L’importanza di Rete Due

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Il 2020 è volto al termine, un anno tormentoso sotto diversi punti di vista e che ci ha messo alla prova in vari contesti. Con il nuovo anno riproponiamo, su iniziativa del presidente de “Il Bernina” Bruno Raselli, una serie di editoriali scritti da persone vicine al nostro giornale. Persone che abitano la Valposchiavo, la vivono o che la conoscono da molto tempo. I temi trattati sono di libera scelta: pensieri sull’anno nuovo che non potranno prescindere dalla pandemia e dalle ripercussioni che avrà nel prossimo futuro. (Marco Travaglia)

pixabay

La costruzione della nostra identità, grigionitaliana e svizzero italiana, avviene senza dubbio anche attraverso lo onde della radio che ascoltiamo. Da decenni l’appuntamento con le “Voci del Grigionitaliano”il venerdì sera, dopo il radiogiornale delle 18 e 30 e da alcuni anni, il quotidiano appuntamento di “Grigionisera”, entrambe su Rete Uno, in cui si danno notizie del Grigionitaliano e dei Grigioni in italiano a tutti gli ascoltatori della RSI, è un appuntamento fisso per informarsi. Se la Rete Tre, dal canto suo, copre una fascia di ascoltatori giovanile, Rete Due approfondisce gli argomenti. Sono persuaso che l’offerta radiofonica RSI sia di ottima qualità.

In uno dei periodi probabilmente più bui per la cultura, per chi vi lavora e per chi ne fruisce, la notizia del ridimensionamento della percentuale di parlato a Rete Due, ridotto ad un quarto della proposta attuale, suona come uno schiaffo ulteriore, come l’affondo di coltello in una piaga già aperta da restrizioni, impedimenti, annullamenti di eventi culturali che si stanno vivendo in questo periodo. Ridurre la parte parlata di tre quarti del tempo ad essa assegnata, significa ridimensionare drasticamente la proposta, facendo diventare de facto la Rete Due un canale musicale.

Vi sono, attualmente, nel palinsesto di questa rete culturale numerose trasmissioni che introducono, spiegano, approfondiscono argomenti di letteratura, musica, filosofia, arti figurative, cultura nel senso più ampio e nobile. Capitare su una di queste trasmissioni, per caso, tra un buon brano musicale e il prossimo ci rende attenti su un dato aspetto, ci accende la curiosità, permette di creare ponti tra informazioni già conosciute e nuovi approfondimenti. Attraverso le riduzioni radiofoniche di drammi teatrali, opere teatrali, creazioni originali scopriamo testi attraverso una modalità che ci permette di scegliere come fruirla, comodamente seduti in poltrona, andando a passeggio con le cuffie o svolgendo altre attività in casa. Grazie alle recensioni di libri, di proposte culturali, grazie ad interviste dirette con autori, abbiamo l’opportunità di scoprire libri nuovi.

Programmi come Diderot, Laser, Geronimo, Il giardino di Albert premettono una scelta, una progettazione e una “mise en scène” puntigliosi; questo lavoro di cernita, di filtro tra gli argomenti che si potrebbero trattare, mette in evidenza un canone. Questo termine indicava originariamente la canna, e quindi il regolo usato da varî artigiani per misurare, da cui poi, sin dall’età omerica, si definisce l’elenco di opere o di autori proposti come modello. Su questi modelli si costruisce, si amplia e si confronta il nostro sapere. In questo modo si sviluppa il pensiero critico, indispensabile per la crescita di un individuo.

A differenza di quanto potrebbe accadere con una ricerca in podcast di approfondimenti di nostro interesse, nella proposta lineare di una rete radiofonica culturale si può casualmente capitare su un argomento che non avremmo altrimenti cercato, ma che, una volta ascoltato, ci illumina in un qualche modo. Questo è un valore aggiunto che non si può dimenticare. È illusorio ed ingiustificato pensare alla trasmissione della cultura, riducendo il tutto ad un calderone da cui si può attingere, relegandola in un’anonima rete.

Anche i canali radiofonici culturali svolgono un ruolo fondamentale per orientare le persone nel vasto oceano informativo e conoscitivo che si può sintetizzare nella Rete. Spesso si invita ad attingervi per ritrovare informazioni, per acquisire conoscenza, ma non essendo organizzata, la ricerca diventa un lavoro più dispendioso rispetto al seguire un’organizzazione del sapere canonica, data.

Auguriamoci che l’ente pubblico sappia mantenere la volontà di difendere questo tipo di trasmissione del sapere e non credere che lo si possa demandare completamente all’iniziativa privata. “La RSI fa parte di noi – recita uno slogan – che rimanga tale!


Luigi Menghini

2 COMMENTI

  1. In questo ottimo contributo Luigi Menghini mette giustamente in evidenza il ruolo pedagogico di un media tradizionale come la radio. L’intenzione da parte della RSI (SSR/SRG) di smantellare Rete Due è un inquietante segno dei tempi che rappresenta un ulteriore passo verso la disintermediazione del settore culturale. Questo processo darà automaticamente maggiore potere di diffusione alla rete, alle sue piattaforme “social” e ai suoi algoritmi, che già da anni sono in grado di indirizzare i nostri gusti culturali. Facendo ciò si mortifica però quello che dovrebbe essere il fulcro e l’attenzione di ogni nostro comportamento in vista di un “presunto” progresso: il fattore umano.

  2. Sono una fedele ascoltatrice di Rete Due e condivido le tue riflessioni. Apprezzo molto i contributi culturali proposti: sono finestre aperte sul mondo che nutrono la mia curiosità innata, proponendomi temi molto interessanti che per mia iniziativa non andrei a cercare. Questo mi aiuta a mantenere una mente aperta, specialmente in questo periodo in cui è facile per chi vive da solo chiudersi in se stesso e cadere in depressione.
    Grazie Luigi