Malattie psichiche: in Valle occorre eliminare pregiudizi

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Parla il responsabile dell’ambulatorio psichiatrico di Poschiavo
Persone perfettamente integrate, che studiano, lavorano e hanno famiglia. Questo il ritratto della maggior parte dei valposchiavini che sono in cura causa una malattia psichica. Psichiatri e psicologi attivi in Valposchiavo hanno le agende piene.

Venerdì 6 giugno in Valposchiavo è arrivato il Brain Festival, un’azione del Cantone dei Grigioni atta a sensibilizzare la popolazione sulle malattie psichiche (leggi questo articolo). Alla manifestazione hanno fra l’altro partecipato molti studenti delle scuole valligiane. I presenti hanno potuto comprendere il complesso funzionamento del cervello grazie alle spiegazioni degli esperti ma anche attraverso attività multimediali e interattive. IL BERNINA ha voluto mettere l’accento sulla situazione valposchiavina e ha sentito Justus Pankok, medico psichiatra e psicoterapeuta del Servizio Psichiatrico Cantonale, responsabile dell’ambulatorio psichiatrico di Poschiavo.

 

“Il numero di visite psichiatriche a Poschiavo negli ultimi anni è aumentato dalle poco meno di 500 del 2009 alle oltre 800 del 2013”, ci spiega Justus Pankok. Al riguardo va detto che fino a inizio 2012 il Servizio Psichiatrico Cantonale era presente due volte al mese all’Ospedale San Sisto, mentre ora la presenza è assicurata per quattro giorni la settimana. L’aumento di prestazione, così ancora Pankok, va ricondotto a una richiesta crescente da parte della popolazione valposchiavina. Ma come si spiega questo incremento?

Il prezioso lavoro dei medici di base e la triste faccia del lavoro

Secondo il responsabile dell’ambulatorio psichiatrico di Poschiavo due sono le cause principali dell’aumento della domanda. Da una parte la popolazione è ora più sensibilizzata rispetto alle malattie psichiche. I pregiudizi nei loro confronti, anche grazie al lavoro dei medici di base, sono calati. Se ne deduce che una persona si fa meno problemi nel fissare un appuntamento dallo psichiatra o dallo psicologo. Ma Pankok precisa: “Questi pregiudizi sono sì diminuiti, ma in una realtà come quella della Valposchiavo sono maggiori che nelle città. Una persona che ha una malattia psichica alle volte viene ancora vista in modo strano. La parola ‘matto’ si sente ancora.” E invece, dati alla mano, la maggior parte dei pazienti valposchiavini sono persone integrate nella società, che studiano, lavorano e hanno famiglia. Non esattamente dei “matti”.

 

Proprio il mondo del lavoro, correlato ai ritmi della nostra società, svela una faccia triste: i casi di burnout in Valposchiavo crescono. E questa, sempre stando a Pankok, è un’altra causa del numero crescente di richieste di cura.

Informare per aiutare

“Le persone che soffrono per una malattia psichica spesso stanno ulteriormente male per via dei pregiudizi ancora presenti nella popolazione”, ci spiega il medico psichiatra. “Se ti spacchi un braccio, puoi mostrare il gesso e quindi chi ti sta attorno vede che stai male e hai bisogno di sostegno, ma se sei colpito da una malattia psichica ciò non è sempre il caso.” Così spesso alla persona malata viene a mancare anche l’aiuto dei propri famigliari. A questi pregiudizi del male come qualcosa di fisico e visibile, si aggiungono quelli legati a vecchie paure e alla fama che le cliniche Waldhaus e Beverin si portano appresso. Ma che fare?

 

“Per eliminare questi pregiudizi vanno fornite informazioni alla popolazione”, ci dice Pankok: “Insomma, spiegare che cos’è uno psichiatra e che cos’è uno psicologo, come agisce uno psicofarmaco, cosa significa un ricovero in una clinica e così via.” E spiegare che nessuno sceglie di ammalarsi, aggiungeremmo noi.

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