Spesso e volentieri, soffermandomi sul menù dei ristoranti in Valposchiavo, mi sono imbattuta in vari loghi situati di fianco a determinate pietanze. Questi loghi, che possono marchiare un prodotto come “100% Valposchiavo”, indicano che la materia prima che compone il prodotto stesso oppure tutti i suoi componenti, come ad esempio nel caso di salumi o yogurt, proviene completamente dalla Valposchiavo.
Trovando questa iniziativa un ottimo obbiettivo per la nostra valle, tanto che il Governo ha recentemente concesso un contributo cantonale di circa 3,43 milioni di franchi a favore del progetto 100% (bio) Valposchiavo, mi sono chiesta come, al giorno d’oggi, sia la situazione a questo riguardo. Mi sono quindi proposta di fare visita a quattro ristoratori della Valposchiavo per capire quanto interesse e impegno ci sia da parte loro.
Intervista a Flavio Lardi, Hotel-Ristorante La Romantica Le Prese
È presente un interesse per i prodotti 100% Valposchiavo o “fait sü” sia da parte vostra sia da parte della clientela?
Secondo me i due concetti separati non sono troppo d’interesse per la clientela. Io faccio spesso visite guidate durante le quali viene spiegato il progetto del 100% Valposchiavo e ho notato che già è difficile da spiegare e comprendere il discorso in generale; se si va troppo nel dettaglio con questi concetti si rischia che alla gente non interessi. L’importante è l’idea che c’è alla base di tutto ciò.
Alla Romantica viene usato questo concetto del 100% Valposchiavo già da molto tempo; inconsapevolmente, anche chi non aderisce, in qualche modo, collabora di sicuro. Dai thè alle conserve fatte a mano, dal pane al burro dell’Alpe, dal formaggio o ai salumi, il momento dove vengono maggiormente celebrati questi prodotti è quello della colazione, durante la quale sono molto presenti i prodotti valposchiavini.
Offrite sia prodotti 100% Valposchiavo sia prodotti “fait sü”?
Sì, come ho già accennato, qui alla Romantica è cambiato poco il modo di lavorare, perché già prima del progetto venivano usati sia prodotti 100%Valposchiavo sia prodotti “fait sü”. L’unica cosa leggermente modificata è il rapporto con il produttore: se prima l’approccio era un po’ distaccato, adesso, grazie a questo progetto, le due strade si sono fortemente avvicinate; si è creato uno spirito di squadra.
Qual è la risposta della clientela a quest’innovazione?
È ottima, è quello che cercano, ed è vincente. Per fare un esempio molto pratico, arriva un gruppo dalla Germania che fa un giro di tre giorni in Svizzera. La prima notte la trascorrono a Zermatt, la seconda a Lugano e la terza a Le Prese, per poi riprendere il Bernina Express per Basilea e tornare a casa. A Zermatt indubbiamente c’è il Matterhorn come attrazione principale; a Lugano c’è la città con il lago e le palme; il terzo giorno arrivano a Le Prese e spesso la gente si chiede: cosa c’è da fare qui?
Quindi la clientela arriva senza aspettative. Da due anni, per darle qualcosa che non riceve da nessun’altra parte, organizziamo un’ora in mezzo ai campi di Le Prese, durante la quale viene spiegato il progetto 100% Valposchiavo, viene mostrato il progetto realizzato dalla Repower riguardante il sentiero rimesso a nuovo e pure i campi delle erbe e l’essicazione di quest’ultime; per concludere in bellezza offriamo loro un menù alle erbe.
Solitamente le persone rimangono positivamente sorprese essendo arrivate a Le Prese senza aspettative e di questo ci accorgiamo il giorno seguente quando, prima di partire, tanti si recano al negozio di alimentari Alpina per comprare i prodotti della Valposchiavo.
Questo progetto ha avuto un impatto sulla percentuale delle vendite?
Per il ristorante in maniera relativa; è però sicuramente aumentato il consumo dei prodotti locali, quindi per i negozi di alimentari sì.
Ci sono problemi o difficoltà nella reperibilità delle materie prime necessarie per favorire questo progetto?
Nessuna difficoltà. La critica che ho lanciato un paio di anni fa ai produttori è che il progetto funziona soprattutto se questi ultimi si trasformano in parte anche in commercianti; da quel punto di vista servirebbe più dinamicità.
Angelica Costa