Uno degli esponenti più immaginifici dell’alpinismo contemporaneo, Hervé Barmasse, sabato 21 ottobre ha allietato il pubblico intervenuto alla palestra delle scuole comunali Brusio. L’evento, fortemente voluto dalla Sportiva Palü Poschiavo (SPP) per il centenario del sodalizio, era stato rinviato causa Covid nel 2020, ma con grande volontà montagnina della SPP si è potuto riproporre quest’anno. Il nostro Bruno Raselli ha intercettato poco prima dell’evento Hervé Barmasse per un’intervista esclusiva per i lettori de Il Bernina.
Nato a Valtournenche (Valle d’Aosta) da padre alpinista (Marco Barmasse), il classe 1977 Hervé ha seguito la secolare tradizione di guide alpine della sua famiglia. Barmasse, che è maestro di sci dal 1996 e di snowboard dal 1997, guida alpina del Cervino dal 2000 e istruttore nazionale delle guide alpine dal 2007, ha esordito nell’intervista spiegando come si pone davanti al suo sport. “La mia passione per la montagna nasce grazie a un padre, un nonno e un bisnonno che già l’avevano, – spiega il pluripremiato alpinista – io in fondo non ho fatto niente, devo tutto a loro. Se vogliamo, il mio unico merito è di aver colto al volo quest’opportunità, ma non è uno sport che consiglierei proprio a tutti. L’alpinismo in solitaria è una sfida con se stessi e mette in gioco la propria vita, bisogna esserne consapevoli e prepararsi a dovere per affrontarla”.
Le montagne di casa a cui è affezionato Hervé Barmasse sono quelle delle Alpi dell’Ovest (Cervino, Monte Rosa, Monte Bianco), ma nella sua carriera l’alpinista ha effettuato molteplici spedizioni di successo in tutti i continenti, alcune per scalare tanti dei famosi 8’000 (in Pakistan, in Patagonia, in Nepal).
“La paura nel mio sport dev’esserci, ma non deve sfociare nel panico, – prosegue Barmasse – la paura serve perché in realtà ti da il metro del giudizio, quello che ti fa fare un passo indietro o rinunciare ad una salita se i rischi sono troppo alti. Ai giovani che si approcciano all’alpinismo mi sento di dire di non farsi scoraggiare dalla fatica, dalle rinunce, dalla preparazione, perché sono ampiamente ripagate da quello che si prova in questo sport. La bellezza è che chiunque può provare da subito le emozioni di un professionista, la parte emotiva è molto molto forte e intensa e quindi ben venga la fatica che ci permette di esplorare il nostro potenziale, punti forti e deboli”.
Nel corso della serata a Brusio lo sportivo valdostano ha parlato di alcune esperienze che gli hanno cambiato la mia vita sia come alpinista professionista, ma, soprattutto, come uomo. “I premi ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre – ha concluso – ma i ricordi e le emozioni, gli aneddoti di vita sono quello che rimane nel cuore per tutta la vita”.
Testo Ivan Falcinella, video Bruno Raselli