Santo Cielo. Di ecumenismo e modelli di unità

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L’ecumenismo è un movimento che ha contribuito a eliminare pregiudizi ed espressioni polemiche che in passato avvelenavano i rapporti tra le confessioni cristiane. Chi ha compreso e fatto propri i principi ecumenici non può più parlare di altre chiese partendo dai propri pregiudizi, ma solo sulla base di una corretta informazione e con l’intento di comprendere le posizioni altrui, anche quando non coincidono con le proprie.

Modelli divergenti
Malgrado gli indiscutibili passi avanti compiuti negli ultimi decenni, cattolici e protestanti coltivano ancora visioni diverse dell’ecumenismo. Spesso i cattolici pensano che l’ecumenismo coincida in qualche modo con un ritorno a Roma dei “fratelli separati”, e dunque con l’accettazione, da parte loro, della sovranità del pontefice romano a cui viene attribuito il cosiddetto “ministero di unità”. Per i protestanti l’unità dei cristiani si presenta invece come una via conciliare, ovvero come un concerto, un’assemblea, un sinodo che riunisca i rappresentanti delle varie realtà ecclesiastiche, senza che nessuno pretenda di essere il capo. Secondo la concezione protestante, l’ecumenismo non è un riavvicinamento tra gerarchie, non è qualcosa che avviene al vertice, ma è un incontro di base, molto largo, di tipo assembleare.
Evidentemente, tra l’ecumenismo conciliare o assembleare dei protestanti e quello centrato sul papa dei cattolici vi è una distanza a dir poco molto grande.

Spiritualità diverse
Anche le spiritualità si mostrano diverse. Per il cattolicesimo la centralità papale prevale su ogni altra cosa; per l’ortodossia la tradizione dei primi sette concili ecumenici è la norma irrinunciabile a cui attenersi scrupolosamente; per i protestanti l’essenziale è il ritorno alla Bibbia e la revisione di ogni aspetto della fede e della vita ecclesiastica in base a quanto trasmesso nelle Scritture e in particolare nel Nuovo Testamento.

Generale stanchezza
A questo va aggiunto che oggi emerge, nel movimento ecumenico, una certa stanchezza, forse dovuta al fatto che su diversi punti i dialoghi, gli incontri, le riunioni hanno raggiunto limiti oltre i quali non sembra possibile andare. I nodi irrisolti e i dissensi sono parecchi: da quello del riconoscimento reciproco delle chiese a quello della celebrazione comune dell’eucaristia, dalla pianificazione familiare agli interventi nelle fasi iniziali e terminali della vita, dalla valutazione della sessualità alla ricerca biogenetica, per citarne solo alcuni.

Un compito permanente
Il protestantesimo, specialmente quello delle chiese riformate, ha fatto proprio il motto latino “ecclesia reformata, sempre reformanda”: cioè, la chiesa, anche quando è riformata, deve sempre essere disposta a riformarsi di nuovo. I riformatori avevano creduto di avere effettivamente “riformato la chiesa secondo la Scrittura”, ma alcune generazioni più tardi ci si è accorti che i mali che affliggono la chiesa sono permanenti, e che perciò ogni successiva generazione deve tornare a riformarsi di nuovo.

Un obiettivo comune
Che fare? Oggi, mi sembra che le cose da fare siano soprattutto due: da un lato, imparare a conoscersi, a comprendersi, a rispettarsi reciprocamente, senza pretendere di avere posizioni di privilegio, di autorità o di preminenza; dall’altro, invitarsi reciprocamente a rimettersi sempre in discussione, e quindi a riformarsi, secondo la Parola di Dio. È un invito protestante nella formulazione, ma assolutamente ecumenico nella sostanza.