“Al Fagot” cambia pelle, Matteo Tuena: Il futuro è in mano ai giovani

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Dopo 50 anni dalla sua prima edizione, la rivista “Al Fagot” dei Valposchiavini fuori Valle (VfV) non verrà più pubblicata nella sua consueta modalità. Troverà invece spazio, trimestralmente e a partire da giugno, come inserto all’interno del settimanale “Il Grigione Italiano”. Per capire le ragioni di questa scelta abbiamo intervistato il promotore di questa iniziativa, Matteo Tuena, presidente dei VfV e responsabile della rivista.

Buongiorno Matteo, quali sono i motivi di questa scelta?

Diciamo che la cosa parte da molto lontano. Prima di tutto devo precisare che sono molto orgoglioso della rivista “Al Fagot”; il mio attaccamento nasce grazie a mio zio, Roberta Tuena, poeta poschiavino morto a soli 38 anni e che aveva contribuito alla nascita della prima rivista a Zurigo proprio tramite l’Associazione Poschiavini a Zurigo.

All’esordio, nel 1971, si chiamava “L’aradel” e dopo alcuni anni ha cambiato nome in “Al Fagot”. In quel periodo hanno prese piede le feste di Cavaglia dove si riunivano i “Pusc’ciavin in Bulgia” (PiB), l’associazione mantello che nel 2012 è stata smantellata. Durante la penultima assemblea generale bisognava decidere come destinare il patrimonio finanziario delle associazioni. La prima proposta era quella di dare i soldi a un’istituzione in valle, ma, in qualità di presidente dell’associazione di Coira, mi sono opposto per il fatto che qualcuno avrebbe potuto essere scontento di una scelta arbitraria. Così ho proposto di poter tenere depositati i soldi, per tre anni, in banca, in attesa di ridistribuire i fondi alle diverse associazioni aderenti alla PiB; così, nell’ultima assemblea, è stata votata questa seconda opzione.

La questione era che, al di là dello smantellamento della PiB, esistevano altre iniziative indipendenti: il ritrovo a Cavaglia, le assemblee generali delle singole sezioni, che dovevano gestire il lato finanziario, e poi c’era “Al Fagot”. Così mi sono messo a disposizione per coordinare una riunione all’anno dei presidenti dei piccoli enti e per distribuire, dopo i tre anni, i fondi accumulati. Sempre nel 2012, a seguito delle dimissioni del redattore del trimestrale, mi sono messo a disposizione anche per quel ruolo: non senza fatica, mi sono impegnato a tenere in mano la situazione.

In che modo?

In questi anni, 2-3 sezioni si sono ritirate e sempre meno si impegnavano a scrivere i loro contributi nel Fagot; oltretutto, il livello delle pubblicazioni si è piano a piano appiattito. Il Fagot cominciava a perdere importanza, e ciò era dovuto al fatto che, da una parte, gli anziani vengono a mancare e che, dall’altra, i giovani non si interessano alle nostre attività. Tutto questo ha comportato una riduzione delle feste delle sezioni e, tra le altre cose, anche delle “Settimane Poschiavine”. L’associazione di Coira aveva almeno il teatro, ma adesso, a causa della pandemia, non c’è più possibilità di praticarlo: le date delle esibizioni sono state annullate due volte e ora si parla del 2022, sempre che ci siano ancora gli attori; alcuni sono anziani e altri ammalati. Io ci spero sempre e cercherò di motivare affinché si possa andare avanti.

Trovare dei giovani che si impegnino risulta difficoltoso?

E’ chiaro a tutti che, senza i giovani, non c’è futuro. Allora ci siamo chiesti: come vogliamo proseguire? Luca De Giambattista ha così organizzato un incontro con loro per stimolarli e dar loro qualche incentivo per partecipare. Abbiamo fatto un sondaggio anche per il Fagot, ma i giovani non sono interessati; Matteo Zala, uno che scriveva articoli di valore, si è ritirato alla fine dello scorso anno. Per questi motivi c’è bisogno di reinventarsi e dare la possibilità ai giovani, anche con il virtuale, di partecipare. A questo proposito ho contattato Federico Godenzi, professore alla Cantonale e quindi a contatto con i ragazzi: dietro un piccolo compenso si impegnerà con i suoi studenti, ogni volta che vorranno e su un tema a scelta, a scrivere qualcosa riguardo i valposchiavini fuori valle: come vivono, come vedono il futuro etc.

Cosa prevede la nuova collocazione nel Grigione Italiano?

