Il 7 febbraio del 2021, la Svizzera festeggia il 50esimo anniversario dell’introduzione del diritto di voto e di eleggibilità delle donne. Questa importante conquista (che vide il 65% degli uomini votare a favore) è senz’altro merito di alcune coraggiose e testarde antesignane (giuriste, giornaliste e attiviste), come per esempio Marie Goegg-Pouchoulin, Rosa Bloch-Bollag ed Emilie Gourd. A loro, la Commissione federale per le questioni femminili (CFQF) della Confederazione, l’anno scorso, ha dedicato delle cartoline e del materiale didattico. La stessa CFQF ha, però, dichiarato che “la parità di fatto ancora non c’è”.
A questo proposito, l’ex consigliera nazionale Silva Semadeni – intervistata da Il Bernina – precisa che “Per quanto riguarda la parità giuridica siamo a buon punto. Ma gli ostacoli alla parità effettiva restano difficili da sormontare. Il traguardo è ancora lontano, soprattutto per quanto riguarda la ripartizione delle responsabilità familiari. Un bel passo in questa direzione – ha aggiunto – è stato fatto ultimamente con l’accettazione del congedo di paternità. Si devono trovare ora le vie per coinvolgere e responsabilizzare meglio gli uomini. La parità effettiva resta una sfida”.
La Svizzera è stata anche uno degli ultimi Paesi democratici (e non) a introdurre il suffragio femminile. In tal senso, il primo Paese europeo che adottò questa pratica fu il Granducato di Finlandia, nel 1907. La maggior parte degli Stati del vecchio continente concessero il diritto di voto alle donne ancora prima del 1948, anno in cui fu ratificata dalla Nazioni Unite la Dichiarazione universale dei diritti umani. L’ultimo Paese ad emanare il suffragio femminile fu il Liechtenstein nel 1984. Il penultimo posto spetta proprio alla Svizzera (1971) anche se nel Canton Appenzello Interno le donne ottennero il diritto di voto sulle problematiche locali solo nel 1991, quando il cantone fu costretto a concederlo grazie alla Corte Suprema Federale Svizzera.
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Come possiamo spiegare questo ritardo? “Un primo argomento – afferma Silva Semadeni – riguarda la nostra democrazia. In nessun altro Paese l’introduzione del diritto di voto alle donne è avvenuto per votazione popolare, e ad esprimersi, nel 1959 e nel 1971, sono stati solo gli uomini. Gli altri Paesi sono stati molto più svelti perché il diritto di voto alle donne l’avevano concesso gli uomini nei parlamenti. Una maggioranza popolare è sempre più difficile da conquistare. Inoltre, bisogna dire che in Svizzera una tradizione ben radicata non solo nei partiti politici, ma anche nell’associazionismo (tiro, caccia, sport… ), considerava il potere statale appannaggio esclusivo dei maschi. Il servizio militare poi, con il mito dell’esercito che aveva salvato la Svizzera dalle due guerre mondiali, rafforzava questa convinzione. Le donne – aggiunge Semadeni – non dovevano occuparsi di politica, ma della casa e della famiglia. Si temeva pure che il voto alle donne portasse dei cambiamenti nella forza dei partiti. La maggioranza degli uomini svizzeri per troppo tempo non si è vergognata di far parte di uno degli ultimi Paesi al mondo che negava alle donne il diritto di voto, il diritto a gestire il bene comune”.
Per approfondire meglio questi meccanismi, soprattutto a livello locale, domani proponiamo un’intervista a Roberta Zanolari, una delle prime donne valposchiavine ad impegnarsi in politica. Ed è proprio alla politica che Silva Semadeni ha dedicato molti anni della propria vita: “Mi ricordo di tante iniziative, dimostrazioni, “scioperi”… Ma ormai si sa: la parità non riguarda solo le donne. La parità, un indispensabile elemento di civiltà per una società democratica, è una prova quotidiana per tutti. Vedo i progressi fatti – conclude l’ex consigliera nazionale – e sono fiduciosa che le nuove generazioni, donne e uomini, troveranno la strada della parità effettiva”.
Marco Travaglia