Periodicamente, la direzione di Valposchiavo Turismo – così come gli enti cantonali e nazionali del settore – ci confronta con statistiche sulle frequenze turistiche della nostra regione. I numeri recenti sono incoraggianti e sembrano dare ragione agli addetti ai lavori. Evidentemente le statistiche vanno interpretate.
Come ogni ente di una regione a vocazione turistica che si rispetti, anche Valposchiavo Turismo negli ultimi anni ha commissionato studi diversi sullo status quo della nostra offerta e su quale tipo di turismo puntare. L’approfondimento più recente, finanziato in parte dal Comune e in parte dai diretti interessati, è quello dalla Società Svizzera di credito alberghiero (sul sito ufficiale non appare una traduzione ufficiale in italiano di questo ente). Esiste inoltre uno studio più vecchio, lo studio Beritelli, che è servito da timone all’Ente Turistico degli anni novanta. Lo stesso Beritelli ha recentemente rielaborato il suo pensiero sul come fare turismo ai nostri giorni e sull’importanza di offerte specifiche di carattere regionale. Con il progetto 100% Valposchivo, il Trenino Rosso, la MTB su sentieri naturali, la Guestcard Valposchiavo “allargata”, la Stramangiada con Paneneve e le molteplici proposte culturali, siamo messi bene.
Vorrei però soffermarmi sul primo dei due studi, riferito in particolare agli operatori turistici privati, agli albergatori e ai ristoratori. E’ emerso che le strutture ricettive della nostra regione sono troppe – una considerazione che non condivido – e che per poter sopravvivere alcune dovrebbero essere rinnovate in tempi brevi. A questa analisi hanno partecipato buona parte degli alberghi in ogni ordine di grandezza e categoria. Si è inoltre fatto notare che sarebbe importante, anche in termine di marketing del futuro, promuovere la costruzione di un nuovo ostello per la gioventù. Un hostel di quelli moderni, con animazione dove, oltre alle camerate per gruppi, vengono offerte camere doppie ad un prezzo accessibile ad ogni portafoglio e un programma di attività diversificato. Il trend al quale stiamo assistendo sembra dare ragione allo studio in parola. Qualcuno ha chiuso o lo potrebbe fare a breve, altri hanno rinnovato le proprie strutture e riescono a fare fronte alle nuove sfide. Nonostante il calo dei letti disponibili, il numero complessivo dei pernottamenti registrati negli ultimi due anni è in rialzo e questo fatto lascia pensare che Valposchiavo Turismo – grazie anche ai mezzi che la nuova legge comunale genera – sta lavorando nella giusta direzione.
Lo stesso discorso, purtroppo, non vale per le strutture ricettive di montagna. Sassal Mason ragiona sul proprio futuro, il ristorante Madreda ha chiuso i battenti lo scorso autunno, il rifugio di San Romerio ha denotato alcune difficoltà di gestione, a Cavaglia non esiste più la possibilità di pernottare. Per una regione come la nostra a vocazione turistica di montagna sono notizie allarmanti. Le persone che scelgono la nostra valle cercano infatti una natura intatta, apprezzano l’italianità e la buona cucina, ma esigono – anche durante le loro escursioni in quota – di strutture accoglienti, o perlomeno aperte. I motivi di questa carenza sono diversi, nessuno ha responsabilità specifiche. Le frequenze sono indubbiamente il problema principale, per sopravvivere non bastano alcuni mesi estivi di attività.
Il turismo della Valposchiavo soffre la quasi inesistente stagione invernale, ma gode di buona salute. E’ un turismo vivo e simpatico il nostro, innovativo, che si sta sviluppando nella giusta direzione. Le nuove proposte sono importanti, ma non possiamo però dimenticare i nostri valori primordiali: la natura intatta e un settore agrario in evoluzione, la cordialità che ci distingue, la professionalità, la collaborazione. E’ la collaborazione a tutti i livelli la carta vincente.
Bruno Raselli