“Scrivendo questi racconti ho passato le ore più belle” ci confida Massimo Lardi. Nell’intervista il nostro scrittore ci indica quali sono state le sue fonti di ispirazione: la famiglia innanzitutto, ma anche i grandi nomi della letteratura. Lo scrittore poschiavino si esprime sulla sua dote di riuscire a comunicare, con una lingua fresca, fruibile e sempre più giovane, tant`è che il lettore ne viene coinvolto e affascinato. E alla fine dell’intervista ci sorprende con i suoi progetti futuri.
L’ultima pubblicazione di Massimo Lardi porta il titolo “Racconti del Cavrescio”. Sono brani dedicati al fratello gemello Bernardo, deceduto il 19 marzo 2020.
Li dedico al mio gemello Bernardo, in quanto è lui che dopo mia moglie Vera li ha letti per primo, mi ha dato tanti suggerimenti e mi ha incoraggiato a pubblicarli. Sono racconti e aneddoti nati in seguito a incontri, a chiacchierate con parenti e amici, a storie sentite o lette, alcuni sono ricordi, elaborati sull’arco di una quindicina di anni, e sono frutto di molteplici rifacimenti.
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La pubblicazione esce un paio di giorni dopo una tua visita sulle rive del Lago di Como, sulle orme di Alessandro Manzoni. Che sensazione hai avuto nello scoprire le terre dell’autore dei “Promessi Sposi” e nel contempo nel pubblicare i racconti?
Questa coincidenza è fortuita e le terre manzoniane le ho percorse varie volte, ma sempre mi dicono qualcosa di nuovo perché i “Promessi Sposi” sono un capolavoro al di fuori del tempo. Ho contemplato con rinnovato interesse il monumento al Manzoni sull’omonima piazza a Lecco, «la terra» che già due secoli orsono si «avviava a diventare città». Pensando alle sciagure di quei tempi il mio pensiero è corso all’informazione circa i morti di peste data a Renzo da don Abbondio. A proposito di Agnese, che è rimasta in vita, il curato gli dice: «È andata a starsene nella Valsassina, da que’ suoi parenti, a Pasturo, sapete bene; ché là dicono che la peste non faccia il diavolo come qui». Frase che figura tutt’oggi sulla presunta casa di Agnese a Pasturo, ma si tratta di situazioni e di parole che potrebbero figurare nel più moderno romanzo sul covid-19.
Con la tua nuova opera hai dato libero sfogo all’anima creativa. Sei stato meno legato ai vincoli della ricerca, come è stato il caso in alcune tue opere, fra cui la biografia di “Don Francesco Rodolfo Mengotti Teologo e poeta (1709-1790)” o il “Barone De Bassus”. Hai avuto effettivamente l’impressione di una maggiore libertà?
Certamente. Scrivendo questi racconti non mi sono mai sentito sotto il peso di dover ricercare chissà che cosa e ho passato le ore più belle.
Quale lettore noto che la tua lingua, molto vicina al parlato e stilisticamente molto raffinata, ricca e variegata, risulta estremamente fresca e fruibile. Qual è il segreto di questa perenne giovinezza nello scrivere?
Nella tua domanda è implicito un complimento che mi lusinga molto e ti ringrazio, perché ognuno ha le sue ambizioni e desidera eccellere nell’attività che esercita; cioè il panettiere nel produrre il miglior pane possibile, il violinista nel suonare il violino, l’insegnante nel coinvolgere gli allievi e via dicendo. Per me fin da scolaretto l’attività preferita era scrivere componimenti. La passione di scrivere non mi ha mai lasciato. Penso sia questo il segreto di ciò che tu chiami «perenne giovinezza nello scrivere», cioè il piacere della lingua, il bisogno di riformulare il testo finché mi sembra limpido e comprensibile per tutti. Questo comunque non è ancora una garanzia che l’operazione riesca sempre.
