Quando si parla degli insegnanti e di Valposchiavo, il pensiero va immediatamente alle scuole, tanto quelle del Borgo quanto quelle di Brusio e alle difficoltà che talvolta incontrano per reperire insegnanti in loco, o per lo meno di provenienza svizzera.
C’è però una importante realtà parallela: quella dei maestri di origine valposchiavina che, dopo essersi diplomati presso l’alta scuola pedagogica, hanno per molteplici ragioni lasciato la Valposchiavo, andando a svolgere la propria professione soprattutto a Coira. Il Bernina ha perciò realizzato una serie di interviste tra alcuni di questi insegnanti, per conoscerne la storia e capire i motivi delle scelte che li hanno portati altrove. La prima puntata del nostro viaggio ci porta alla Scuola della Città di Coira Rheinau a conoscere Luca Raselli.

Buongiorno Luca, quali motivazioni ti hanno spinto a lasciare la Valposchiavo per l’insegnamento?
Innanzitutto, non si può dire che io abbia “lasciato la Valposchiavo” come insegnante, nel senso che non ci ho mai insegnato. A dire la verità, credo che la mia sia una storia un po’ particolare.
Vuoi raccontarla?
Certo, quando avevo sedici anni ho lasciato la Valposchiavo per iniziare il mio apprendistato da stampatore. In testa avevo l’idea di fare il grafico, ma il lavoro di stampatore sembrava più accessibile. Sono perciò andato a Samedan a lavorare per l’Engadin Press. Poi ho lavorato ad Arosa e in seguito i miei piani sono cambiati. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto continuare a studiare. Ho quindi deciso di iscrivermi alla scuola magistrale, presso la quale mi sono diplomato. La mia idea era conseguire la maturità anche per poter studiare all’Università.
Ma poi non hai continuato con l’Università?
No, perché ho scoperto che la professione di insegnante non solo non mi dispiaceva, ma era quello che davvero avrei voluto fare.
Quindi da ragazzo non volevi fare il maestro?
Per niente! Quando avevo un anno, mio padre ha cominciato a fare il custode delle scuole di Santa Maria e quindi si può dire che per 15 anni ho avuto costantemente maestri intorno. A 16 anni avevo in mente di tutto tranne che di insegnare. Ma con il tempo le idee e i desideri cambiano, ed eccomi ancora qui!
E come mai a Coira?
Per tre motivi. Il primo è che in effetti io ero andato via a sedici anni… Già per il mio lavoro precedente. Il secondo, è che in effetti qui c’è un’opportunità unica in tutto il Cantone: quella di lavorare in una scuola bilingue. Che è molto importante per un Cantone come il nostro. E il terzo motivo, è che qui ho messo su famiglia.
Ci sarebbe anche l’esperienza di Maloja…
È vero, e la conosco, ma a parte che è molto più piccola (ci sono solo due insegnanti) c’è una differenza fondamentale tra quella scuola e questa. Noi, qui, non ci troviamo su una frontiera linguistica.
Il bilinguismo si limita all’insegnamento?
A dire la verità no, anzi! Anche durante le riunioni siamo abituati a parlare chi tedesco e chi italiano. Quando arriva qualcuno di nuovo, poi può capitare che ci sia qualche difficoltà perché magari alcuni tedescofoni non conoscono bene l’italiano o alcuni giovani italofoni sono in difficoltà con il tedesco. Ma con il tempo è un arricchimento per tutti.
Da dove vengono gli altri insegnanti italofoni? Tutti dal Grigionitaliano?
In realtà no. Tralasciando il fatto che alcuni lavorano a tempo ridotto, siamo in tre della Valposchiavo, due dalla Bregaglia, una della Valchiavenna che ha studiato qui e poi una bilingue di Coira.
Una nota sulla Valposchiavo: come mai secondo te mancano insegnanti in loco?
Per prima cosa vorrei chiarire che il tema non ha niente a che vedere con noi che siamo andati da un’altra parte, anche perché qui ci siamo venuti per fare un lavoro fondamentalmente diverso. Comunque: diciamo che se pensiamo alla scuola secondaria, il problema è per così dire generale: i maestri mancano dappertutto, e anche per le zone tedescofone vengono addirittura dalla Germania e dall’Austria. E per i maestri delle elementari… Beh forse la professione non è più considerata attraente come un tempo. Chi fa il maestro oggi lo fa per vocazione, perché lo vuole davvero. Poi ci sono le abilitazioni e le regole cantonali, che sono sempre un problema ma non è questo il mio settore; ecco, non è il ramo in cui sono esperto. Certo, non ho dubbi, ci sono senz’altro professioni che pagano di più… A me, comunque, fortunatamente, il mio lavoro piace molto.
Maurizio Zucchi