Ritratti del silenzio

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Foto di Serena Bonetti

Domenica ventosa, cielo grigio, ma luminoso insieme; ti lascia intuire che il sole, anche se non lo vedi, sta appena lì sopra quella cappa lattiginosa. Pareva stesse arrivando la primavera, invece questa mattina è neve nuova quella che è apparsa sui monti.
In una giornata così c’è voluto il cane a spingermi fuori casa, ma sarà una passeggiata breve, il giro del paese.
Non incontro nessuno, tutto è chiuso, il mio cane rincorre come impazzito le foglie spinte dal vento, sollevate da terra in una danza vorticosa.
Non è però tutto chiuso, mi sbagliavo: il Museo di Casa Console è aperto e invita i passanti alla mostra pittorica di Silvia Hildesheimer, “Ritratti del silenzio”. Mi fermo ed entro, consapevole del gesto di rinascita che questo comporta: riassistere ad un evento culturale.

Le due sale a pianoterra accolgono una ventina di dipinti dell’artista.
Conoscevo già un po’ il suo modo di dipingere, la sua delicatezza, ma sono rimasta incantata dalla bellezza di quei quadri esposti tutti assieme. Davvero suscitavano… silenzio.
Mi sono ritrovata ad immaginare il tempo di contemplazione che hanno sicuramente richiesto prima di tradursi sulla tela. Un tempo di silenzio e sguardi, un tempo di emozione e decantazione, di attesa anche, di lentezza e pazienza. Quei dipinti, prima di diventare tali, sono stati “addomesticati” in una specie di giardino dell’anima, solo dopo si sono appoggiati sulle tele. E per la seconda volta in vita mia, davanti ad un quadro ho pensato: sembrano preghiere.

La ricerca attentissima dei giochi di luce e ombre in una quotidianità che tutti abbiamo davanti agli occhi, ti invita ad osservare i dettagli, a capire che se solo vuoi quegli stessi giochi di luce, così magici, li puoi trovare ovunque. Così mi accorgo che la luce un po’ grigia di questa domenica di fine inverno è esattamente quella che ritrovo nei suoi quadri invernali, quello stesso cielo grigio ma con una luce tanto particolare.

Non posso dire di aver conosciuto la signora Hildesheimer, ma ricordo una cena a cui ero stata invitata, dove c’era anche lei. Alla mia domanda su come mai con suo marito fossero arrivati a Poschiavo, ricordo che mi disse: “Con mio marito cercavamo un posto che ci piacesse per vivere. Abbiamo girato e cercato tanto, il sud della Francia ci piaceva molto, ma poi siamo arrivati a Poschiavo, la luce che c’era qui ci ha colpito”. Ho ripensato a quella sua affermazione, visitando la sua mostra: la luce, quella dei giorni d’estate, ma anche quella dell’inverno e delle giornate come oggi. E ho anche pensato che bisogna venire da fuori per vederla davvero quella luce.

Andate a visitare la mostra, troverete la bellezza.
E troverete in regalo uno sguardo che forse avete disimparato ad usare per vedere davvero questa bellissima terra.


Serena Bonetti

1 COMMENTO

  1. Cara Serena,
    è sempre bello leggerti.
    Sono lontana da Poschiavo ma il tuo racconto mi riporta lì in quella splendida Valle.
    Sento un po’ di nostalgia, speriamo che questa pandemia allenti un po’ la presa così da poter tornare per qualche giorno di vacanza.
    Un caro saluto