Cento anni e non sentirli

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Due mesi fa Monza era un tripudio di fiori bianco gialli; si attendeva il Papa per un sabato di raccoglimento; due mesi dopo la città ha indossato i panni rosa della maglietta del leader del Giro d’Italia e si è ritrovata una volta ancora “invasa” da una folla educata e passionale, pronta a sfidare caldo e lunghe attese pur di vedere i campioni della bicicletta.

Dopo la tappa della Valtellina, il Giro incontra Monza

La dimensione sportiva è nelle corde di questa città; le Prealpi sono a poche decine di chilometri in linea d’aria dal centro storico delle città. In giornate secche e terse come quella di oggi, Resegone e Grigna sono a portata di sguardo e cingono, con un abbraccio fraterno, i monumenti monzesi. Sono le “montagne di casa” che hanno educato intere generazioni di monzesi: la palestra naturale in cui crescere e misurarsi, cornice delle giornate brianzole, discrete compagne di vita, presenti anche quando non sono visibili. Oggi però è un giorno davvero speciale; dopo una settimana di dislivelli massacranti, i dolci declivi delle Prealpi salutano gli atleti del Giro d’Italia. E’ il giorno della pianura, anzi della discesa appena accennata che unisce Monza a Milano, le due grandi città che si tengono per mano pur dimostrando identità ben definite e per nulla simili. Agli atleti del Giro d’Italia tutto questo non può interessare. Catapultati qui dopo avere scalato il Monte Grappa, sono concentrati sulla cronometro. Il pubblico, invece, ha tutto il tempo di riflettere, osservare, apprezzare; l’Autodromo in questo fine settimana di Giro è aperto a tutti; ciclisti amatori e indefessi appassionati della corsa ne apprezzano le strutture; le famiglie si godono il Parco, i turisti, tanti, ne scoprono le meraviglie, comprese le due storiche curve paraboliche che affascinano un po’ tutti.

Il sole è allo zenit quando il primo concorrente lascia la pedana di partenza e si misura sull’asfalto abrasivo del circuito; i primi chilometri sono in pista, Formula Uno e Giro d’Italia insieme, come insieme sono anche in tv, vista la concomitanza con il Gran Premio di Montecarlo, vinto proprio dalle due Ferrari. Questa volta non è necessario proteggersi le orecchie; un impercettibile fruscio anticipa il passaggio del concorrente; se non fosse per le staffette delle moto del servizio, quasi non ci si accorgerebbe del sopraggiungere.

L’occhio allenato riconosce i più veloci, ma i cuori degli appassionati rendono tutti degni di applausi e incoraggiamenti. Oggi va in scena la tenacia sportiva; l’ammirazione del pubblico è davvero per tutti: qui sono tutti campioni e meritano entusiasmo e incoraggiamenti. Il caldo, poi, contribuisce a far crescere l’ammirazione per questi giovani audaci. Tra una chiacchiera e l’altra, ecco passare Doumulin, che viaggia come un treno e poco dopo ecco Quintana, nella sua divisa rosa di leader.

Solo a casa saprò chi ha vinto ma visti dalla mia postazione monzese hanno vinto davvero tutti: hanno superato la fatica di una gara che logora e hanno regalato divertimento e passione a tutti coloro che li hanno accolti e osservati. La due ruote, proprio come la montagna, contribuiscono a unire, più che dividere; fatica e incertezza, agenti atmosferici e asperità del territorio smussano i caratteri, spingono a pensare, costringono a misurarsi prima di tutto con se stessi.

Cento anni di Giro d’Italia, novanta anni di Pedale Monzese, la storica società cittadina in cui hanno corso Giorgio Albani e Fiorenzo Magni: quanti compleanni in questa domenica di maggio!


Chiara M. Battistoni