Natalia Crameri, una vocazione all’insegnamento cresciuta tra Poschiavo e Nairobi

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Un’altra puntata del nostro viaggio tra i maestri della Valposchiavo che hanno scelto di vivere e lavorare altrove. Tocca oggi a Natalia Crameri, anche lei in forza alla scuola bilingue di Coira.

Buongiorno Natalia, quando hai pensato di diventare maestra?
Mio papà è insegnante [Pierluigi Crameri, Ndr] e mi ha sempre interessato il suo lavoro, ma temevo un po’ fosse solo per il semplice fatto che lo conoscessi meglio degli altri. E allora ho preso tempo e, dopo il ginnasio, ho scelto di intraprendere un anno sabbatico e sono andata in Africa, a Nairobi, in Kenia. Là ho potuto lavorare a stretto contatto con dei bambini, i quali a scuola non ci potevano andare e mi sono decisa a quel punto che il mio obiettivo fosse “portare avanti i bambini nella scuola”!

Come mai sei approdata proprio alla scuola bilingue a Coira?
Come è prevedibile, sono entrata in contatto con diverse scuole. Avevo ovviamente sentito parlare della scuola bilingue e beh… da poschiavina so bene quanto a volte può essere difficile studiare il tedesco. Invece, gli amici bilingui avevano una grande facilità! Facendo il lavoro di bachelor ho avuto un primo contatto con questo sistema scolastico. In seguito sono usciti due posti a concorso e ho avuto la fortuna di prenderne uno. Si è trattato di un sogno che si avverava.

Volevi restare a Coira?
Io a Coira mi sono sempre trovata bene, è una città piccola che però offre di tutto e mi sembrava presto per rientrare in valle.

Quindi per il futuro tornerai?
Diciamo che non escludo di tornare in Valposchiavo, decisione che però al momento non entra ancora in considerazione.

Il lavoro alla scuola bilingue è come te lo aspettavi o è diverso?
Difficile dirlo: una volta entrata in questo mondo mi sono lasciata trasportare, in modo spontaneo.

Secondo te, perché non ci sono abbastanza insegnanti, o comunque si fatica a trovarne?
Per essere insegnante hai bisogno di cuore, passione e pazienza. Chi lo fa per soldi, smette dopo pochi anni.
Oggi, nella società, si pretende tanto da un maestro; si ha questa percezione che l’insegnante deve esserci sempre e per tutto, deve essere impeccabile, un esempio da seguire, avere sempre la risposta corretta, pronta e soddisfacente, l’argomentazione fondata per ogni decisione presa, svolgere la funzione di motivatore, psicologo, educatore, poliziotto, infermiere, informatico, organizzatore, segretario, animatore, musicista, esperto in tutto, coordinatore, volontario… nello stesso tempo deve essere una persona simpatica, sempre di buon umore, persona che cura i contatti con i genitori, allievi, colleghi, insomma, un tuttofare all’avanguardia e sempre al top della forma.

Questa pretesa da parte della società di oggi, anche se spesso inconscia, influisce sul fattore stress, che porta ad avere, a volte, dei momenti davvero difficili che ti mettono a dura prova. Inoltre, quella dell’insegnante è una professione in cui l’elemento “carriera non esiste” o vien scelta da una minoranza.

Che ne pensi della possibilità con una formazione extra di passare alla secondaria?
Al momento non mi interessa. L’età che preferisco è questa. Con gli allievi riesco a costruire un buon rapporto basato sulla fiducia, avendo ancora il tempo da investirci e le soddisfazioni sono per me maggiori.

Ti sei “portata” qualcosa della tua esperienza in Africa nella tua professione in Svizzera?
Sì, per esempio propongo la mia esperienza ai bambini, ne parlo con loro e cerco di spiegargli quella realtà e a volte si fanno delle raccolte fondi.

Non ti è mai venuta voglia di tornarci, in Africa?
Ma certo, il mal d’Africa esiste “eccome”! Ho sempre voluto tornare e sarebbe bello poterlo fare chissà, anche con i bambini! Ho fatto anche volontariato in America del Sud, ma poi da quando ho iniziato a lavorare è diventato tutto più complicato e il tempo scarseggia. Anche se l’interesse rimane.

Potresti darmi dei buoni motivi per convincere un giovane o una giovane a intraprendere questo mestiere?
Beh, tanto per cominciare è il lavoro più bello del mondo: dai tanto, ma ricevi anche grandi soddisfazioni, anche se a volte arrivano dopo anni quando si rincontrano gli allievi, ormai quasi adulti. Anche se ci sono dei momenti negativi, basta poco, un sorriso innocente di un bambino e la giornata migliora. Si tratta di un lavoro molto vario e c’è la possibilità di dare spazio alle proprie qualità, ai propri talenti e di cogliere delle nuove opportunità. Penso, inoltre, che sia un lavoro che dal punto di vista “logistico” offra un vantaggio a chi ha famiglia: le tue vacanze coincidono più o meno con quelle dei tuoi figli.

Maurizio Zucchi
Collaboratore esterno