La mostra dell’orso non ha suscitato interesse solo tra i turisti ed i curiosi, ma pure nelle scuole. Le scuole valligiane hanno presenziato con 20 visite per un totale di 369 allievi, 4 scolaresche da fuori valle (126 allievi) hanno pure reso visita a M13 mentre altri 498 scolari singoli hanno presenziato in visite individuali. Di seguito, ecco le esperienze maturate da due allieve della terza preliceale di Poschiavo guidate da Lino Compagnoni.
Le considerazioni di Francesca e Carolina
Orso: fascino o paura?
di Francesca Ferrari
Queste sono le domande che si sono posti anche i creatori della mostra poschiavina sull’orso. Che effetto avrebbe avuto una mostra simile a Poschiavo? Che reazione avrebbe suscitato nei suoi abitanti e nelle persone provenienti da fuori valle?
La storia è più lunga di quella che tutti conoscono
Entrando in questa mostra, il mio unico obbiettivo nonché desiderio era quello di vedermi finalmente faccia a faccia con il tanto dibattuto e discusso orso M13. Al primo piano del palazzo non trovo esposto il plantigrado, ma bensì una ricca mostra dedicata a lui e all’orso in generale.
Devo ammettere che non era ciò che mi aspettavo, ma ne è valsa la pena! Con le molteplici informazioni raccolte nei cartelloni, nei filmati, nelle registrazioni vocali e nei vari giochi da poter provare su questo tema, non c’è davvero tempo per annoiarsi.
In questo modo vien raccontata per filo e per segno, senza però annoiare i visitatori, la storia che pochi di noi conoscono. Si parte dal Medioevo, quando l’orso ed altri grandi predatori vivevano ancora liberamente sulle Alpi. Si continua con il loro brutale sterminio alla fine del 19°secolo, arrivando ai giorni nostri con i progetti e le idee pro orso, che mirano a riportarlo nei territori e nelle montagne di cui è legittimamente padrone. Questo crea e suscita ovviamente molti problemi e paure da parte delle persone che ora sono costrette a conviverci. Si scoprono così le tristi verità e le ingiustizie commesse nei confronti dell’orso.
Una parte di questa mostra è stata anche dedicata alla storia specifica di M13, di cui c’è molto da raccontare. Vengono trattate velocemente anche le caratteristiche dei vari orsi e le misure che sono state adottate nei suoi confronti in Svizzera come in altri paesi più colpiti da questo fenomeno.
La ciliegina sulla torta di questa visita ci aspettava però al secondo piano, con l’orso in carne ed ossa, (o meglio detto in pelliccia e artigli). Il quadrupede però non mi ha dato l’impressione che mi sarei aspettata da un orso “problematico” e “pericoloso” come lo era M13, mi ha dato piuttosto l’impressione di un animale triste, stanco di fuggire e desideroso di essere lasciato in pace.
Orsi e Valposchiavo
La Valposchiavo, come anche molte altre valli della Svizzera, erano da sempre un habitat perfetto per l’orso e infatti in valle si trovano ancora molti toponimi come al Tröc’ da l’ors, al Poz da l’ors o la Val Ursera; essi ci ricordano da sempre che questo animale ha fatto parte della vita della valle, come di quella delle persone che l’abitavano. L’orso presente su alcuni stemmi di famiglia ne dimostra la sua l’importanza.
Un tempo l’orso era rispettato tanto come temuto dalla popolazione, che viveva maggiormente nel fondovalle, lasciando ai grandi predatori i boschi, le montagne e i luoghi meno ospitali per l’uomo. Non vi erano grandi problemi perché le due specie si suddividevano il territorio, invadendo di rado quello dell’altro. Con il passare dei secoli però le persone cominciarono sempre più a colonizzare anche i territori più in alto costruendo cascine, alpeggi e lasciando mucche e pecore al pascolo. I boschi diminuivano e così anche gli spazi per i grandi predatori, le aggressioni dell’orso a scapito di animali da reddito aumentarono e anche una sola mucca in meno per una famiglia poteva significare patire la fame per mesi. I rischi erano troppo elevati, bisognava mettere l’uomo al primo posto e liberarsi dell’orso. Utilizzando trappole, attrezzi e metodi che oggi sarebbero sicuramente proibiti ed arrivando ad organizzare addirittura delle battute di caccia obbligatorie, finalmente l’orso scomparve dalla circolazione.
