Dal 23 al 28 maggio ha avuto luogo in Valposchiavo la terza Trail Care Woche (Settimana della cura dei Trail) di Vivabike Valposchiavo. Il titolo dice già tutto, ma tradotto in buon italiano, la manifestazione consiste nell’organizzazione di una settimana di interventi in cui volontari provenienti da tutta la Svizzera si prendono cura dei percorsi destinati alle biciclette.
Al di là del merito dell’iniziativa, alla quale come Il Bernina dedicheremo uno spazio a parte, quest’anno vi è una assoluta e importante novità: la partecipazione del marchio di abbigliamento sportivo e tecnico Patagonia. In che termini? Per scoprirlo, martedì 25 maggio abbiamo partecipato a una presentazione organizzata dalla stessa Patagonia a beneficio dei volontari presso l’Hotel La Romantica a Le Prese.
“Il legame – spiega Kaspar Howald – “nasce da contatti personali. Misch Schneider, proprietario di un negozio di bici e sport in Engadina Alta che già da anni lavora con Patagonia insieme a Anita Visinoni che gestisce un negozio di equipaggiamento per la montagna in Engadina Alta hanno presentato il progetto Trail Care Woche a Patagonia, ritenendo che le filosofie delle nostre due realtà potessero essere decisamente vicine”.
Vanessa Rueber, coordinatrice delle politiche ambientali e del marketing in Svizzera per Patagonia, non ha molti dubbi a riguardo “Costruire comunità, volontariato, sport, rispettare l’ambiente, prendersi cura dei percorsi esistenti: questi sono tutti aspetti che ci hanno subito affascinato del progetto della Trail Care Woche. In un luogo che mette al centro anche l’agricoltura biologica… Sembra davvero che i nostri obiettivi siano molto vicini”.
Quel che Patagonia concretamente ha fatto nella sua presenza è stato documentare attraverso i social media, la presenza di un blogger e di un fotografo il lavoro svolto dai volontari in Valposchiavo durante i primi giorni della settimana.
In un’atmosfera quasi familiare, la Rueber ha poi presentato la storia della Patagonia (con una formula quasi giocosa in cui chi indovinava le sue domande si è aggiudicato dei gadget Patagonia) e la filosofia ambientale e cui è ispirata. L’impresa si occupa di riduzione dell’impatto ambientale e di sostegno attivo e mediatico ai gruppi e alle associazioni che si occupano di risoluzione di crisi ambientali e salvaguardia della natura. Dal 1985 inoltre, Patagonia investe l’1% del proprio fatturato attraverso una sorta di “autotassazione” nel sostegno a diverse organizzazioni non governative attive nelle politiche ambientali. Con il tempo ciò si è tradotto in un valore di oltre 140 milioni di dollari donati. È proprio per volontà di Yvon Chouinard, fondatore di Patagonia, che nel 2002 il tempo è nata la rete “1% for the Planet” per incoraggiare altre imprese a fare lo stesso…
Oltre a parlare delle politiche ambientali, Vanessa Rueber ha anche mostrato due interessanti docufilm realizzati da Patagonia. Il primo, intitolato “Life of Pie” che narrava la storia di Jen Zeuner e Anne Keller, una coppia di donne americane che decide di vivere a Fruita, nello stato del Colorado, attratta da un paradiso della mountain bike. Dopo essersi rese conto della mancanza di un luogo dove mangiare, aprono poi una pizzeria “Hot tomato”. Nonostante siano una coppia gay in una città conservatrice e vengano da un altro stato, pian piano riescono a diventare una parte attiva, riconosciuta e integrata della comunità, creando una piccola realtà anche sociale: una storia di cambiamento di vita, sport e inclusione sociale.
Il secondo docufilm “Becoming Ruby”, riguardava invece Brooklyn Bell, una giovane dello stato di Washington che crea attraverso il disegno un personaggio “Ruby J” come un alterego più forte e realizzato. Vediamo allora Brooklyn quasi “diventare Ruby” (come afferma il titolo”, prendere il coraggio a due mani e viaggiare da sola con la sua auto e la sua bicicletta per partecipare – unica donna di colore – al “Revelstoke Women Enduro”, una competizione di mountain bike enduro nella Columbia Britannica (Canada). Ciò le permette di vincere la sua sfida più importante, quella con sé stessa, per sentire finalmente la propria vita come qualcosa di bello e che le appartiene totalmente.
Dopo i film, ovviamente, le istruzioni date dagli organizzatori della settimana per i volontari per il lavoro del giorno successivo.
E un dubbio, o per meglio dire un auspicio: chissà che uno dei prossimi film della Patagonia non venga girato a Poschiavo…
Maurizio Zucchi
Bravi Anita, Francesco e Misch 😉