Sabato e domenica scorsi, il Teatro del Cioccolatino ha portato in scena La famosa invasione degli orsi in Sicilia, trasportando il pubblico in un mondo sospeso tra magia, avventura e riflessione. Un’occasione speciale per celebrare trent’anni di laboratorio teatrale, dando vita, con la freschezza e l’entusiasmo che solo il teatro fatto dai bambini può trasmettere, alla fiaba senza tempo di Dino Buzzati.
Con gioia Saveria Masa, operatrice della Pgi Valposchiavo, ha dato il benvenuto a una Sala parrocchiale gremita, sottolineando l’ottima riuscita di questa trentesima edizione del Teatro del Cioccolatino. Un’edizione che, dopo alcune annate post-pandemia segnate da una partecipazione più contenuta, quest’anno ha visto ben 23 bambini presentarsi ai casting del regista Valerio Maffioletti. Ma i piccoli attori non erano soli in scena: a supportarli, cinque genitori hanno condiviso il palco, mentre molti altri li hanno accompagnati dietro le quinte, dando vita a un grande sforzo collettivo. Con passione e impegno, insieme, hanno proposto al pubblico il racconto di Dino Buzzati dal titolo La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Maffioletti, che da anni insegna ai bambini a muovere i primi passi nel teatro, ha creato una comunità di crescita che non sembra riguardare solo la recitazione, ma anche la vita. Sul palco non ci sono solo bambini che diventano attori, ma persone che crescono insieme, imparando a sconfiggere paure e ansie, creando nuovi legami in un percorso che va ben oltre il palco.
La storia, quella de La famosa invasione degli orsi in Sicilia, è avvincente, piena di avventure e azione. Un gruppo di orsi, guidati dal loro re Leonzio, scende dalle montagne per cercare cibo, ma soprattutto per ritrovare Tonio, il figlio del re rapito anni prima. Un viaggio che li porterà a scontrarsi con il Granduca di Sicilia e a conquistare la città, grazie anche alla magia e all’ingegno del professor De Ambrosiis. Ma non tutto è come sembra. Col tempo, gli orsi si lasciano corrompere dalle usanze umane perdendo la loro innocenza e purezza. Ed è proprio con l’uomo che, sul finale, gli orsi vengono a scontrarsi. Ferito a morte in seguito a un combattimento, Leonzio esorta il suo popolo a ritornare sulle montagne per sfuggire alla decadenza. Così gli orsi seguono il suo ultimo desiderio, abbandonando per sempre la città e facendo ritorno alla montagna e alla salvezza delle proprie radici.
E mentre tutto ciò accade sul palco, tra magia, incantesimi, e creature straordinarie, quello che rimane più impressa è la bellezza di un mondo che sembra tanto lontano quanto vicino. I piccoli orsi parlano, ballano, cantano; hanno nomi evocativi come Leonzio e Tonio, nomi che richiamano l’antichità e le leggende della montagna. Non mancano poi maghi e incantesimi, capaci di trasformare cinghiali in palloncini o di salvare un orso ferito dalla morte.
E La famosa invasione non è solo una fiaba: qui si intrecciano anche temi più profondi, come il rapporto tra l’uomo e il mondo animale e la guerra, con le sue logiche assurde. È proprio seguendo le logiche assurde e violente della nostra specie che il Granduca manda il suo esercito a distruggere tutto ciò che circonda il suo regno. Anche in tempo di pace sarà poi l’umanizzarsi degli orsi – espresso tramite l’amore per gli abiti eleganti, il divertimento sfrenato, il gioco d’azzardo – a portarli a compiere azioni discutibili e a perdere la loro indole buona, ingenua e pura.
Elementi e avvenimenti, questi, sfortunatamente ancora attuali, che Buzzati aveva già messo in evidenza nel suo racconto, scritto nel 1945, e che Maffioletti traspone efficacemente con i suoi giovani attori su un palco arricchito da scenografie semplici ma suggestive, dal lavoro alle luci di Franz Bordoni e dagli incantevoli costumi, originalissimi, ideati da Anna Capelli.
L’unica via di salvezza per gli orsi, racchiusa nel messaggio finale di re Leonzio, è quella di abbandonare il mondo degli uomini e fare ritorno alle montagne per ritrovare l’innocenza e la bontà originaria degli orsi. Un messaggio che, come spesso accade nelle storie di Buzzati, non è solo un insegnamento morale, ma una riflessione più ampia, sull’umanità stessa: la purezza, l’innocenza, l’armonia con la natura sono le uniche cose che possono salvare l’uomo. Ma solo chi ha il coraggio di abbandonare il mondo degli uomini, con i suoi inganni e le sue ipocrisie, può davvero trovarle.
In tutto questo però, c’è un punto di vista che non possiamo dimenticare: quello dei bambini. Sono forse loro, che più di chiunque altro, sanno immergersi con naturalezza tra creature straordinarie e scenari fantasiosi, conservando, proprio come gli orsi di Buzzati, la capacità di vivere la fantasia in modo puro e naturale, godendosi il viaggio, certi che tutto sia possibile. Perché, come ci ricorda il Teatro del Cioccolatino, la vera magia sta proprio lì: nel momento in cui ci si permette di credere che tutto sia possibile, senza limiti, senza paura.