La rassegna “I monologanti”, fiore all’occhiello del teatro della Valposchiavo, vive un momento di difficoltà. Iniziata nel 2018, ha dapprima subito una battuta d’arresto per la pandemia e poi è stata recuperata la fine stagione 2019-2020 con un mini-programma di 4 spettacoli nella primavera del 2022. Nella stagione del 2022-2023 è stata infine dimezzata, il che ha imposto alla sua ideatrice e organizzatrice, Begoña Feijoo Fariña, un drastico ripensamento, insieme all’annuncio che “I monologanti” non sarà più organizzata da Casa Besta. L’abbiamo raggiunta per fare il punto della situazione e capire come e se esiste un futuro per questa importante stagione teatrale.
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Buongiorno Begoña, puoi spiegarci come è nata la rassegna “I monologanti”?
La rassegna è nata dopo che sono entrata a far parte della commissione di gestione di Casa Besta, nel 2018. Quando Arianna Nussio, che ricopriva il ruolo di organizzatrice eventi, mi propose di succederle, dissi subito che l’avrei fatto volentieri, ma le mie competenze erano ridotte ai campi del teatro e della letteratura. Non avrei saputo allora, e probabilmente neanche oggi, organizzare eventi dall’impronta puramente storica o di arti plastiche. Avevo però la fortuna di conoscere un po’ il panorama teatrale italiano e di aver collaborato per diversi anni con il Festival Internazionale del Teatro di Lugano, il che mi aveva permesso di acquisire competenze in ambito organizzativo. È così che è nata la rassegna, come somma di un’opportunità e di competenze acquisite negli anni.
Le uniche perplessità iniziali della commissione riguardavano l’aspetto finanziario, ma io avevo da subito dato la mia disponibilità a trovare i fondi necessari e offrire il mio lavoro come contributo gratuito finché e nella proporzione necessaria.
Funzionava, dunque, dal punto di vista finanziario?
Diciamo che i primi due anni sono stati, sotto questo aspetto, più semplici.
Ho alle spalle una pluriennale storia di frequentatrice di festival, ovviamente a mie spese, il che mi ha garantito, da una parte, di avere una grande rosa di spettacoli tra cui scegliere e, dall’altra, di poter talvolta contare su condizioni… diciamo di favore.
Quasi subito ho però dovuto eliminare la visione di spettacoli nei festival, trattandosi di un investimento a perdere. Non potevo contare su rimborsi, come solitamente accade ai direttori artistici, e ogni spesa ricadeva su di me. Dovendo già lavorare sottopagata non mi era più possibile affrontare tali spese, il che ha ridotto di anno in anno la rosa di spettacoli da proporre.
Quest’anno, inoltre, avevamo pensato a una stagione molto ambiziosa, per cui i cachet erano piuttosto alti.
Dal punto di vista della quantità di pubblico le cose andavano, e vanno, piuttosto bene. Se nella prima stagione avevamo raggiunto solo in un paio di occasioni i 20 spettatori, nelle ultime due abbiamo spesso superato i 40, con picchi di più di 50 in rare occasioni.
Possono sembrare numeri bassi, ma nella mia vita da spettatrice ricordo diverse occasioni a Lugano o Milano con un pubblico simile. Direi che, vista la popolazione della valle, abbiamo di che essere fieri.
Quali problemi ti hanno indotto a fermare la rassegna in anticipo quest’anno?
Si è trattato di una combinazione sfavorevole: da un lato abbiamo registrato un aumento dei costi, dall’altro una diminuzione delle entrate.
Nell’ambito del sostegno privato, per esempio, non abbiamo potuto contare sul finanziamento di Repower, che per politica aziendale non sostiene più di un progetto per anno dello stesso ente. Come Casa Besta risultavamo già beneficiari del sostegno per la mini-rassegna “di recupero” della primavera del 2022, quindi è saltato il contributo per la stagione 2022-2023. I costi, a causa degli spettacoli scelti, sono aumentati, il contributo del comune di Brusio è rimasto invariato, il lavoro era molto di più e alla fine abbiamo dovuto arrenderci all’evidenza che, sognare è bello ma ogni tanto le sveglie suonano e bisogna svegliarsi… cancellando più di mezza stagione.
Quindi, in termini di sostegno pubblico, come è finanziata la rassegna?
Circa il 10% dei costi viene coperto dal Cantone. Il Comune di Brusio attribuisce a Casa Besta, per l’organizzazione degli eventi, un forfait complessivo di 2.500 franchi, anche se per eventi particolari possono essere presentate richieste speciali (come avvenuto per esempio in occasione dei festeggiamenti per i 20 anni dal restauro). Complessivamente, quindi, si può raggiungere un 15-17 % di copertura dei costi tramite finanziamento pubblico, il che è evidentemente insufficiente a garantire la sopravvivenza di qualunque iniziativa culturale messa in atto da professionisti.
Fortunatamente, per la rassegna 2022-2023 abbiamo potuto contare sulla generosità del Comune di Poschiavo.
In passato, non avevo mai incluso il comune di Poschiavo nella ricerca fondi per la rassegna, la ritenevo infatti un’iniziativa “comunale”, essendo Casa Besta un bene pubblico del comune di Brusio. A seguito del comunicato stampa che informava dell’annullamento di gran parte della stagione, la Commissione Cultura di Poschiavo si è detta disposta a ricevere una richiesta fondi per verificare se fosse possibile coprire i costi di almeno uno spettacolo. È grazie a questa disponibilità che abbiamo potuto riprogrammare Stasera sono in vena di Oscar De Summa, potendo alla fine realizzare tre spettacoli sui sei inizialmente ipotizzati.
