Arriverà in Gran Consiglio nel giugno 2020, ma la procedura di consultazione si è appena conclusa. E’ la legge per la promozione della trasformazione digitale nei Grigioni, a durata limitata, finalizzata ad accelerare il processo in atto in settori chiave dell’economia, come il turismo e l’innovazione, nella formazione, nella mobilità, nella sanità. A disposizione c’è un credito d’impegno di 40 milioni di franchi. Chi di voi ha avuto occasione di leggere l’articolato, avrà apprezzato quanto snella sia; pochi articoli, essenziali per andare al cuore dell’argomento assai più strategico e politico di quanto si possa immaginare. La legge, pur non trascurando la dimensione meramente tecnologica (le connessioni a banda ultralarga, per esempio), si concentra sulla dimensione culturale del digitale: stili di vita, modalità di lavoro, conoscenze di base per il contesto digitale sono parte dei nuovi attrezzi di vita. L’approccio è pragmatico; a partire dai dati del rapporto UTE “Digitale Transformation in Graubünden”, l’articolato è stato pensato per aumentare la competitività, rendere più attrattivo il territorio, liberare potenziali che diano valore aggiunto supplementare al Cantone.
Mi piace questa visione proattiva, libera e creativa; una legge che libera, invece di imbrigliare. Il digitale ha bisogno di teste libere, pensieri vecchi e nuovi che si interconnettono secondo mappe inedite e finiscono per costruire qualcosa di nuovo a partire da ciò che è storico, che siano i pascoli secolari o i muretti a secco della Valposchiavo. E l’innovazione, la concretizzazione di buone idee, si nutre proprio di liberi pensieri che spaziano, osano, superano barriere.
Ma che cos’è una buona idea? “Una buona idea è una rete.”; lo scrive Steven Johnson in un libro di qualche anno fa tutto dedicato ai processi innovativi; definizione tanto sintetica quanto efficace che, tra l’altro, coglie nel profondo la dimensione digitale. Così come una nuova idea accende una costellazione di neuroni, tante nuove idee accendono reti di contatti tra persone e Paesi, costruiscono nuove mappe, superano confini e realizzano una nuova geografia. Le idee corrono veloci, veloci come i dati, ne attraggono altre, si organizzano, non sempre però arrivano alla piena maturità. Perché un’idea giunga alla fase di realizzazione, ce ne vogliono almeno mille destinate a perdersi nel mare magnum delle discussioni, dei confronti, delle verifiche. Innovare, dunque, è un processo particolarmente “energivoro”, da cui però scaturisce nuovo valore.
Non c’è modo migliore di favorire l’innovazione che lasciarla fluire liberamente per intercettarla nel punto in cui, eliminate le migliaia di idee che non funzionano, si individua quella decina che permette di realizzare prototipi o processi funzionanti, qualunque sia l’ambito di applicazione.
Digitale e innovazione si tengono stretti l’uno all’altro, ma non si annullano uno nell’altro. Il digitale offre strumenti che riducono tempi e distanze, ottimizza (spesso) le risorse, ma non si sostituisce ai nostri pensieri (almeno per ora!); è l’Uomo, ricco di storia, esperienze, valori e passioni, che riconfigura le reti e dà nuove risposte a richieste tradizionali. In questo senso la trasformazione digitale può essere una grande occasione per potenziare la consapevolezza dei territori e far sì che dai territori emergano visioni inedite, capaci di rappresentare il futuro prossimo.
Chiara Maria Battistoni