Adagi scolastici

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Nella vastità degli stimoli che provengono da ogni dove, nella nostra società occidentale, la scuola è chiamata a farne una sintesi, a ridurne la complessità, a rendere fattibile un percorso di crescita che permetta all’uomo di avere gli strumenti adeguati per vivere e agire nel mondo. Alcune sintesi, che si trovano ancora in certi adagi, rimangono valide tutt’oggi; ad esempio, la scuola deve insegnare a “leggere, a scrivere e a far di conto”. Su questa base poi si costruiscono tutti i saperi. Più recentemente si è aggiunto anche l’aspetto comunicativo, orale, basti pensare allo sviluppo nella didattica delle lingue straniere: dal mero esercizio per la versione scritta tra una lingua e l’altra all’apprendimento di strutture discorsive. Un invito forte alla riflessione su quali ambiti dovrebbero essere maggiormente curati nel percorso scolastico, l’ho trovato nel libro di Jean-Pierre Egger, ex-allenatore di successo, tra l’altro di atleti come Werner Günthör. In un passaggio del libro, intitolato The way of excellence, Egger sottolinea quali siano, secondo lui, le materie d’insegnamento più importanti a scuola affinché i bambini e i giovani si sentano bene nel loro corpo: lo sport, la musica e il teatro. Su queste tre materie, secondo l’autore, si dovrebbero costruire tutte le altre materie.

Superato un primo accenno di stupore, di fronte a questa proposta, credo sia opportuno soffermarvisi. Che l’attività sportiva, la conoscenza del proprio corpo, del suo funzionamento, del valore di una corretta alimentazione affinché si possa star bene nel proprio corpo è assodato e le lezioni di educazione fisica fisse ne sottolineano l’importanza.

Per quanto riguarda l’insegnamento musicale, che sia sotto forma di lezione di canto o di uno strumento, vi sono probabilmente margini di miglioramento. Non si tratta solamente di lezione di canto ma anche di esercitare la voce. La Programmazione Neurolinguistica (studio della comunicazione umana) affida alla voce ben il 38% della capacità comunicativa, mentre alle parole resta solo il 7%! Non importa cosa si dice ma come… con la sua velocità, ritmo, volume, timbro. Nella voce si nascondono infiniti misteri dell’animo, frequenze da riconoscere, codici da decifrare. Secca, accogliente, precipitosa, timida, seduttiva, irritata, conciliante, preoccupata… Quanto sia correlata la musica con la matematica, lo sappiamo fin dai tempi di Pitagora, anche solo considerando i rapporti numerici che ci sono tra le note. Ci basti vedere il pentagramma come un piano cartesiano: sull’ascissa i tempi e sull’ordinata le frequenze.

Recitare, mandare a memoria un testo, fingere di essere qualcuno sulla scena, impersonare qualcun altro da quello che io sono, mimare sentimenti forti, giocare con lo spazio, percepire gli altri sulla scena, giocare scene di vita non nostra sono solamente alcune delle competenze che si possono acquisire grazie al teatro. Il teatro è lingua, ma non solo, il teatro è comunicazione non verbale, il teatro è mettersi in gioco. Aiuta a vincere la paura dell’altro, permette di lavorare su sé stessi e di stare davanti agli altri. Di fronte ad una generazione che trascorre parecchio tempo con i videogiochi, in cui agiscono con gli avatar perché non riscoprire il fascino del palcoscenico. Un tempo c’erano le recite di Natale e quelle di fine d’anno; si dovrebbero rivalorizzare.

Dall’imparare a leggere, scrivere e far di conto all’esercizio dello sport, della musica e del teatro: due trinomi per il futuro della scuola!