“Ho scritto versi come fatti d’aria: e qualcuno li ama”.
«Nel 1981 Mascioni pubblicò “Saffo”. Letto e conquistata, mi rivolsi all’autore, chiedendogli di ricavarne un testo teatrale. Lo mettemmo in scena, lui presente, nell’estate dell’83 a Marina di Pietrasanta nell’ambito della prestigiosa rassegna “La Versiliana”. La regia fu di Melo Freni, io interpretai Saffo. E questo è per me il testo a cui sono più legata».
Silvana Strocchi, attrice e regista faentina, rievoca con grande passione i suoi antichi e recenti incontri con il drammaturgo grigionitaliano.
Ma ascoltiamo Grytzko: «In questo canovaccio nel quale è rifusa la materia della mia biografia dedicata a Saffo, è quasi impossibile sceverare testi autonomi e frammenti poetici di Saffo (quasi tutti quelli che ci restano), di Alceo e di qualche inno omerico. (…) Vuole essere un atto d’amore, e un omaggio a Saffo, voce femminile che attraversa, intatta e forte e tenera e spregiudicata, i secoli che ci stanno alle spalle. E’ stata – con Catullo – il più grande poeta d’amore di tutti i tempi. Ma lei, sola, anche la prima: mezzo millennio prima di Catullo. Che tuttavia ne conosceva l’opera a memoria. Dovremmo essere noi, a dimenticarla?».
Strocchi conserva il manoscritto (e un dattiloscritto) di questa opera che rimane inedita. Ho potuto fotografare l’epilogo, tra parentesi i suggerimenti di Mascioni per la messa in scena.
(Riappare Alceo, d’un canto. Mentre parla, le luci si abbassano. La scena alluderà al suicidio finale). (…) “Fu in una notte di luna che Saffo si avviò verso il mare di mobile argento? Le onde continuarono a cantare quiete la loro canzone, specchiando le stelle. Ma forse, quella notte, il cielo accolse una nota di più, il sussurro di una confessione consolata e breve”.
Saffo (sola, rivolta al pubblico, un istante prima che l’onda la sommerga, che affondi nel mare)
“Ho scritto versi come fatti d’aria: e qualcuno li ama”.
Ieri come oggi.
Hildegard von Bingen (1098 – 1179) si presenta così: “ Et ego paupercula feminea forma, et humano magisterio indocta, ad verum lumen…” (Ed io, una povera e piccola donna, non istruita da umano insegnamento, ho guardato verso la vera luce…).
«Dopo un anno di telefonate, lettere e qualche raro incontro fra Bologna, Nizza e Dubrovnik, durante l’estate mi arrivò via fax, quasi in tempo reale di scrittura, l’opera in versi, endecasillabi spesso rimati. A poco a poco vedevo prendere corpo e voce “Il personaggio Ildegarda”».
«Strocchi: quali i personaggi? I tempi di elaborazione e i luoghi della messa in scena?».
«La protagonista, da me interpretata, un coprotagonista, padre Goffredo, le quattro monache che formano il coro, la scomparsa, amatissima Richardis, papa Eugenio III e l’imperatore Federico Barbarossa.
23 agosto 1999 primo giorno di lettura (e “prima” il 25 settembre 1999).
Decimo giorno: prova nel luogo deputato alla rappresentazione, il complesso di santo Stefano, la santa Gerusalemme bolognese. Il primo atto si svolge nella chiesa dedicata ai ss. Vitale e Agricola di impianto romanico con grandi colonne, navate laterali e un altare centrale sotto il catino absidale. In questa prima parte di grande effetto drammaturgico ci sono versi di straordinaria bellezza.
Il secondo atto si svolge in uno spazio molto particolare e con una struttura circolare, la chiesa del santo Sepolcro. Il terzo atto ha una struttura semplice e arcaica, in simbolica sintonia con il cortile di Pilato dove ha luogo il finale dello spettacolo. Mentre padre Goffredo chiude lo spettacolo: “Ildegarda si tace ma non tace la sua parola santa…”, l’amatissima Richardis intona un canto sacro d’amore, e sulla parete di fronte al pubblico scorrono le immagini delle miniature delle opere di Ildegarda. La musica che fa da contrappunto ai versi di Grytzko Mascioni, scelta da Jolando Scarpa, è in gran parte quella che Ildegarda aveva composto per le funzioni religiose del convento di cui era badessa».
Di Hildegard possiamo solo aggiungere che Benedetto XIV l’ha proclamata dottore della Chiesa nel 2012.
Il testo di Mascioni ,”Vidi una luce”, per volere dei Benedettini delle “sette chiese” (così è conosciuto popolarmente il complesso di santo Stefano) è stato pubblicato nel 2000 dalla loro piccola casa editrice (Inchiostri associati editori).
“Tutte a cena da Cassandra” è il titolo del terzo testo di Mascioni, sempre scritto per Silvana Strocchi.
Lo spettacolo, presente l’autore, andò in scena per la prima volta nel 2001. Fu ripreso poi nel 2022.
«Il poeta immagina l’incontro impossibile di tutte le eroine di Euripide, convocate a Micene da Cassandra alla vigilia delle sue nozze con Agamennone, l’uomo che fu responsabile della distruzione di Troia e della rovina della sua famiglia.
Ecuba, Fedra, Medea, Agave, Andromaca, Alcesti, Elettra e la giovane Ifigenia si confrontano sulle proprie tragedie, in un serrato dialogo che coinvolge Euripide, il loro autore, e il messaggero Taltibio.
Con la figura della donna il Poeta ha rivelato veramente un mondo nuovo, esprimendo l’essenza più intensa dell’animo umano in continuo conflitto fra istinto e ragione, tra natura e legge alla ricerca di un perduto equilibrio. C’è un ansia che pervade tutta la drammaturgia di Euripide, un disperato bisogno di reperire un principio di ordine nel disordine, miseria e contraddizione delle vicende umane. Il teatro da sempre è stato specchio del tempo in cui nasce, così è per questo testo, così è per il dolore che oggi devono vivere i nostri contemporanei tra le mure sbrecciate dai colpi di mortaio, così è anche per l’assenza della profetessa, di colei che tace».
Tutti gli spettatori aspettano Cassandra, ma lei non arriverà mai in scena.
Per finire ecco la reazione dell’autore alla messa in scena della figura di Ildegarda, ma vale, sono sicuro, anche per “Tutte a Cena da Cassandra: “Ancora oggi, come nelle epoche più arcaiche, che alle risorse della femminilità dobbiamo ricorrere non solo per nascere ma per rinascere ogni giorno che ci aspetta. È questo che Silvana Strocchi ha inteso: e di tanto le sono profondamente grato».
Dubrovnik, autunno 1999, Grytzko Mascioni.