La salute mentale in Valposchiavo tra tabù e iniziative concrete

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Dopo la serata di sabato 8 ottobre, incentrata sulla visione del film Crazywise, abbiamo intervistato Loredana Scamozzi, Capo-intervento e membro della direzione Spitex presso il CSVP, per fare il punto sulle problematiche della salute mentale in Valposchiavo.

Foto di Bruno Raselli

Buongiorno Loredana, siete soddisfatti della serata di sabato? Che bilancio ne trai?
Siamo molto soddisfatti della serata. Inaspettatamente, nonostante fosse un sabato sera autunnale, al termine di una giornata piena di eventi, la partecipazione è stata numerosa (circa 40 persone). Bilancio positivo al di là delle aspettative, soprattutto per l’interesse e il coinvolgimento del pubblico che ha partecipato attivamente al dibattito al termine della serata con varie domande.
Sia il docufilm “Crazywise” sia la presenza della sig. Regli della Vask GR e del sig. Zanetti, Peer del PDGR, sono stati fondamentali.  In modo molto trasparente e spontaneo i due ospiti hanno parlato della loro non facile esperienza personale con le patologie psichiatriche e hanno coinvolto le persone presenti che alla fine si sono a lungo fermate per parlare ancora con loro e con noi del tema.

Quanto è importante portare all’attenzione del pubblico generale il tema della salute mentale?
Non è importante. È necessario! Nonostante le campagne e le giornate sulla salute mentale il tema è ancora poco preso in considerazione dal pubblico: in generale sono ancora troppi i pregiudizi e le paure nei confronti delle malattie mentali. Molto più facile giustificare una malattia grave come un cancro che non una depressione, una schizofrenia o qualsiasi altra malattia psichiatrica.
Dobbiamo arrivare a sconfiggere i pregiudizi e i tabù legati a queste malattie e di considerare la malattia o il disagio psichico non una vergogna o una colpa, ma una malattia come tutte le altre, che può colpire chiunque indistintamente.

Quello della salute mentale è ancora un tabu in generale? E qui in Valposchiavo?
Gli ambienti e le realtà delle valli piccole dove tutti si conoscono non aiutano a migliorare i tabù. Sia per le persone direttamente coinvolte che per i famigliari o i conviventi non è mai facile parlare di questi problemi. La tendenza è quella di “nascondere o di minimizzare” la situazione. Generalmente si arriva a chiedere un consulto del medico o di uno specialista quando la situazione è già “avanzata”.

Che cosa si dovrebbe fare per cambiare l’approccio verso le problematiche di salute mentale?
Serate come quella del 1° ottobre possono essere sicuramente un modo per portare all’attenzione il tema. Ma ciò non basta.

Quali sono le iniziative concrete rivolte ai problemi di salute mentale all’interno del Centro Sanitario? 
Il tema della salute mentale sta particolarmente a cuore al CVSP tanto da essere uno dei temi principali anche nella futura strategia del CSVP.
La presa a carico degli utenti con problemi di salute mentale e dei loro famigliari all’interno del CSVP avviene a vari livelli e le iniziative vengono mirate ai bisogni delle specifiche situazioni.
Stiamo offrendo e facendo il possibile in base alle nostre capacità e competenze attuali. L’obiettivo è quello, in futuro, di poter ulteriormente offrire sostegno e aumentare le offerte.

Ritieni che “manchi” qualcosa all’offerta di servizi nei confronti del disagio mentale?
L’offerta presente in valle c’è, ma sicuramente si può fare ancora molto.
La collaborazione tra CSVP, PDGR, Movimento, Servizio di curatela, servizio sociale ecc. è presente e funziona, ma sicuramente può ulteriormente esser potenziata.
Un aspetto che andrebbe rinforzato è quello che riguarda l’informazione all’utenza e ai famigliari: a chi e dove rivolgersi per avere supporto e informazioni mirate, a offrire per esempio degli sportelli di ascolto psicologico magari all’interno delle scuole (magari già esiste?) o ancora di avere un gruppo Vask in valle. Ampliare l’offerta di assistenza sanitaria ecc. Idee ce ne sono molte, ma non sempre facili da realizzare. Ma non ci arrendiamo.

Si parla spesso di una correlazione tra complicazione (nei numeri e nell’intensità) tra problemi di salute mentale e pandemia. Anche da parte vostra c’è questa percezione?
La pandemia ha portato vari disagi alle persone, in particolare a chi si è trovato solo per lungo tempo. Si, da parte nostra, in particolare alla Spitex dove lavoro, ci siamo accorte che abbiamo cercato di dare supporto là dove possibile.
Quello che stiamo rilevando e che ci fa pensare molto è un aumento del numero dell’utenza con disagio psichico con età più giovane rispetto al passato.

Cosa possono fare i media per contribuire a sensibilizzare su questo tema?
Possono continuare a parlare di salute mentale. I muri da distruggere sono ancora alti, ma scrivere del tema liberamente magari coinvolgendo specialisti, ma anche persone che giornalmente si trovano confrontati con queste realtà può essere utile. Condividere con altre persone il proprio vissuto è la porta di apertura per comprendere che non si è soli, ma che facciamo parte di una società dove i problemi sono spesso quelli di tutti noi.

Maurizio Zucchi
Membro della redazione

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