Toc toc: l’ultima meravigliosa ed esilarante esibizione della Compagnia Ad Hoc

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Tante risate sì, ma anche tanta comprensione in una commedia sui disturbi ossessivo-compulsivi

Domenica 27 ottobre, alle ex scuole di Li Geri, è stata messa in scena, dalla Compagnia Ad Hoc, Toc Toc, una commedia teatrale del 2005 di Laurent Baffie. Sul palco gli ottimi Raffaele Alghisi, Rossella Barbato, Lara Franzini, Margherita Triacca Casa, Marco Triacca, Sofia Verri e lo stesso regista Marco Mirabella. I tecnici che hanno seguito la realizzazione dello spettacolo fuori dalle quinte invece Arianna Urbani e Paolo Spagnolo.

La segretaria di uno studio di psicologia, interpretata da Margherita Triacca Casa, inizia a ricevere alcuni pazienti per una visita su appuntamento. Ogni paziente soffre di un DOC molto marcato e -diciamo – stereotipato, (disturbo ossessivo-compulsivo, in francese TOC trouble obsessionnel compulsif). L’ingombranza esuberante e massiva di questi DOC innesca presto interazioni inevitabili tra i pazienti. Fra sindrome di tourette, ecolalia, misofobia, disturbo dell’ordine e DOC della ripetizione, i pazienti si scontrano con richieste impertinenti e bizzarre: parolacce e insulti involontari, fissazioni su igiene e simmetria, doppie ripetizioni di frasi: sono questi alcuni ingredienti che la commedia ha posto sotto la sofisticata e leggera luce dell’ironia, non volta a schernire ma a prendersi in giro, quella maniera sana che permette di fare i conti con se stessi e la propria realtà attraverso una consapevole risata.

Riconoscendo la ricchezza e le assurdità delle follie che li riguardano, i protagonisti hanno intrapreso un confronto meno superficiale, che li ha portati a chiedersi l’un l’altro i perché di tali disturbi, a conoscersi a vicenda e a considerare le ripercussioni esistenziali dei DOC. La sala d’attesa è ormai piena ma, annuncia la segretaria, il dottore tarderà ad arrivare: è rimasto bloccato in un’altra città a causa di un’inconveniente. Dopo un accenno di rinuncia, i pazienti restano nella sala d’attesa e instaurano un’autoterapia di gruppo, sfidandosi a superare uno ad uno, anche solo per un istante, o per una volta sola, quella piccola ma grande azione ossessiva che li imprigiona. Chi è ossessionato dai numeri e dalla precisione inizia ad essere approssimativo; chi ripete sempre due volte le proprie espressioni, per una volta se ne dimentica; chi è ossessionato dai germi, per una volta distratto, tocca l’altro senza poi lavarsi le mani. L’entusiasmo, la dedizione e la cooperazione dei pazienti, attenti a curarsi fra loro, ha distolto per un attimo l’ossessione verso se stessi, l’attenzione verso l’altro ha propriamente dis-tratto l’attenzione verso i loro rigidi schemi inconsci, disinnescandoli con la stessa naturalezza con cui si sono instaurati. Tutti i pazienti sono stati, almeno in parte, curati. Tranne uno: alla sindrome di tourette non c’è rimedio.

Il chiaroscuro della commedia si è sviluppato fra i toni d’allegria e leggerezza per l’accettazione di disturbi poi risolti, e fra i toni quasi spezzati di chi, quei problemi, come la tourette, non li potrà risolvere mai: condannato inesorabilmente alla solitudine e ad un certo isolamento sociale. Ma anche qui, nel concreto dramma esistenziale, apparentemente ineludibile, si fa spazio l’originale ironia della commedia. Quel paziente affetto da tourette era proprio lo psicologo dello studio che, sotto mentite spoglie, stava testando per bene la sua nuova segretaria: effettivamente, per lavorare nello studio di uno psicologo così, occorre davvero saper tenere la parte.

Spazio e tempo, categorie astratte ma non così tanto, hanno una forte valenza simbolica nella sala d’attesa in cui tutta la commedia si svolge. Il tempo d’attesa, infatti, è tutt’altro che passivo ma viene catalizzato dai pazienti nel tempo della loro crescita esperienziale, la quale, a sua volta, non può prescindere dallo spazio della stessa sala che è, piuttosto, un vario microcosmo in cui sfidare le proprie paure: sfida che rende la sala d’attesa una comunità ideale, in cui il riconoscimento dell’umanità di ciascuno e della simile condizione è chiave per la coesione sociale. Questa ultima data dello spettacolo, tra l’altro unica esibizione in territorio elvetico, ha visto una grande affluenza di pubblico che ha riempito tutta la sala e che è stato entusiasta per la bravura degli attori.