ovvio farne ampiamente uso, diciamo buon uso. È arricchente per chi resta constatare che chi è lontano sente ancora fortemente l’amore per la sua terra, la vede in una luce positiva e ne percepisce la malinconia. Quando i tanti nostri giovani e meno giovani, chiamano a casa, si capisce che non è solo per il saluto, per la notizia, per la richiesta di un parere o di un favore, c’è sempre anche quell’altro intimo sentire. Una delle cose che ho apprezzato molto è il discorso della questione finanziaria. È vero, si fa presto a adire agli altri:” Bravi per il vostro volontariato”, tuttavia oggi che monetizziamo tutto, che spendiamo infinite energie per il profitto, per il guadagno, ora, subito, tanto, fa bene sentire che veramente diversi hanno il coraggio di dare più che di ricevere. È scontato che ad esempio per un giovane giornalista ci dovrebbe essere anche il dovuto salario. Ma appunto, a volte, non puntando tutto solo sul danaro si diventa diversamente ricchi e forse più maturi e felici. Sostenere le due testate Bernina e Grigione, per la maggior parte dei Poschiavini è credo un dovere ed un piacere e tanto meglio se è anche un lusso! Encomiabile il fatto che il Bernina abbia saputo indirizzare diversi giovani al giornalismo, ma ancora più bello che loro poi, ricevuta la pesca, siano andati fuori nel mondo a pescare con maggior profitto, con più esperienza e meritato successo. Per me, comunque non percepisco il Grigione in concorrenza con il Bernina, ora specialmente che lui si è evoluto a giornale del Grigioni Italiano, scrivendo pure per la Bregaglia e per il Moesano. La concorrenza ha semmai aiutato ambedue ad evolversi, a compiere sacrifici di adattamento e di rinnovo. Non riesco ad immaginarmi un Bernina diventato “grande”, mi piace così, a portata di tutti, famigliare, amico fedele! Mi auguro che posso vivere oltre i prossimi 15 anni, e tanto meglio se almeno lui non ci pone davanti a drastici cambiamenti, come succede purtroppo in altri campi. Grazie Gianluca e grazie anche Grigione Italiano e Bernina.