Dietro le quinte di “La Grande Magia”: Intervista con il regista Valerio Maffioletti a pochi giorni dalla prima

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Mancano ormai pochi giorni – il 23 febbraio la prima alle 20.30 presso il Centro Parrocchiale di Poschiavo – allo spettacolo della Filodrammatica poschiavina, l’opera presentata sarà “La Grande Magia” di Eduardo De Filippo per la regia di Valerio Maffioletti.

Il Bernina si è “intrufolato” durante le prove dello spettacolo con la sua fotografa Maria Svitlychna e ha chiesto qualche dettaglio in più al regista.

Valerio, che tipo di spettacolo sarà “La Grande Magia”?
Uno spettacolo divertente e amaro, pieno di poesia, ironia, voli di fantasia e scontri con il muro della dura realtà. Uno spettacolo dove l’istinto di conservazione, mascherato con l’arte della sopravvivenza, dell’inganno, del cinico sfruttamento della dabbenaggine umana, si alterna a momenti di autentica pietà e compassione per la sorte umana.

Cosa l’ha spinta a scegliere proprio questo pezzo? Come funziona la scelta di cosa portare in scena?
Come si scegli un pezzo? A volte può succedere che avvenga il contrario: non sei tu che trovi il pezzo, ma è lui che ti cerca e ti stana. È lì, è sempre stato lì: tu ti aggiri tra fogli, copioni, storie, situazioni, austere, comiche, surreali, grottesche, ma lui era lì, che ti osservava divertito.
Ma andiamo con calma, senza fretta, come quando si va in montagna. Già. Perché se si ha impazienza di arrivare in cima, si corre il rischio di non guardarsi attorno e godere del paesaggio che ci circonda. Dunque, passi lenti e respiro profondo.

Dunque, parliamo di scelta. Di solito si valutano prima le risorse umane (attori disponibili, maschi e femmine, risorse economiche, il tempo, lo spazio a disposizione, la sala prove, le dimensioni del palco, la dotazione illuminotecnica ecc.). Poi si “tasta” il momento della situazione con il termometro sociale: a che punto siamo, di cosa avremmo voglia oggi: quali riflessioni sul nostro tempo, cosa ci farebbe bene oggi ascoltare, di quali emozioni, sentimenti avvertiamo la mancanza. Di solito si chiede al regista di scegliere “qualcosa di divertente, ma con un pizzico di serietà” …divertente già questa premessa. Cioè noi vorremmo che la nostra vita sia sempre così: fondamentalmente leggera, ma con un “pizzico” di gravità. Giusto! Cià che firmo! Vale a dire che se il pubblico ride, si diverte e però il pezzo non ti lascia quel “retrogusto” di amarognolo, e beh…

Inizia così la ricerca del testo che si adegui a tutte queste richieste, giuste e sacrosante, ma, insomma, mettetevi nei panni miei, gentili e pazienti spettatori!! Ore e ore di letture e scartocciamenti; immedesimazioni nei personaggi, immaginando a quali attori e attrici, più si confanno i ruoli; entusiasmo e rigetto, poi, molla lì e vai a farti un giro per sgombrare la testa. E ancora ricominciare… intanto arrivano le adesioni dei futuri componenti della compagnia: io si, io no, io vorrei ma non posso, io sarei in quel periodo di prove al mare, io sul monte, io ci sarei ma mi serve un anno sabbatico per impegni di lavoro…

Dopo questa premessa, care spettatrici, e mi rivolgo soprattutto a voi in quanto donne, capite bene che a un certo punto, bisogna metter un punto, appunto! Insomma: mica possiamo stare in ballo tutto la vita: io ho altre cose da fare, organizzarmi per la casa, la famiglia…! Ecco che allora, la scelta del pezzo accade per “magia”: come altrimenti spiegare quello strano precipitarsi di eventi fortuiti, che non avevi previsto e che, all’improvviso, ti si presentano, lievi e carichi di promesse, ad annunciarti il lieto evento! Sono io, sono qui! È me che cercavi! Ecco allora profilarsi all’orizzonte la nascita di un nuovo spettacolo, di un nuovo evento!

Una “magia” dunque. Ma, in questo caso, di una “grande” magia. Perché La Grande magia è proprio il titolo di uno delle più divertenti e amare commedie che il maestro Eduardo De Filippo abbia scritto e ci abbia lasciato in eredità.

Dice Giorgio Strehler (che ne mise in scena un adattamento, al Piccolo Teatro di Milano nel 1984): «Un testo sconvolgente, soprattutto pensando che è stato scritto nel ’48 e rappresentato nel ‘49, quindi subito dopo il disastro della seconda guerra mondiale».

La vicenda parla di amore: amore condiviso, amore rinnegato, amore rubato, amore pentito, rifiutato e idealizzato, parla di umanità cinica che gode delle disavventure degli altri, di grande compassione per le piccole-grandi fragilità umane.

I protagonisti sono due: Calogero di Spelta, marito tradito, e Otto Marvuglia, sedicente mago ipnotista e manipolatore. Due aspetti di un unico personaggio (tant’è vero che lo stesso De Filippo amava indossare i panni ora dell’uno, ora dell’altro). La vicenda è ambientata nei pressi del mare di Napoli.

In questo spettacolo, tradotto in italiano, si percepisce la sensibilità dell’autore, tutta calata nella realtà popolare e insieme legata alla tradizione colta, tale da suggerire il ricordo della poesia, della canzone, del teatro di Napoli.

Si diceva che le sue commedie non avrebbero mai oltrepassato i confini di Napoli; non solo, ma che, senza di lui a recitarle, esse avrebbero ulteriormente perduto in capacità comunicativa. Ma ecco che, a smentire le profezie, egli è diventato l’autore drammatico più rappresentato nel mondo. Le sue commedie hanno valicato i confini sia di Napoli, sia dell’Italia; sono state recitate con enorme successo a Parigi, a Londra, Mosca, in Canada.

Foto di Maria Svitlychna durante le prove

Quali sono state (se ci sono state) le maggiori difficoltà per realizzare lo spettacolo?
L’approccio al testo ha richiesto molte ore di studio e approfondimento, la messa in scena poi, la scelta dei brani musicali, delle canzoni, l’adattamento di alcune scene, la realizzazione degli oggetti di scena. Ma, devo dirlo, ci siamo sempre trovati a condividere con gioia tutti questi momenti, anche se hanno comportato molta fatica.

Ha una frase, un pensiero, per invogliare i nostri lettori a venire ad assistere a “La grande magia”?
Se vi piacciono le gite lungo i sentieri dell’anima, se vi piace provare emozioni, riscoprire sentimenti, divertirvi rispecchiandovi nelle nostre debolezze umane, commuovervi e ridere, beh… noi ci siamo! Anzi vi aspettiamo, per un aperitivo, sulla terrazza dell’Hotel Metropol, dove…

A tramonto inoltrato, in primissimo piano, a sinistra, intorno a un tavolo, giocano a carte quattro clienti: la signora Locascio, la signora Marino, la signora Zampa e la Signora Cucciniello. Al lato opposto, in primo piano a destra, Gervasia Penna, tutta sola, sorseggia il suo caffè, mentre sfoglia una rivista. Ad un altro tavolo, un po’ più presso all’entrata dell’albergo, in conversazione di scarso interesse, si trovano Arturo Recchia e Amelia, sua figlia. Amelia è un tipo esile, leggero, tutt’occhi. I suoi gesti sono infantili come infantile è la sua voce, facile al riso come facile al pianto…

Ivan Falcinella
Membro della redazione