Santo Cielo. Immigrazione che fare?

0
180

Ogni giorno siamo confrontati con il tema della migrazione. Guerre, carestie, fame e persecuzioni, spingono milioni di persone a cercare un luogo dove poter vivere diverso da quello in cui si trovano. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il numero di persone sfollate nel mondo a causa di conflitti e violenze ha raggiunto la cifra record di 114 milioni. 

I migranti eravamo noi
È cronaca quotidiana, ma è il caso di dire – come ricorda il libro biblico del Qoelet –, che “non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Nella Svizzera italiana, tanto per non andare lontano, sappiamo bene che cosa abbia significato avere fame, non avere lavoro, e dunque emigrare. È storia di poco più di un secolo fa. Ce lo ricorda in questi giorni la mostra sui pasticcieri, inaugurata a Poschiavo. Ce lo ricorda quel capolavoro che è “Il fondo del sacco” di Plinio Martini. E non tutti sono tornati aricchiti, anzi: come ammonisce una commovente sezione della mostra di Palazzo Mengotti, molti sono stati i “falliti”, quelli di cui non si è saputo più nulla, che sono stati inghiottiti dal destino avverso.

Un problema umano
Oggi, altre popolazioni si mettono in movimento, per terra e per mare, allo scopo di raggiungere la loro terra promessa: un tempo l’America, oggi l’Europa – le coste della Spagna, dell’Italia e della Grecia, innanzitutto. E prima ancora che un problema di sicurezza, quello che si presenta quotidianamente ai nostri occhi – a patto che li teniamo aperti – è un problema umano.

Tutti sulle barricate?
L’Europa cerca di limitare l’afflusso di profughi. Ma è possibile? Di fronte a questi “invasori” di nuovo tipo – privi di spada e senza alcun grido di battaglia – spinti dal miraggio di una vita migliore di quella che si lasciano alle spalle, il vecchio continente spera di riuscire a rendere invalicabili le proprie frontiere. Riuscirà in questo intento? La popolazione dell’Europa comunitaria occupa uno dei territori più ricchi e non rappresenta che il 7% circa della popolazione mondiale. Come potrebbe controllare gli oltre 65’000 chilometri di coste?

Che fare di fronte al fenomeno?
Cercare di contenerlo entro certi limiti, mediante misure di sicurezza, è necessario. Ma certamente insufficiente. E forse impossibile. E allora, innanzitutto, non bisogna venire meno al compito di preservare la dignità dei migranti, il cui destino è estremamente incerto, come i molti naufragi nel Mediterraneo non mancano di ricordarci in modo drammatico.
E non dimentichiamo che ciò che sta accadendo è anche conseguenza di un’economia predatoria basato sullo sfruttamento di interi continenti e di risorse naturali.

Prevenire è meglio che curare
Certo, i Paesi occidentali non sono responsabili della povertà e della miseria del mondo intero, ma solo l’aiuto allo sviluppo e la creazione di un’economia mondiale più equa potranno generare pace e contribuire a limitare i flussi di migranti. A lungo termine, l’Europa non riuscirà a resistere di fronte alla sete inesauribile di chi cerca semplicemente uno spazio dove vivere. Lo sviluppo solidale non è una bella idea, e nemmeno un’illusione buonista – come spesso e volentieri si dice –, ma è molto semplicemente una necessità per tutti.