Dopo la comunicazione dell’annullamento, sei stata contattata anche dal comune di Brusio?
Purtroppo, no. Devo dire che, dopo essere stata costretta a dichiarare il dimezzamento della stagione, mi sarebbe piaciuto. D’altra parte, sono consapevole che la stagione teatrale di Casa Besta non ha suscitato un grandissimo interesse all’interno del Consiglio Comunale di Brusio. In 4 stagioni non ricordo più di due o tre presenze di membri del consiglio in sala, contrariamente a quanto accade da tempo con la Commissione Cultura di Poschiavo, di cui abbiamo quasi sempre almeno uno o due membri tra il pubblico.
Viste queste poco rosee premesse, come credi che si potrà proseguire?
Con la fine della scorsa stagione si è chiusa anche la mia parentesi nella commissione Casa Besta, che ho lasciato per due motivi. Innanzitutto, non avevo più abbastanza tempo. Nonostante avessi un ottimo rapporto con i colleghi della Commissione, iniziavo a considerare le energie spese troppo poco valorizzate a livello comunale, percependole come… diciamo “mal investite”. D’altra parte, trasferendo la mia residenza da Brusio a Poschiavo, si è trattato anche di un atto dovuto.
La rassegna di teatro è però ormai una presenza fissa e importante per la vita culturale della valle, per cui non mi è possibile pensare che si chiuda. Ho la fortuna di avere un’amica e collega come Chiara Balsarini, che si è detta disposta a portare avanti l’iniziativa insieme a me. Sarà dunque la compagnia inauDita a proseguire, in collaborazione con Casa Besta, di cui useremo gli spazi, l’organizzazione de I monologanti.
Chiara si occuperà soprattutto della direzione artistica del settore infanzia e porterà avanti, per questo primo anno, gran parte del lavoro organizzativo, essendo io al momento troppo impegnata con il festival letterario.
Sappiamo che si tratta di una questione delicata e difficilmente realizzabile, ma speriamo che I monologanti possa un giorno diventare la prima stagione teatrale comunale del Grigioni Italiano. Forse, con il tempo, diventerà possibile istaurare un dialogo con il comune di Brusio, da cui non ci dispiacerebbe ricevere mandato per la realizzazione della rassegna stessa.
Non hai mai pensato ad attrarre i turisti, magari puntando anche sul teatro di figura?
Nella mini rassegna 2022 c’era Paloma, uno spettacolo anche di figura. Nella rosa di quelli scelti da Chiara per il prossimo anno ce n’è uno con caratteristiche simili. Questa scelta però non ha nulla a che fare con la possibilità di attrarre o meno i turisti.
Come organizzatrice di eventi culturali divido ciò che organizzo in due insiemi diversi, seppur talvolta intersecati. Esistono gli eventi strettamente dedicati alla Valposchiavo e ai suoi abitanti e quelli pensati anche per un pubblico di “turisti” culturali. Mentre il Festival “Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo” appartiene alla seconda categoria, la rassegna teatrale è pensata come servizio alla popolazione della valle. Per questo, motivazioni di carattere turistico non devono influenzare la scelta degli spettacoli. Questo non significa che molte delle cose che proponiamo non siano fruibili anche da turisti (abbiamo per esempio una buona fetta del nostro pubblico che viene dalla Valtellina), ma solo che non è il valore turistico il motore dell’iniziativa I monologanti.
Quale sarà il luogo dove gli spettacoli verranno rappresentati?
Sempre a Casa Besta, come dicevo prima, nell’ambito di una collaborazione in cui Casa Besta fornirà gli spazi. Questo ci permetterà di non intaccare il carattere della rassegna, che è ormai legata anche allo spazio in cui avviene. Fortunatamente, la Commissione, con la quale c’è sempre stata un’ottima intesa, ama la rassegna e ha accettato di continuare a fornire gli spazi per la rappresentazione degli spettacoli scelti.
Come funzionerà dal punto di vista finanziario?
Allo stato attuale il tutto può funzionare soltanto fino a quando noi offriremo volontariamente tra il 50 e l’80 per cento del lavoro effettuato, finché cioè metteremo la nostra voglia di fare qualcosa per la comunità davanti alle nostre esigenze personali e di sopravvivenza finanziaria. Idealmente, un sostegno più organico, come quello garantito da un mandato su più anni, potrebbe assicurare un futuro, una continuità e una stabilità alla rassegna, oltre ad essere un segnale di riconoscimento della professione di chi ci lavora.
Ritieni che il tuo lavoro sia sostenuto e apprezzato dalla popolazione?
Sì, molto. Da questo punto di vista mi sento davvero fortunata. Mi capita che persone che conosco appena e che magari nemmeno frequentano gli eventi che organizzo, mi fermino per strada per ringraziarmi del lavoro che svolgo per la valle. Nonostante le grandissime difficoltà finanziarie, mi ritengo molto fortunata a fare quello che faccio proprio qui. Le dimensioni della comunità mi permettono uno scambio umano reale e costante, grazie al quale mi è possibile rigenerare la volontà, talvolta vacillante. Certo, con i grazie non si paga l’affitto, ma aiutano a dare un senso alle difficoltà.