Allevatori di bestiame nelle Alpi: una specie in via d’estinzione?

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Se vogliamo dare credito al quadro dipinto venerdì 23 marzo, a Sfazù, presso l’Hotel Zarera, durante l’assemblea ordinaria dell’«Associazione Territorio senza Grandi Predatori dei Grigioni» (ATsenzaGP-GR), con la ricomparsa nelle Alpi di lupi, orsi, linci e sciacalli dorati, la specie in via d’estinzione nelle nostre montagne – ma più in generale in tutta Europa – sembrerebbe essere quella degli allevatori di bestiame. Secondo l’opinione del presidente dell’associazione grigionese, Rico Calcagnini, nonché dei due relatori esterni, Ester Monaco e Germano Mattei, si tratterebbe – in estrema sintesi – di un fenomeno che si sarebbe venuto a creare a seguito di leggi internazionali e federali sulla protezione di questi grandi predatori troppo restrittive, difese ad oltranza dalla lobby degli ambientalisti, nonché di una visione idealizzata della natura, diffusa soprattutto nelle grandi aree urbanizzate.

Rico Calcagnini, un leventinese trasferitosi ormai da decenni oltre San Gottardo e residente oggi nella Prettigovia, ha presieduto la parte ordinaria dell’assemblea ATsenzaGP-GR. In prima battuta egli ha voluto ricordare che l’associazione è nata proprio in Valposchiavo nel 2013, mentre solo due anni più tardi è stata creata l’associazione mantello a livello svizzero, comprendente oggi 7 organizzazioni regionali, fra le quali la sezione grigionese, che conta 650 soci e 14 associazioni affiliate: ruolo principale dell’ATsenzaGP è quello di prevenire situazioni di criticità legate al fenomeno del ripopolamento dei grandi predatori nel nostro territorio. Mentre i compiti del comitato direttivo sono le prese di posizione ufficiali, il monitoraggio degli eventi di predazione, l’informazione ai soci e ai media, la collaborazione con altre organizzazioni a livello internazionale, l’allestimento di azioni simboliche come ad esempio i fuochi premonitori, la partecipazione (in funzione contraddittoria) a eventi che idealizzano e enfatizzano il fenomeno di ripopolamento dei grandi predatori e la propaganda sul non senso della loro presenza ed espansione nelle Alpi.

Ester Monaco, che assieme al marito alleva bestiame minuto in Val Verzasca, ha poi portato ai soci e al pubblico presente la testimonianza di predazioni avvenute ai danni della propria azienda e di esperienze negative avute con i cani da protezione delle greggi. Dopo una prima predazione, nel 2003, di alcune capre non risarcite dalla Confederazione in quanto il rapporto redatto dal guardiacaccia parlava unicamente di un “abile predatore”, senza tuttavia menzionare la parola “lupo”, Ester decise di acquistare una coppia di cani pastori maremmani, che però iniziarono a mordere ripetutamente le capre fino, in alcuni casi, a sfinirle. Al ritrovamento di due capre morte nel gregge, e a causa delle difficoltà generali riscontrate nella gestione dei due “maremmani”, Ester non ha quindi esitato nell’eliminarli all’istante.

Ma l’esperienza di Ester con i cani da protezione non finisce qui, poiché decise di riprovare con altri tre cani da montagna dei Pirenei, che però si rivelarono ugualmente uno sfacelo, fino ad arrivare al punto di sopprimerli con altrettanta solerzia. La giovane contadina dichiara oggi che il bilancio di questa pluriennale sperimentazione è piuttosto desolante: 25 capre uccise dai propri cani e un turista morso al polpastrello. Ciononostante, negli ultimi 13 anni, le sue greggi sui pascoli della Val Verzasca non hanno subito alcuna aggressione da parte di grandi predatori ed Ester è tuttora in lista d’attesa per altri due cani dei Pirenei, possibilmente meglio addestrati. Secondo l’allevatrice ticinese i cani da protezione possono comunque realmente fungere da deterrente contro i grandi predatori, ma implicano enormi sacrifici e spese non indifferenti da parte dei loro detentori. Inoltre, Ester ritiene che i punti di criticità con casuali escursionisti continueranno a sussistere.

Più tecnico e divulgativo è stato invece l’intervento di Germano Mattei, originario dell’alta Valle Maggia, copresidente di «Territorio svizzero senza grandi predatori», l’organizzazione mantello delle diverse ATsenzaGP e deputato al Gran Consiglio ticinese per il «Movimento Montagna Viva». Mattei inoltre ha fatto parte per molti anni del comitato del «Gruppo svizzero per le regioni di montagna» (SAB). Secondo il granconsigliere ticinese, dalla fondazione dell’ATsenzaGP ad oggi, sono stati compiuti importanti passi verso una maggiore sensibilizzazione delle problematiche legate al mondo degli allevatori anche presso gli ambienti favorevoli al ripopolamento dei grandi predatori nelle Alpi (tra cui WWF e Pro Natura).