Uccidere un orso non significava solamente limitare i danni che poteva subire un contadino, ma portava anche un cospicuo guadagno per chi uccideva l’animale. Infatti, non solo la famiglia si teneva la carne e la pelliccia dell’orso, ma riceveva anche un premio in denaro.
L’ultimo orso in Svizzera venne ucciso nel 1904 nella val S-charl, dopodiché seguì un lungo periodo senza avvistamenti e i problemi riguardanti questo plantigrado cessarono. Nel 2009 però, gli orsi ricompaiono! Il progetto “life ursus”, con lo scopo mirato di reintrodurre questo animale, libera nel Trentino e nell’alto Adige degli orsi provenienti dalla Slovenia, e la storia ricomincia…
Flashback
Vedere in grandezza reale la famigerata “schiaccia” (trappola per orsi) utilizzata per la cattura dell’orso prima dell’invenzione dei fucili, poter accarezzare una vera pelliccia di orso e rendersi conto della sua morbidezza, osservare il teschio originale di M13, annusare gli odori dei cibi che mangia l’orso, riuscire a mettersi a confronto in grandezza reale con dei grandi predatori come la lince, il lupo, l’orso e poterli guardare negli occhi sono solo alcune delle emozioni che il visitatore può esperimentare nella mostra.
Questa esposizione è veramente interessante sotto tutti gli aspetti e la consiglio a chiunque senza limiti di età. Grazie a questa visita ho potuto finalmente capire i motivi che hanno portato un tempo a sterminare questo animale e in seguito a reintrodurlo. Non devo e non intendo essere d’accordo con tutte le opinioni contrastanti degli ambientalisti, dei cacciatori, degli abitanti di montagna e di quelli di città. Ma ne ho capito, una volta per tutte, i principi, perché è troppo facile criticare una scelta sbagliata, ma non altrettanto facile difenderne le ragioni.
La storia si ripete
È stata la scelta giusta uccidere M13? Non so dire se questa scelta sia stata giusta o sbagliata e neppure cosa sarebbe successo se si avesse preso un’altra decisione. Fatto sta che ora è inutile piangere sul “sangue” versato! D’altra parte i danni e la paura di M13 non erano da sottovalutare e questo è esattamente ciò che accadde anche ai nostri antenati … e ora sappiamo bene come loro hanno affrontato la situazione.
Posso solo rendermi tristemente conto che la storia si ripete! Viviamo in un’altra epoca, con altre esigenze e priorità, ma il “problema” orso è lo stesso dei secoli scorsi. Quali saranno le scelte della società di oggi? È più importante l’uomo o l’orso? Ed ora alla grande domanda finale: è possibile la convivenza con l’orso?
La mostra del Museo Poschiavino ci aiuta a riflettere su queste domande e ci dà le informazioni necessarie affinché ognuno di noi possa farsi la propria opinione su questa delicata e tanto controversa tematica.

M13 È TORNATO?
di Carolina Rossi
Ebbene sì, il “nostro” orso ha fatto ritorno in Valle, ma questa volta solo per diventare la principale attrazione del Museo poschiavino. La mostra ha lo scopo di farsi interprete del grande dibattito che si sta animando in Valle; è possibile condividere il nostro territorio con un grande predatore come l’orso?
M13
Sia da vivo che da impagliato, M13 è sempre stato un animale che ha suscitato grande interesse. Non solo qui in Valle, ma anche oltre confine, dove sono state aperte importanti discussioni.
Quando poi, una volta che l’orso è passato dall’essere problematico a pericoloso, è stata presa la decisione di ucciderlo, si sono generati ancor più dibattiti. Grazie alla mostra, però, abbiamo potuto interpretare meglio questa scelta e soprattutto conoscere meglio M13.
L’orso ai tempi
Fin dai tempi dei nostri antenati, l’orso ha più o meno sempre popolato i nostri boschi, causando spesso un qualche problema. Una volta venivano organizzate vere e proprie spedizioni di caccia per andare a uccidere l’orso. Infatti, in particolare per i contadini, rappresentava una grande minaccia, metteva in pericolo le greggi e per questo doveva essere tolto di mezzo il prima possibile. L’attrezzo che veniva più spesso usato per bloccare questo grande animale era chiamato trappola a schiaccia. Consisteva in un grande peso, che una volta innescato cadeva sulla preda, incastrandola sotto un masso.
Fortunatamente al giorno d’oggi gli orsi non vengono più uccisi così spesso perché abbiamo sviluppato nuovi metodi per allontanarli dalle nostre abitazioni.