Come Valposchiavini fuori Valle vorremmo proporre un progetto simile a quello dell’ATE, magari un po’ più attrattivo (a colori, patinato). Il primo numero uscirà a giugno e si chiamerà ancora “Al Fagot”: ci sono ancora diversi affezionati. Dato che abbiamo una scarsità di eventi da proporre, ci sarà spazio per le presentazioni delle singole sezioni.

È prevista una versione online? A quale indirizzo?

Sì, sarà presente una versione online, identica a quella cartacea, sul sito de Il Grigione Italiano.

Da che anno a che anno ti sei impegnato nella rivista? Hai ricoperto diversi ruoli?

Mi impegno a sostenere la rivista dal 2012, e cioè da quando sono diventato coordinatore delle sezioni e anche responsabile di “Al Fagot”. Nel 2017, in concomitanza con il 40° giubileo della sezione di Coira, abbiamo fatto la riunione dei presidenti delle singole sezioni dei Valposchiavini fuori Valle e sono stato eletto presidente. Con il prezioso aiuto della segretaria, Roberta Lardi, del cassiere e del consigliere, abbiamo costituito il Comitato del nuovo VfV, un gruppo di lavoro che coordina la riunione dei presidenti delle sezioni. In questo ambito, il mio impegno continua fino ad oggi.

Quali sono i tuoi ricordi più belli?

Come primo ricordo mi balza subito in mente Marcello Luminati: aspettava il finale dell’assemblea generale della PiB per correggere il presidente Gianluca Giuliani sui termini dialettali che spesso venivano italianizzati; con lui si respirava tanta cultura e tanto abbiamo imparato. Poi vengono in mente gli anziani che si incontravano per cantare e giocare a carte, alcuni lo fanno ancora oggi; le feste delle sezioni erano l’occasione per incontrare gente su di età e imparare da loro la fratellanza: si imparava dalla loro esperienza e dai loro ricordi. C’era l’occasione di conoscere tante persone, anche se i giovani erano pochi… Ci si preparava come ad una cerimonia: tanti venivano incravattati; c’era lo spuntino, l’assemblea, la festa e si facevano anche visite importanti come, per esempio, al Palazzo Federale o alla Novartis…

Quali invece i momenti più difficili?

I momenti più difficili hanno riguardato due cose: da un lato mantenere la rivista storica, che perdeva sempre più linfa, ma soprattutto lo smantellamento della PiB: quando Gianluca si è ritirato dalla presidenza e pochi giorni prima si sono ritirati tutti gli altri del comitato. Però, grazie all’impegno di molti abbiamo potuto continuare con il Fagot e le istituzioni indipendenti. Ai giovani non interessava più niente, anche se i vecchi sostenitori si lamentavano…

Puoi spiegarci meglio?

Come anticipato, senza giovani non c’è futuro: senza cambiamenti non si va avanti. Ma i cambiamenti fanno paura, soprattutto alle persone più anziane; da loro, infatti, sono arrivate critiche molto pesanti con le quali abbiamo dovuto fare i conti.

Il discorso riguarda anche l’evento a Cavaglia?

Cavaglia, da qualche anno, non è più solo un evento legato a quelli che erano i PiB: ora coinvolgiamo i giovani, i valligiani, anche in collaborazione con Valposchiavo Turismo: tutti sono invitati, anche i turisti. Queste scelte hanno mandato su tutte le furie alcuni over 80 che hanno visto venir meno la tradizione. Ma l’apertura ai giovani e l’alto afflusso di numerose famiglie ci dice che è stato un grande successo. Vedo un futuro rivolto verso i giovani, che potranno anche decidere di continuare in altro modo: chissà come sarà, i tempi cambiano. Tra 5-10 anni non si parlerà più dei problemi che hanno sollevato alcuni contro il cambiamento…

Il tuo impegno per “Al Fagot” continuerà in qualche modo?

Sì, ma in maniera più moderata. Con la collaborazione di Roberta Lardi (persona affidabile da molti punti di vista) scriveremo ancora l’editoriale “A tu per tu”. L’idea è che dopo siano altri ad occuparsene: il nostro compito è quello di cercare giovani che possano anche prendere in mano il nuovo Fagot. Per quanto mi riguarda mi limiterò alla coordinazione e a contattare le associazioni per sollecitare i contributi: lo farò a tempo indeterminato. Un altro mio compito sarà gestire l’assemblea generale, altrimenti ci sarebbe il rischio di non trovarsi più…


Marco Travaglia

Marco Travaglia
Caporedattore e membro della Direzione