Nell’attuale fase, ha continuato Mattei, è importante continuare a parlarne e attivarsi politicamente affinché vengano offerte pari opportunità di rappresentanza negli organi preposti alla vigilanza di questo fenomeno. Ad esempio, egli ha insistito sulla necessità che l’ATsenzaGP sia rappresentata in seno all’organizzazione KORA (Ecologia dei carnivori e gestione della fauna selvatica). Secondo la sua tesi, infatti, gli allevatori di bestiame delle nostre montagne si sarebbero fatti sopraffare dalla velocità con cui è avvenuto il ripopolamento dei grandi predatori nei territori tradizionalmente dediti alla pastorizia, ora a rischio di abbandono e degrado. Una tendenza che porterebbe con sé tutta una serie di problemi legati anche a rischi naturali quali valanghe, frane, alluvioni, ecc. Mentre da sempre – ricorda Germano Mattei – il compito principale dell’uomo sarebbe quello di preservare un ambiente il più possibile idoneo alla sopravvivenza delle generazioni future.

Il politico ticinese ha poi gettato uno sguardo sulla situazione particolare del lupo. Attualmente il numero di lupi presenti in Europa (Russia esclusa) è stimato in più di 20’000 unità, una quota che evidenzierebbe come questa specie animale non sia più in via d’estinzione, a tal punto che in Norvegia e Germania si sta già discutendo a livello politico per adottare misure di contenimento. Troppo lungo sarebbe l’elenco delle predazioni che stanno aumentando in modo esponenziale negli ultimi anni a livello europeo, e a cui bisogna aggiungere il caso recente di una turista inglese sbranata in Grecia e di un cacciatore aggredito in Piemonte, proprio alcune settimane fa. In Svizzera i lupi geneticamente identificati sono 32, ripartiti in tre branchi accertati: Calanda (GR), Morobbia (TI) e Augstbord (VS), mentre una quarta muta sembrerebbe essere attiva nella regione di montagna fra i cantoni Friborgo e Vaudt. Nel 2017, sempre in Svizzera, sono stati 380 i capi di bestiame predati (fonte: KORA), ma la lista non terrebbe conto di numerosi capi non ritrovati. Risale inoltre pure allo scorso autunno, la notizia di predazioni tra 100 e 200 capi di ovini nelle valli di Trezzo-Cavargna-Albano e d’Intelvi in Provincia di Como, verosimilmente riconducibili al branco di lupi stanziati in Val Morobbia, anche se la farraginosa macchina per gli accertamenti, da parte delle autorità italiane, sarebbe tuttora in corso di svolgimento.

A causa delle molte leggi a tutela di questi animali predatori (che fanno perno sulla Convenzione di Berna del 1979), la situazione sembrerebbe avere raggiunto un tale livello di gravità che alcuni abitanti delle Alpi piemontesi hanno già iniziato a fare uso di bocconi avvelenati per eliminare i lupi: una pratica chiaramente deplorata dall’ATsenzaGP. Ma sono ormai tante le iniziative che, su base legale, stanno nascendo un po’ ovunque nelle Alpi e in Europa contro la diffusione dei grandi predatori. Come ad esempio una petizione (non vincolante) contro il lupo, lanciata recentemente nel Südtirol, che in pochi giorni ha già raggiunto più di 20’000 firme. Una strategia di sensibilizzazione, questa, che anche l’ATsenzaGP intende perseguire a livello svizzero e internazionale in collaborazione con altri gruppi di interesse.

Sintomatici di un certo disagio sono poi anche i costi causati dalla gestione di questi grandi predatori (monitoraggio, vigilanza, prelievi, analisi, ecc.), di cui si fanno carico i vari Stati. Per il lupo, in Francia, essi si aggirano annualmente attorno ai 28 Mio di euro, mentre in Svizzera raggiungono i 3,3 Mio di franchi solo a livello di Confederazione. Vista la situazione, anche per Germano Mattei è quindi più che mai urgente che allevatori di bestiame e abitanti delle montagne si uniscano per fronteggiare questo fenomeno in forte espansione, che sembrerebbe invertire il gioco delle parti, laddove a rischio di estinzione non sarebbero più le fascinose e mitizzate bestie selvatiche come orsi, lupi, linci e sciacalli, ma gli allevatori delle Alpi.


Achille Pola

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