In vacanza al mare, lo scorso mese di luglio. Dopo due giorni di scirocco, sull’acqua, in prossimità della riva, galleggiano pezzi di plastica: tappi di bottiglie, brandelli e frammenti trasparenti e colorati, barattoli, residui di imballaggi, corde. Un politico dell’opposizione, in vacanza a pochi chilometri, pubblica una foto sui canali sociali: l’immagine della sua mano che stringe un ammasso di pezzi di plastica raccolti tra le onde. Immediata la reazione dell’amministrazione locale, rimbalzata sui quotidiani nazionali: “Lei è un incosciente e un ignorante: un ignorante perché non si è accorto che non si tratta di plastiche, ma di alghe, e un incosciente perché mette a repentaglio la stagione turistica diffondendo immagini negative del nostro bellissimo litorale”. E bla bla bla.
Mi viene da dire che non è certo nascondendo la testa sotto la sabbia – e dunque fingendo di ignorare il problema – che sarà possibile sconfiggere l’inquinamento da plastiche e microplastiche, divenuto uno dei flagelli che affliggono i mari di tutto il globo.
Dal mare ai laghi
Stando all’organizzazione svizzera Oceancare, circa nove milioni di tonnellate di plastica vengono disperse ogni anno nei mari del pianeta, di cui 230’000 soltanto nel Mediterraneo. Le microplastiche sono pericolose poiché possono essere facilmente ingerite dagli esseri marini, entrano nel ciclo alimentare e finiscono anche nel nostro organismo (infatti si trovano ormai anche nel sangue umano). E si prevede che il tasso di inquinamento da plastica che entra nell’oceano aumenterà di circa 2,6 volte entro il 2040.
Ma l’inquinamento da plastica non si limita ai mari. Un recente studio internazionale, coordinato da ricercatrici dell’Università di Milano Bicocca, ha analizzato le acque di 38 laghi in 23 diversi paesi. Tra i laghi in cui è stata evidenziata la maggior contaminazione da detriti di plastica, si trovano importanti fonti d’acqua potabile come i laghi Maggiore e Ceresio.
Da Ginevra a Basilea
Misurazioni effettuate nel 2019 hanno rivelato che nel lago Bodamico entrano ogni anno circa 55 tonnellate di materie plastiche. Quel bacino ne contiene già oggi quasi 600 tonnellate.
Uno studio commissionato dall’Ufficio federale per l’ambiente a affidato al Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (EMPA), ha rivelato che in Svizzera, ogni anno, vengono disperse, nelle acque e nei terreni, 14’000 tonnellate di plastica. L’inquinamento da microplastiche, nelle acque svizzere, è in alcuni casi pari a quello registrato nei mari: a Basilea, le acque del Reno ne contengono, per ogni chilometro quadrato, oltre 230’000 particelle, e il Rodano ne porta verso il mare, ogni giorno, oltre 10 chilogrammi.
Un paese di plastica
Ogni anno in Svizzera viene trasformato un milione di tonnellate di materie plastiche, sia per realizzare prodotti di breve durata, come imballaggi o stoviglie monouso, sia per produrre merci con una durata di vita più lunga, come telai per finestre o parti della carrozzeria delle automobili. Ogni anno nel nostro paese vengono smaltite 780’000 tonnellate di plastica.
Circa il 90% della plastica utilizzata in Svizzera viene “termovalorizzata”, cioè bruciata. Solo il 10% viene riciclata. Ciò che rende difficoltoso il riciclaggio è la presenza di molti tipi diversi di plastica – alcuni riciclabili, altri no – spesso combinati tra loro, e l’aggiunta di sostanze che ne migliorano l’elasticità, o la durezza, o la resistenza, ma ne impediscono il recupero.
L’abrasione degli pneumatici – che ora il Consiglio federale vorrebbe diminuire, reagendo a una mozione parlamentare – provoca quasi 9000 tonnellate di microparticelle che vengono disperse nell’ambiente. E anche l’abitudine di gettare per terra rifiuti di plastica fa la sua parte: 2700 tonnellate l’anno. Produciamo, annualmente, 125 chilogrammi di rifiuti di plastica pro capite.
Riutilizzare e riciclare
Secondo l’Associazione riciclatori della plastica svizzeri, il potenziale di frazioni facilmente riciclabili di plastiche miste provenienti da nuclei famigliari è di 112’000 tonnellate all’anno. Nel 2022 in Svizzera sono state raccolte e riciclate 9400 tonnellate di plastica, 850 in più rispetto all’anno precedente. Ma questo risultato, ottenuto grazie all’adesione di 150 comuni – tra cui Poschiavo – è ancora insufficiente: per giustificare la costruzione di un centro nazionale di smaltimento occorre raggiungere almeno le 20’000 tonnellate.
Qualche barlume di speranza? Sì, la lettera d’intenti presentata pochi giorni fa dall’organizzazione mantello Swiss Recycling. Firmata da 70 marchi, dichiara la volontà di riciclare, entro il 2030, oltre la metà degli imballaggi di plastica o cartone per bevande. Se non si rivelerà una ennesima operazione di greenwashing, potrebbe indicare nella giusta direzione.
Il chimico e Dio
La prima plastica è nata nel 1907, tuttavia la grande espansione della produzione si ebbe intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso. Fu un brillante chimico ligure, Giulio Natta, poi insignito del premio Nobel per la chimica, a sviluppare il polipropilene, una materia che rivoluzionò il mercato mondiale. Battezzata Moplen, quella plastica fece dell’Italia un leader del settore. All’epoca, qualcuno scrisse che Natta aveva inventato “la materia che Dio si era dimenticato di creare”. Visto come sono andate le cose – produciamo oggetti di plastica come i sacchetti della spesa, che usiamo in media per 12 minuti ma che possono restare nell’ambiente per mezzo millennio – forse oggi ci asterremmo dal fare simili affermazioni.
Riusciremo a invertire la rotta?
Certo, sarebbe difficile oggi concepire il nostro mondo senza la presenza della plastica. E sarebbe miope negare i benefici derivanti dall’uso di questi materiali. Ma sarebbe altrettanto sbagliato ignorare i pericoli per la salute – del mondo vegetale, animale e dell’umanità – rappresentati dalla plastica. “La plastica è un materiale relativamente giovane”, ha scritto un divulgatore scientifico, il cui approccio è caratterizzato da un certo ottimismo, “e la storia del progresso scientifico ci insegna che la scoperta dei materiali innovativi impiega del tempo per trovare la giusta collocazione nel mondo”. Mi permetto di aggiungere l’auspicio che la plastica trovi la sua giusta collocazione… prima che il mondo sprofondi sotto il peso dei suoi detriti.