Il 2020 è volto al termine, un anno tormentoso sotto diversi punti di vista e che ci ha messo alla prova in vari contesti. Con il nuovo anno riproponiamo, su iniziativa del presidente de “Il Bernina” Bruno Raselli, una serie di editoriali scritti da persone vicine al nostro giornale. Persone che abitano la Valposchiavo, la vivono o che la conoscono da molto tempo. I temi trattati sono di libera scelta: pensieri sull’anno nuovo che non potranno prescindere dalla pandemia e dalle ripercussioni che avrà nel prossimo futuro. (Marco Travaglia)
Uno fra i pensieri che affiora in modo ricorrente nella mia mente in questi tempi particolari è il principio “per prima cosa non nuocere”. Questo concetto è compreso nei primi insegnamenti deontologici che gli studenti alla facoltà di medicina devono apprendere e possibilmente applicare in futuro esercitando la loro professione. Ciò significa che, nella scelta di una terapia o di un intervento, bisogna evitare in tutti i casi di arrecare danno al paziente e vanno in sostanza privilegiati i trattamenti che hanno meno controindicazioni.
Questo concetto etico andrebbe applicato quotidianamente in più campi e in ogni circostanza nelle questioni pubbliche e private. Il rispetto delle regole nel periodo di pandemia è stato lo strumento migliore e il più efficace per contenere la diffusione del virus e quindi per evitare di nuocere agli altri.
La vita dell’essere umano e in generale di tutte le forme viventi sul pianeta è regolata da rapporti ed equilibri che stanno in stretta relazione tra di loro. Vale sia per le relazioni umane, sia per le attività produttive in rapporto ai quattro elementi terra, acqua, fuoco e aria che determinano le condizioni ambientali di tutte le specie viventi del nostro pianeta. Ogni qualvolta si modificano, si superano o si rompono questi equilibri si verificano delle conseguenze. Ciò è stato osservato durante la pandemia, infatti la distruzione degli ecosistemi ha favorito la trasmissione del virus dagli animali all’uomo portando ad una pandemia globale e al necessario isolamento sociale.
Ma vale pure per il surriscaldamento climatico, le polveri fini, le coltivazioni intensive, lo sfruttamento irrazionale delle materie prime, solo per citarne alcune. Partendo dal principio della responsabilità individuale e collettiva e applicando il principio di non causare danni irreversibili, qualche riflessione va fatta anche sullo sviluppo futuro del nostro territorio. Se non riusciamo a mantenere intatte e rispettare le peculiarità naturali e architettoniche che ci distinguono, a pianificare e sviluppare il nostro ambiente in modo sostenibile siamo destinati a perdere, fra le altre cose, anche la nostra identità. Per l’ente pubblico come per il privato sarebbe opportuno investire mantenendo o migliorando le caratteristiche che ci contraddistinguono e incrementare processi di sviluppo sostenibile. Valorizzare il paesaggio e gli insediamenti, mantenere gli equilibri fra uomo e natura, innovazione tecnologica e digitale sarebbero una buona base per indirizzare il futuro della valle.
Renato Isepponi
La nostra bellissima Valle, può avere un futuro solo se saprà sviluppare i concetti accennati nell‘ultima frase citata da Renato. Tanto si è fatto è molto si può ancora fare. Una politica (ossia dei politici) più coraggiosa e innovativa, sarebbe di grande aiuto!