Povertà: placenta di tutti i valori

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Il 2020 è volto al termine, un anno tormentoso sotto diversi punti di vista e che ci ha messo alla prova in vari contesti. Con il nuovo anno riproponiamo, su iniziativa del presidente de “Il Bernina” Bruno Raselli, una serie di editoriali scritti da persone vicine al nostro giornale. Persone che abitano la Valposchiavo, la vivono o che la conoscono da molto tempo. I temi trattati sono di libera scelta: pensieri sull’anno nuovo che non potranno prescindere dalla pandemia e dalle ripercussioni che avrà nel prossimo futuro. (Marco Travaglia)

Il mio cell. esplode continuamente di vita (Chiara Griffoni) Povertà: placenta di tutti i valori (padre David Maria Turoldo)

In un anno abbiamo perso due persone per le quali la parola “solidarietà” era piena di senso quotidiano. Tutti e due membri importanti dell’associazione “Interventi umanitari Valposchiavo”.

Ho conosciuto bene Andrea Kim Compagnoni, presidente onorario: ho avuto occasione di mangiare a casa sua i capunet preparati dalla signora Agnese, e con lui sono salito in alpeggio. Ho conosciuto anche (meno bene, per la verità) Achille Olgiati, cassiere del sodalizio. Il ricordo di queste due personalità è stato propizio per un colloquio a distanza (come la pandemia impone) con Livio Mengotti (amico anche lui di lunga data, ricordo una maionese della moglie Giovanna!).

La pandemia ha bloccato le loro iniziative umanitarie? Nemmeno per sogno, basti vedere quanto è stato fatto in Moldavia, in Romania e in Bosnia (nel sito dell’associazione i resoconti).
Una caratteristica del loro modus operandi è di avere sempre referenti a livello locale. Con loro si colloquia, li si ascolta, si recepiscono le loro richieste di aiuto, e si fa il possibile per accontentarli. E poi ci sono iniziative sull’onda delle emergenze:  da quelle, ormai lontane nel tempo, in aiuto dei terremotati italiani,  a quelle di questi giorni. E infatti un carico di aiuti (vestiti, scarpe, cibarie ed altro, molto altro) è partito verso la Bosnia, per i diseredati di  Bihac e di Lipa (vedi foto).


Ecco, qui la situazione, tragica di norma, si è aggravata a causa della pandemia.
Abbiamo tutti visto, credo, le immagini della disperante situazione dei migranti lì ammassati. Nei giorni scorsi in parallelo con l’iniziativa poschiavina-ticinese, tre  iniziative sono state intraprese in Valtellina. Una raccolta di materiali, una di fondi ed una conferenza telematica organizzata dai soci sondriesi di Banca Etica.
Un’operatrice sociale, Silvia Maraone, presente in Bosnia, ci ha illustrato in dettaglio la situazione gravissima del campo di Lipa.
I profughi, arrivati dall’Asia, sono lì bloccati perché la Croazia non permette il transito  verso i paesi più vicini membri dell’Unione Europea: Slovenia, Italia, Austria. L’Unione europea preferisce aiutare i progetti delle organizzazioni umanitarie sul campo, piuttosto che destinarre fondi al governo bosniaco (e a i cantoni in cui la federazione è  divisa) per la dilagante corruzione e per la sostanziale disorganizzazione. Per scelta le organizzazioni umanitarie invitano a non inviare, se non si hanno precisi referenti locali, materiali e cibarie che rischierebbero di andare  perduti e necessiterebbero comunque di essere sanificati. Molto meglio erogare  fondi che servono ad acquistare in loco beni e materiali, anche per mitigare la crescente opposizione  delle popolazioni locali. La pandemia, comprensibilmente, ha aggravato tutto. Si è trattato di isolare i contagiati, ma dove?, visto il collasso delle strutture sanitarie. Ora finalmente si è mosso l’esercito bosniaco che ha istallato tende dormitorio adeguate, ma non sufficienti per tutti e con una gravissima penuria di servizi igienici. Per questo le organizzazioni umanitarie sul campo stanno provvedendo a far arrivare ulteriori servizi igienici, refettori, che diventano poi spazi di socialità, semplicissime cucine (da autogestire) e spazi idonei per le prime cure  agli infetti e ai malati

Ancora pandemia ed emergenza umanitaria, non più nei Balcani, ma sulla costa adriatica marchigiana.
“Ho un carico di lavoro per cui il mio cellulare esplode continuamente di vita”, è quello che mi ha confidato Chiara Griffoni (mia cugina) al termine di una giornata campale. Nel tratto di costa tra Ancona e Fano, favoriti dalla presenza di porti, strade, autostrade e ferrovie, si addensano decine e decine di disperati: africani, asiatici, europei. Persone arrivate da lontanissimo, ma anche italiani e romeni che, causa pandemia, perso il lavoro nella pesca e nell’edilizia , si trovano per strada senza sostegno. Non mancano persone con pesanti sconfitte familiarie e in grave  crisi personale. La  pandemia ha contribuito a strappare quella rete (già fragile di suo) che le associazioni di volontariato e le Caritas avevano steso. “Avevamo cinque ospiti, tolti dalla strada”, racconta Chiara, “con la pandemia uno si è infettato ed è risultato impossibile l’isolamento. Siamo stati lasciati soli ad affrontare questi problemi. Ora qualche progetto è partito e, per esempio, nella città di Ancona sono stati messi a disposizione posti in albergo anche per persone infettate che non necessitano di ricovero. Ci arrivano segnalazioni di continuo e il giovedì notte, quando giriamo, troviamo un’umanità disperata a cui cerchiamo di fornire un primo aiuto”.

Qualcuno diceva che saremmo usciti migliori dalla pandemia. Forse riconoscendo valori nuovi o dimenticati.
A questo proposito ricordo che nei giorni scorsi, grazie alla libreria Il Mosaico di Tirano, è stato presentato un libro dedicato al servita friulano David Maria Turoldo (amicissimo del servita tiranese Camillo De Piaz) .
Sonia Bombardieri, assessore alla Cultura del Comune di Tirano, ha voluto ricordare un’affermazione di Turoldo che ci interroga nel profondo: “Povertà,  placenta di tutti i valori”.
Può esserci utile attingere alla fonte latina: pauper era colui il quale pur costretto ad un tenore di vita molto sobrio, tuttavia conservava un certo decoro ed una certa dignità.
Memento per il post pandemia prossimo venturo.


Piergiorgio Evangelisti

2 COMMENTI

  1. Caro Piergiorgio e caro Bernina

    Grazie per aver dedicato questo editoriale anche alla nostra associazione.

    Come scrive Piergiorgio, in un anno abbiamo perso due persone per le quali la parola “solidarietà” era piena di senso quotidiano e questo in mezzo a una pandemia che colpisce i più deboli.

    Ai tempi in cui ero presidente della PGI Sezione di Poschiavo, grazie a Piergiorgio, avevo conosciuto bene David Maria Turoldo e il suo grande amico tiranese Camillo De Piaz .

    Erano due personaggi che condividevano valori profondi, nei quali la povertà era una qualità e non una mancanza.

    Però la condizione di povertà presume che almeno i requisiti basilari per vivere siano adempiti. Avere cibo, vestiti e un luogo dignitoso per vivere è una premessa fondamentale.

    Noi cerchiamo di garantire alle persone che non arrivano nemmeno a questa condizione, di alleviare le sofferenze giornaliere dovute alla fatica di vivere, per conservare un certo decoro ed una certa dignità.

    Grazie ancora

    http://www.iuvp.ch