L’uomo dietro ai versi: Yari Bernasconi incontra Fabio Pusterla a “Lettere”

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Sabato scorso, in mattinata, si è aperto il festival di Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo con un incontro tra due protagonisti della poesia svizzera contemporanea. Fabio Pusterla, rinomato poeta e traduttore, è stato intervistato da Yari Bernasconi, anch’egli poeta e scrittore, in un dialogo intimo che ha esplorato in profondità l’opera e la poetica di Pusterla. Come evento inaugurale, la conversazione ha offerto ai presenti un inizio ricco di riflessioni e spunti, arricchito da uno sguardo all’interno della biografia e della poetica dell’autore e dalla lettura di alcuni suoi poemi inediti.

Fabio Pusterla, nato a Mendrisio nel 1957, è considerato uno dei maggiori poeti di lingua italiana viventi, nonché una delle voci più significative della Svizzera italiana. Poeta, scrittore, traduttore (in particolare del poeta romando Philippe Jaccottet), e critico letterario, Pusterla ha pubblicato finora nove raccolte di poesie e per anni ha insegnato al liceo di Lugano e all’Università della Svizzera Italiana.

L’incontro è iniziato con la lettura di una poesia tratta da Tremalume, l’ultima raccolta di Pusterla pubblicata nel 2022 da Marcos y Marcos, legata al tema del gioco, filo conduttore dell’intero festival. Durante il dialogo con l’autore, il tema del festival, Un, due, tre… Stella!, è stato esplorato attraverso le poesie già edite di Pusterla con alcune «incursioni» nell’opera inedita e di prossima uscita del poeta.

Attraverso il dialogo con Yari Bernasconi, Pusterla ha offerto uno sguardo prezioso all’interno della sua opera e il contatto di essa con la propria biografia, ad esempio delineando quella che, scherzosamente, ma con grande efficacia, il poeta ha definito la sua trilogia «del padre, del figlio, e dello spirito santo». Questo trittico include le prime tre opere di Pusterla – Concessione all’inverno (1985), Bocksten (1989), e Le cose senza storia (1994) – ognuna frutto di un periodo particolare della vita del poeta. La prima raccolta, quella «del padre», sebbene non parli direttamente del genitore dell’autore, risulta quella maggiormente segnata dalla sua figura: soldato durante la Seconda Guerra mondiale, il padre di Pusterla partecipò alla ritirata di Russia e visse l’esperienza del campo di concentramento. Questa immagine del padre, assieme al «senso profondo di amarezza e di colpa» che lo hanno accompagnato per il resto della vita, conferiscono al poeta – e dunque, trasversalmente, anche alla sua opera – il senso della storia come «esperienza concreta, tangibile», che permea la prima raccolta poetica. Il secondo libro, quello «del figlio», rappresenta l’opera di chi «adesso deve fare i conti con se stesso» e nasce dalla riflessione sull’assenza del padre e sulla perdita «della tangibilità della memoria»; forse per questo la poesia di Bocksten risulta scabra, violenta e meditativa. La terza raccolta di Pusterla, quella dunque «dello spirito santo», è segnata della nascita della prima figlia e dall’incontro di Philippe Jaccottet, poeta svizzero romando tradotto da Pusterla e dal quale è stato profondamente influenzato, e rappresenta un momento in cui il poeta giunge a rivalutare alcuni caratteri essenziali del proprio rapporto con la poesia, con la vita, e il rapporto tra le due cose.

Può forse essere il libro «dello spirito santo», frutto di una nuova prospettiva sulle cose, il motivo per cui negli ultimi decenni Pusterla sembra tendere verso un maggiore sviluppo stilistico e formale – attraverso anche di un più generale «ripensamento della tradizione» –, aprendosi maggiormente verso i grandi e i classici della poesia del passato come Montale, molto apprezzato ma dal quale in precedenza (ma qui si specula un poco) per un certo rispetto, e forse per una timida soggezione, Pusterla sentiva il bisogno «di prendere le distanze».

Invece negli ultimi decenni la sua poetica sembra riuscire ad accorciare la distanza tra la poesia italiana contemporanea, della quale l’autore ticinese rappresenta «uno dei più importanti esponenti», come nota Bernasconi, e i giganti della letteratura. Cosicché la scrittura possa (ri)diventare un dialogo con gli autori del passato e si possa rifare proprio quell’io lirico dal quale oggi ci si distacca maggiormente e cui forse ci si sente meno inclini a fissare sulla pagina.

Grazie al primo incontro di Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo, il pubblico ha potuto conoscere Pusterla e la sua opera – già insigniti, tra gli altri, del Premio Eugenio Montale (1985), del Premio Schiller (1986, 2000, 2010), e del Premio Svizzero per la Letteratura (2013) – attraverso una lente intima e profonda, soprattutto grazie all’impulso di Yari Bernasconi, apprendendo i motivi biografici – dall’infanzia a Chiasso e a Mendrisio al rilievo della sfera familiare – così come le influenze artistiche e personali – da Philippe Jaccottet a Giorgio Orelli – dietro alla sua poetica. Grazie a Lettere, il lettore ha potuto avvicinarsi all’uomo dietro i versi, partecipando anche ad una riflessione più ampia sulla connessione tra vita e poesia, realizzando come la parola poetica possa ancora oggi parlare al cuore del nostro tempo.