Certo. Questo è il primo passo per garantire l’espressività comunicativa, vale a dire che il messaggio entri nella sfera cognitiva di chi legge. Le tue opere stanno in stretta relazione con il mondo che ti ha circondato e ti circonda. È una necessità o una scelta?
Non mi sono mai posto questa domanda, ma penso che sia l’una e l’altra. Essendo molto legato alla lingua, alla frazione di Le Prese, al Comune e alla Valle di Poschiavo ho pensato rare volte di occuparmi di altre cose; quindi una necessità. Ma poi mi sono fermato a questi temi per scelta.
Sarebbe pensabile un’opera che esuli da ogni contesto locale e a te vicino?
Pensabile sì, in quanto ci ho già pensato, ma non mi è mai bastato il tempo per mettermi a fare qualcosa in questo senso.
Quasi tutte le tue pubblicazioni (penso ai libri) sono state scritte dopo il tuo pensionamento, in un momento della vita in cui hai potuto scegliere tra priorità diverse.
È proprio così. Finché ero attivo nell’insegnamento la professione assorbiva quasi tutto il mio tempo. Per questo mi limitavo a scrivere articoli, necrologi, recensioni ecc., pochi racconti per l’Almanacco, nonché copioni teatrali per recite scolastiche. Sono cinque in tutto quelli usciti sui Qgi, ai quali sono riconoscente per aver ripescato e pubblicato nel 2020 La riscossa, il mio primo dramma, che era stato rappresentato nel lontano 1963.
Il tuo primo volume “Dal Bernina al Naviglio” ripercorre un periodo in cui eri poco più che adolescente. È stato quindi un impegno che hai dovuto rimandare anno dopo anno fin quando, dopo il pensionamento, hai avuto finalmente il tempo?
È vero. Il tempo per scriverla è stato un fattore determinante, e poi trattandosi della narrazione di un’attività illegale per l’Italia, per quanto svolta con tutti i crismi della Confederazione, c’è voluto tempo anche per prendere le distanze da quegli anni memorabili e quanto mai incerti della nostra Valle.
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Ritorniamo al giorno d’oggi. Ora ti stai pure impegnando in seno al rispettivo comitato per le pubblicazioni delle Opere musicali e letterarie di Renato Maranta, tra tanti ricordi e la necessità di far rivivere uno spicchio di cultura.
Mi ricordo Renato Maranta, il bel giovanotto che era. Una volta aveva chiesto aiuto a mio padre per la pubblicazione del suo canzoniere e mio padre gli aveva risposto a malincuore che con dodici figli tutti minorenni aveva purtroppo altre priorità. Di lì a un paio di anni Renato era morto, come sappiamo in circostanze tragiche, 10 giorni prima che morisse mio padre. Ricordi indelebili. Più tardi mi ha colpito l’ammirazione del mio suocero Domenico Pola per la musica sacra di Maranta. Il maestro Pola aveva eseguito le sue Messe con la corale di Campocologno. Da qui l’impegno a ricordare la figura e a valorizzare l’opera di Renato, per cui sono profondamente grato a tutti quelli che vi collaborano.
Vogliamo fare il punto sulla situazione?
Siamo a buon punto. I tre volumi con la musica sacra, le canzoni popolari, i suoi scritti e gli atti del convegno del 10 ottobre dell’anno scorso dovrebbero uscire, o almeno andare in stampa, entro il mese di settembre di quest’anno.
Nell’ultima edizione dei Quaderni Grigionitaliani è apparso il tuo testo di teatro “Tre giorni ai Bagni di Le Prese”. Come mai questo salto tra i generi letterari?
Non ho fatto altro che cedere a una mia vecchia passione. Come ho accennato, i primi testi che ho scritto con una certa ambizione letteraria erano proprio testi teatrali.
