Nemo ha vinto l’Eurovision Song Contest con una canzone nella quale dichiara di non considerarsi né un uomo né una donna. Subito dopo ha affermato di ritenere “inaccettabile” il fatto che in Svizzera non sia possibile indicare il genere se non nelle categorie “maschio” o “femmina”. Secondo Nemo, “questa situazione dev’essere cambiata”. Si tratterebbe, in altre parole, di stabilire se le persone che non si considerano né donne né uomini, possano indicare una terza opzione nei documenti ufficiali o lasciare del tutto in bianco i dati relativi al genere.
Maschio, femmina o X
Quella che ad alcuni è apparsa come una richiesta insensata, o addirittura offensiva, è tuttavia già realtà in diversi Paesi. Tre anni fa, negli Stati Uniti, è stato emesso il primo passaporto con la possibilità di scegliere “X” per il genere per chi non si identifica nella categoria binaria “maschio” o “femmina”. Il terzo indicatore di genere esiste già anche nei passaporti di Canada, Argentina, Australia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Malta, Nuova Zelanda, Pakistan, India e Nepal.
In Nuova Zelanda, le persone non binarie o transgender possono cambiare il proprio indicatore di genere sul passaporto tramite una semplice dichiarazione. Quando l’Argentina ha riconosciuto, nel luglio 2021, nei documenti di identità, le persone non binarie, l’allora presidente Alberto Fernandez, ha dichiarato: “Le autorità statali non dovrebbero preoccuparsi del sesso dei loro cittadini. Ci sono altre identità oltre a quella dell’uomo e della donna che devono essere rispettate”.
Lo stop del Consiglio federale
Nel dicembre 2022, il Parlamento svizzero ha modificato le disposizioni sulla registrazione del sesso nel Codice civile. Da allora, chiunque – come dice il Consiglio federale – sia “fermamente convinto di non appartenere al sesso iscritto nel registro civile” può far modificare la propria iscrizione. Tuttavia, esistono solo due categorie: “Uomo” e “Donna”. Per persone come Nemo, o come gli attivisti del sito web non-binary.ch, ciò non è sufficiente. Dal canto suo, il Consiglio federale ritiene che in Svizzera non esistano, al momento, le condizioni sociali per l’accettazione legale di un terzo sesso.
Avanti, con prudenza e lucidità
In Svizzera le discussioni sulle identità al di là della polarità uomo-donna suscitano forti emozioni, a favore e contro: lo stiamo constatando in questi giorni. In considerazione di ciò, il Consiglio federale ha probabilmente ragione nel ritenere che occorra affrontare la questione con prudenza. Tuttavia, non è fuori luogo fermarsi a riflettere su alcune questioni. A cominciare, ad esempio, dalla domanda se uno Stato abbia davvero bisogno di dividere i suoi cittadini in uomini e donne e altre categorie di genere. Dopotutto, il compito principale dello Stato è quello di identificare l’esistenza di ciascuno dei suoi membri e di garantirne i diritti e la sicurezza. Così come oggi non si trovano più informazioni sull’appartenenza religiosa nei passaporti, non si potrebbe anche fare a meno di indicare il sesso di una persona? Per l’identificazione, non basterebbero foto, data di nascita, altezza ed eventualmente dati biometrici? Spetterebbe poi all’individuo decidere come definire il proprio genere.
Un terzo sesso è la soluzione?
Imboccare una simile strada avrebbe inevitabilmente delle conseguenze in altri ambiti politici: come la mettiamo ad esempio con il sistema pensionistico, che ancora classifica le persone in base al sesso, distinguendo tra diverse età di pensionamento? E che ne sarebbe delle controversie sugli obblighi di servizio nell’esercito? E che fine farebbero gli uffici per le pari opportunità, di fronte a una situazione in cui venisse meno la polarità uomo-donna?
Non sono domande oziose, bensì interrogativi a cui la nostra società dovrà probabilmente dare risposta – si spera in un clima serio e pacato – in seguito alle sollecitazioni ribadite da Nemo in occasione del concorso di Malmö. E non è affatto scontato che la soluzione migliore sia quella auspicata dal cantante, cioè l’introduzione di un “terzo sesso”: siamo sicuri che una nuova categoria di genere risolva tutti i problemi? Non ne creerebbe di nuovi e anche più seri? Una via percorribile non potrebbe consistere semplicemente nell’abolire, da documenti e formulari, le categorie di genere?
Libertà degli artisti
Queste mi sembrano essere le questioni sulle quali, dopo la finale dell’European Song Contest, vale la pena soffermarsi. Su tutto il resto, mi trovate in netto disaccordo: sono cinquant’anni e più che sui palcoscenici di tutto il mondo si esibiscono Elton John, Freddy Mercury, i Kiss, Renato Zero, David Bowie, Prince, Iggy Pop, e un’infinità di altri artisti più o meno stravaganti e “trasgressivi”. Se tutti questi fino a oggi non hanno mandato a picco la società Occidentale, non vedo perché la tutina rosa di Nemo Mettler – che, se volete saperla tutta, non mi piace – dovrebbe farci temere la venuta della fine del mondo.