Venerdì sera, come la maggior parte dei ragazzi fuori valle sono in viaggio verso casa. Nei vagoni si respira un’aria tranquilla, a volte stanca, sempre palpabile è la voglia di arrivare a casa.
Ma oggi no. C’è qualcosa di diverso. Vicino a me siedono facce sconosciute e tratti famigliari di amici d’altre vallate… cosa strana per la tratta Samedan-Poschiavo delle 18. Cosa ancor più strana è la fermata a Cavaglia. Una stazioncina a 1700 metri di altitudine che tutti conosciamo, ma dove di norma nessuno scende. Qui il treno si svuota. Con il sacco in spalla ci dirigiamo verso la centrale, e poco lontano iniziamo a sentire la musica. Eccolo finalmente, l’Open Air Cavaglia! Personalmente, mi ha incuriosita fin dalla prima volta che l’ho sentito nominare, e l’ho atteso con ansia. Mentre i miei amici montano la tenda, faccio un turno alla cassa. Come prima edizione il volontariato è importante, ed è fantastico sentirsi parte di tutto ciò. In seguito mi godo la serata. Le band sul palco si alternano una dopo l’altra e, senza quasi accorgermene, spuntano le prime luci dell’alba.
Allo stesso ritmo vola la giornata di sabato, sonnecchiando sotto il tepore di un sole estivo d’alta quota, tentando un bagno alla cascata ma rinunciando perché non sono un’animale a sangue freddo e gustando le pietanze alla griglia dei nostri cuochi. Quando il sole scende, la musica riprende. Mi lascio trascinare dalle note e, guardandomi attorno, vedo che siamo in tanti. Alzo gli occhi al cielo, un cielo stellato che sembra voler fare la sua parte in queste notti magiche. Sento un contatto con la terra, con la nostra valle… un’appartenenza che spesso, noi giovani, non vogliamo sentire. Vogliamo andare via, sentirci parte di qualcosa di più grande, vivere il caos della città. Ed è giusto, ma trovo sia giusto anche ricordarci da dove veniamo, imparare ad apprezzare questa feritoia al sud delle alpi, apprezzare la gente, il verde e le strade in cui siamo cresciuti.
Tutto è partito da 5 giovani, 5 ragazzi che questo legame con Poschiavo l’hanno mantenuto, che con pochi mezzi ma tanto entusiasmo sono andati contro corrente, contro le tradizioni, e hanno fatto di questo sogno realtà.
Un Open Air che ha messo d’accordo tutti, anche i più scettici, quelli che coniugavano Open Air a trasgressione, disordini ed abusi.
Ora Cavaglia è stata riconsegnata alla sua tranquillità, e le uniche tracce rimaste sono quelle nei ricordi di chi quest’esperienza ha potuto viverla.
In tutti già la voglia di un’ edizione 2018.
Matilde Bontognali