Oltre alla pubblicazione di diversi volumi hai trascorso una vita all’insegna della promozione culturale e quale letterato. Sei stato per anni redattore dei Quaderni Grigionitaliani. Sei stato attivissimo nella Pgi, ricoprendo tra l’altro la carica di Presidente ad interim. Hai redatto un’infinità di articoli, di introduzioni, di saggi, di prefazioni e postfazioni, che possono essere consultate anche online www.massimolardi.com. Io credo che la nostra opinione pubblica non si renda conto di tutto quello che hai fatto.
Tutto questo è dovuto appunto alla passione per la lingua. Queste attività, anziché un merito, le considero una provvidenziale palestra in cui un po’ alla volta mi sono fatto le ossa.
Sei stato professore di lingua italiana per le classi di lingua tedesca, romancia e di lingua e letteratura italiana e storia dell’arte per la sezione italiana alla Magistrale di Coira. Hai quindi avuto l’indiscusso merito di essere riuscito a far amare la letteratura e la bellezza della lingua alle future e ai futuri docenti.
A qualcuno certamente sì, e l’esempio migliore sei tu. Del resto non mi faccio illusioni. Se non altro posso dire di essermi impegnato. E per quanto riguarda l’introduzione dell’italiano nelle scuole tedesche e romance del Cantone, credo di avervi contribuito fattivamente.
Nel mondo di lingua tedesca Massimo Lardi è poco conosciuto, fatta eccezione delle pubblicazioni tradotte in tedesco “Export 2” e “Baron de Bassus und die Illuminaten von Bayern”. Per me è irritante che uno scrittore e un uomo di cultura del tuo calibro non trovi le attenzioni che meriterebbe nei media di lingua tedesca dei Grigioni.
A questo proposito non mi faccio nessun problema, so di essere in ottima compagnia.
Risposta ironica. Che cosa si nasconde dietro questa ironia?
Non c’è ironia, tutt’al più una certa rassegnazione. Siamo una minoranza e come tale non dobbiamo aspettarci troppo. Sappiamo che per certi versi siamo trattati coi guanti e altre volte dimenticati e basta. Quello che in piccolo succede a me, succede in grande un po’ a tutte le realtà delle nostre valli a meno che non ci siano dietro simpatie o interessi particolari. Pochi giorni fa sul più diffuso giornale grigionese è apparso un articolo sullo stato di salute del turismo nelle singole regioni dei Grigioni; ebbene, si parla di tutte le regioni turistiche tedesche e romance, ma sulle valli del Grigioni italiano non si spende una parola. Discriminazione? Non credo, trattandosi di un organo di lingua tedesca che nelle nostre valli ha pochi abbonati. Capisco questo modo di fare, ma ovviamente non lo approvo, tanto più che detto quotidiano si avvale come parecchi altri media di sostegni dell’ente pubblico.
Non va tuttavia dimenticato che la Val Poschiavo è una destinazione turistica importante nel nostro Cantone e quindi non merita di essere trascurata. E poi, a proposito di trattamento discutibile della nostra regione mi ritorna in mente il caso legato a Grytzko Mascioni, originario di Brusio, uno scrittore molto noto nella letteratura italiana (finalista del Premio Strega nel 2003 con l’opera “La notte di Apollo”) e naturalmente anche nella nostra piccola realtà del Grigioni Italiano. Nonostante fosse molto noto in Italia non era un personaggio conosciuto nel nord e centro dei Grigioni, fin quando non gli è stato conferito il prestigioso Premio Schiller nel 2000. È quindi lecito avanzare qualche perplessità in relazione alla trascuratezza della cultura grigionitaliana nel resto del Cantone. Ma torniamo alla nostra intervista. Massimo, ci hai sempre abituati con novità e sorprese nel campo delle pubblicazioni. Che titolo avrà la prossima?
Il titolo esatto non è ancora deciso, ma sarà una monografia sulla vita e l’arte del mio gemello Bernardo.
Massimo Lardi, Racconti del Cavrescio, Tipografia Menghini, Poschiavo 2021.Vendita e distribuzione per le librerie: Tipografia Menghini, 7742 Poschiavo, 081 844 01 63, info@tipo-menghini.ch