Riprendiamo a parlare della serata pubblica della Società Cooperativa Tessitura Valposchiavo di venerdì 12 gennaio. Dopo aver scritto della prima parte dell’incontro passiamo ora ad analizzare il dibattito, nato con l’intenzione di scongiurare la chiusura della Tessitura, nella seconda parte di serata.
Praticamente all’unanimità il pubblico intervenuto ha sottolineato il fatto che la scadenza così ravvicinata (13 febbraio prossimo) per la decisione sul futuro della Tessitura Valposchiavo sia troppo corta. Dal canto suo il presidente Howald ha spiegato che non è una scelta presa a cuor leggero, ma fatta principalmente per evitare il fallimento e riuscire ad onorare le varie spese, non da ultimi gli stipendi delle impiegate.
Moreno Raselli, in qualità di presidente dei Musei Valposchiavo, ha ribadito la volontà di fare di tutto per dare una mano alla Tessitura Valposchiavo, ma viste le ristrette risorse dello stesso Museo un’eventuale finanziamento in grado di salvare il sodalizio va ricercato in altre figure. Howald ha comunque ringraziato Raselli, facendo notare che il Museo fa già tanto mantenendo l’affitto dei locali della sede molto basso e che la collaborazione come il sostegno all’interno del Palazzo Mengotti sono da sempre ottimi.
Qualcuno ha poi chiesto se la Pro Grigione Italiano, già fondatrice nel 1955 della Tessitura Valposchiavo, non possa in qualche modo intervenire. Paola Gianoli ha spiegato che la PGI attuale non ha i mezzi finanziari per finanziare e sostenere l’assunzione di nuove figure nella Tessitura, inoltre, a differenza del passato, questo non rientra nemmeno più nelle competenze della PGI.
Il pubblico ha quindi indagato sui potenziali sussidi che si potrebbero richiedere al Cantone, ma Howald ha subito spiegato che questo non è possibile, essendo considerata la Tessitura Valposchiavo al pari di un’azienda. Unica opportunità in questo senso sarebbe trasformarsi in un Museo del Tessile, ma questa strada non porterebbe comunque a una situazione tanto migliore.
Due rappresentanti dell’agricoltura della Valposchiavo hanno spiegato che ci sono diverse idee da parte delle associazioni contadine vallerane, ma i tempi per metterle in pratica prima del 13 febbraio sono troppo stretti. Innanzitutto si potrebbe sfruttare la produzione propria di lana ed eventualmente creare una filiera del lino. Partendo da questo creare un sistema vantaggioso per tutti, come fatto col settore turistico nell’ambito del 100% Valposchiavo. Vi sarebbe a disposizione anche un fondo per l’agricoltura che potrebbe aprire diversi scenari positivi, ma serve del tempo.
Proprio sull’argomento di guadagnare tempo fra il pubblico diversi si sono interrogati su un credito ponte, chiesto in prestito dalla Tessitura Valposchiavo per traghettare il sodalizio in questi difficili mesi, in attesa di una soluzione. Il presidente Howald pur confermando che è un’idea che, come soluzione intermedia, potrebbe trovare conferma, ha ribadito il fatto che bisogna essere per prima cosa cauti e non permettere che avvenga il fallimento. Cauti e realistici, anche perché ricevendo un finanziamento i problemi rimarrebbero, si sposterebbero solo più in avanti le decisioni e prolungare l’agonia senza una prospettiva futura concreta sarebbe ancor peggio.
In seguito dal pubblico è stato chiesto se, essendo relativamente vicini e accomunati dall’essere le ultime due tessiture svizzere, la Tessanda di Val Monastero non potrebbe dare una mano o far addirittura diventare la Tessitura Valposchiavo un suo satellite. Adriana Zanoli ha spiegato che qualcosa di simile a questa richiesta è stato tentato senza trovare sinergie da parte del sodalizio della Val Monastero. L’unica concessione è stata che in caso di chiusura verrà consentito alla tessitrice Valentina di concludere il suo ciclo di apprendistato. La stessa Tessanda negli scorsi anni ha avuto problemi simili alla Tessitura Valposchiavo (con la sostanziale differenza che loro hanno 18 impiegate) ed è stata “salvata” da una “power woman” di Zurigo che vi si è completamente dedicata anima e corpo e ne ha rialzato le sorti.
Karl Heiz, ex storico presidente della Tessitura Valposchiavo ha poi preso la parola per spiegare agli intervenuti la sua possibile soluzione. “La tessitura dal lato finanziario non ha mai funzionato, – ha rivelato Heiz – è un problema strutturale. Probabilmente solo con 5 anni di finanziamento garantito e una figura direttoriale capace sarebbe possibile salvarla”.
Infine, è stato suggerito dal pubblico che, essendo una delle ultime tessiture della Svizzera e assumendo quindi la questione una rilevanza pubblica nazionale, si potrebbe espandere la richiesta di aiuto a tutta la Svizzera, non tanto in campo finanziario, ma anche solo chiedendo dei consigli, delle idee per affrontare questa transizione a un nuovo modello gestionale.
Il Bernina, nel suo piccolo, è vicino alla Società Cooperativa Tessitura Valposchiavo e, oltre a cercare di informare al meglio sulla situazione, invita i suoi lettori a proporre, attraverso i commenti a questo articolo o anche inviandoci semplicemente una mail a redazione@ilbernina.ch, soluzioni e idee per contribuire a preservare questa eccellenza della Valposchiavo.
Trovo che i prodotti della tessitura valposchiavina siano eccezionali sia nella lavorazione sia nei colori, ma è un dato di fatto che i prezzi sono proibitivi per una larghissima fascia della popolazione svizzera. Magari con delle attrezzature più moderne si potrebbe produrre di più in meno tempo, perdendo forse un poco in esclusività, ma guadagnando in accessibiltà? Il progresso tecnico non dovrebbe essere un tabu: è avvenuto anche in altri settori, come l’agricoltura, e ha garantito continuità.Buon lavoro a chi se ne sta occupando.