Santo Cielo. La rabbia dei contadini

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I contadini europei sono in subbuglio, protestano, bloccano le strade, ritengono che ci sia scarsa considerazione per il compito principale dell’agricoltura, ovvero la produzione di cibo per fornire a tutti “il pane quotidiano”. Mediante striscioni, esposti sui trattori e lungo le strade, ribadiscono – in Italia, come in Francia, Germania, Belgio, Polonia e Spagna – “Noi siamo i tutori del paesaggio”, “Difendiamo l’uomo e la sua terra”, “Senza contadini, moriremo di fame”.

Ragioni del malcontento

Gli agricoltori criticano le politiche europee, i tagli ai sussidi sul gasolio, ritengono che il “Green Deal” europeo – una serie di misure varate per rendere più sostenibile e meno dannosa per l’ambiente l’agricoltura – sia eccessivamente ambientalista e poco attento alle necessità dei lavoratori, sono arrabbiati perché i costi di produzione continuano a salire, mentre i prezzi per i prodotti agricoli sono troppo bassi, i guadagni ristagnano e le importazioni di prodotti dall’estero rappresentano una concorrenza sleale.

L’Europa fa marcia indietro

Nel frattempo, Bruxelles, spaventata dalle proteste, ha fatto marcia indietro, rimangiandosi il regolamento sui pesticidi (che prevedeva la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici entro il 2030) e l’obbligo, per gli agricoltori europei, di lasciare incolto il 4 per cento dei propri campi, in modo da stimolare la biodiversità dei terreni. Ma, malgrado ciò, le agitazioni non si sono placate.

Bisogna concludere che i contadini europei siano insensibili alle problematiche ecologiste? Apparentemente la risposta è affermativa. Ma è la domanda, mal posta, a essere fuorviante.

Il problema sono le disuguaglianze

L’economista Thomas Piketty, su “Le Monde”, ha infatti mostrato comprensione per le proteste dei contadini individuando nelle gravi disuguaglianze esistenti nel settore agricolo l’origine del malcontento. “Il reddito medio, nel settore, risulta essere di 56mila euro”, ha fatto notare (il dato è riferito alla sola Francia), “ma sappiamo che il 25 per cento degli agricoltori supera i 90mila euro e che il 10 per cento va oltre i 90mila […] All’altro estremo della scala, il 10 per cento con redditi più bassi arriva a meno di 15mila euro, quindi in molti casi ben al di sotto del salario minimo”. Sono queste disuguaglianze, sostiene Piketty, a suscitare rabbia e frustrazione. In particolare, lo scontento trova terreno fertile tra chi si ritrova con una previdenza sociale scarsa, è comunque costretto a fare grossi investimenti e non riesce a mettere da parte risparmi.

La situazione in Svizzera

Considerazioni simili sono state espresse recentemente anche dal pastore riformato Andrì Kober, nel Canton Berna, mediatore e presidente della linea telefonica di assistenza agli agricoltori, un servizio ecumenico di consulenza. “L’aspetto finanziario è la principale preoccupazione degli agricoltori”, afferma. Secondo Kober, i contadini dipendono dai pagamenti diretti del governo federale e sono alla mercé dei prezzi praticati dai grandi distributori.

Senza pilastri e pensioni base

Il punto è che più un’azienda agricola è grande, maggiori sono le sue possibilità di sopravvivenza. È una constatazione confermata anche dalle statistiche: in Svizzera, il numero di piccole aziende agricole si sta riducendo da anni. I piccoli agricoltori svizzeri sono quindi sottoposti a crescenti pressioni finanziarie. La loro associazione afferma: “Oltre il 70% delle agricoltrici e oltre il 55% degli agricoltori non hanno attualmente un secondo o un terzo pilastro”. Inoltre, i loro redditi pensionistici sono tra i più bassi della Svizzera.

Eppur si muove

Finora, in Svizzera, non abbiamo visto situazioni paragonabili a quelle verificatesi nei Paesi limitrofi. Ma il clima sta rapidamente cambiando e la protesta monta. Del resto, i segnali del malessere sono presenti da tempo e si esprimono ad esempio nell’alto tasso di “burn out” che si registra tra i contadini, a livello nazionale (un fenomeno presente anche nei Grigioni). E forse qualcuno ricorderà, poco prima della pandemia, il grido di allarme provocato dal numero di suicidi nelle fattorie dell’altopiano svizzero. Se i trattori non rombano ancora, sulle nostre strade, come all’estero, squilla però con preoccupante intensità il telefono: Andrì Kober riceve mediamente 150 chiamate l’anno. Di contadini sfiduciati, che non ce la fanno più.

È tempo di rivalutare l’importanza di un approvvigionamento sicuro di cibo sostenibile, di acquistare prodotti locali, e di prendersi cura della propria agricoltura a lungo termine.