Difendersi dall’orso
Le prime precauzioni contro M13 sono state prese quando questo ha cominciato a cacciare gli animali che si trovavano al pascolo in montagna. Un esempio riguarda i cani appositamente addestrati per difendere le greggi, i quali cominciarono ad essere portati sui monti.
Poi, quando più tardi M13 ha cominciato a farci visita più spesso e troppo da vicino, sono stati presi anche provvedimenti di altro tipo. Le arnie, per esempio, sono state delimitate con degli alti recinti dotati di carica elettrica e i normali cestini che si trovavano in paese, sono stati sostituiti da altri appositi, che l’orso non riesce ad aprire.
Purtroppo, però, questo non è bastato per tenere il grande predatore lontano dal paese e non ci è rimasta altra scelta se non quella di abbatterlo.
La vita dell’orso
Le nascite dei cuccioli di orso avvengono nel periodo invernale. Quando i piccoli nascono, possono pesare anche solo 100 grammi (il peso di una tavoletta di cioccolato), sono ciechi e privi di pelo. La madre li nutrirà grazie alle riserve di grasso accumulate prima dell’inverno.
All’età di un anno l’orso raggiunge il peso di circa 25 chilogrammi e, una volta adulto, pesa in media 150kg.
Un esemplare adulto possiede un olfatto di 100 volte più sviluppato rispetto a quella dell’uomo. Questo gli permette di trovare del cibo anche a grande distanza. L’alimentazione di un orso si basa principalmente su vegetali (62,5%) ma è composta anche da imenotteri (17,1%), piccoli mammiferi (6%), rifiuti (0,4%), molluschi di dimensioni minime (0,9%) e altro (13,1%).
La mostra
La mostra sull’orso del Museo poschiavino, situata presso il Palazzo de Bassus-Mengotti, è allestita al secondo piano. Già lungo la scalinata però, sono scritti dei nomi di luoghi della Val-poschiavo che contengono la parola “orso”, segno dell’influenza che il plantigrado ha avuto sulla Valle.
La mostra viene introdotta con i metodi usati al giorno d’oggi per “difendersi” dall’orso, per poi passare a come invece ci si comportava una volta, nei confronti di questi animali. Nella stessa sala è anche presente la riproduzione di una trappola a schiaccia, ed è possibile osservare l’interessante meccanismo attraverso il quale questa funziona. Sulle pareti invece sono esposti dei testi che raccontano la storia di diversi orsi passati qui a Poschiavo.
La mostra continua poi nella sala accanto, dove sono presenti dei grandi pannelli, sui quali sono annotate svariate informazioni riguardanti l’orso. Queste ci raccontano della vita di questo animale, partendo dalla nascita, passando poi all’alimentazione e anche ai suoi modi di comportarsi. Qui si possono anche trovare dei tratti caratteristici di questi grandi predatori, come il pelo, gli escrementi e pure l’effettivo cranio di M13, che è esposto in una piccola vetrina.
Si continua poi in una terza stanza, dove l’orso viene messo a confronto con gli altri grandi predatori presenti in Svizzera, ovvero il lupo e la lince.
La parte più interessante della mostra si trova però in un altro locale. Seguendo un breve corridoio si giunge infatti nella stanza dove è tenuto M13.
L’orso è protetto da una vetrina, ma questo non impedisce di vedere anche i minimi dettagli, come ad esempio gli occhi piccoli, o la cura con la quale l’animale è stato impagliato.
Inoltre, un altro aspetto della stanza risulta davvero interessante; la foto dell’intera valle ricopre tre delle quattro pareti del locale, dandogli un aspetto unico nel suo genere.
Ma bisogna vedere per credere!
La mostra per i più piccoli
Qualcuno potrebbe pensare che la mostra è aperta soltanto agli adulti e che per i bambini è tutto troppo difficile da comprendere. In realtà si sbaglia di grosso!
I creatori della mostra infatti, non si sono dimenticati nemmeno dei più piccoli.
Durante tutto il percorso sono presenti delle attività interattive per bambini di tutte le età. Si può accarezzare il pelo di un orso, cercare di riconoscere le sue impronte e scoprire che cosa mangia, annusando i diversi cibi dei quali si nutre. Nella terza sala c’è pure un piccolo spazio dedicato alla lettura e all’ascolto di storie e racconti sull’orso.
E naturalmente non si può tralasciare M13, che di certo sorprenderebbe chiunque.
Insomma, la mostra è aperta e dedicata a tutti. Un’occasione imperdibile per conoscere da vicino questo grande predatore!