Domenica sera: piove, terza replica dello spettacolo di Tabea Martin “Nothing Left”.
Ci sono andata poco informata, ma non senza curiosità e comunque pronta a stupirmi.
Sapevo che lo spettacolo nasceva da una perdita (quella vissuta dalla regista per la morte del marito), che il tema era legato alla morte e mi incuriosiva come l’energia della danza potesse tradurre questa sensazione di vuoto, questa sospensione nel tempo.
Lo dico senza veli: la rappresentazione mi ha spiazzato.
Nel nero della scenografia che non suggeriva confini, otto ballerini hanno riempito lo spazio, definendolo. Corpi pieni di energia, di armonia, di forza, di movimenti morbidi e a tratti convulsivi, capaci di respingersi e di unirsi in un’unica massa pulsante hanno portato lo spettatore in una dimensione emotiva non facile da gestire.
La parola ha voluto in qualche modo amplificare la danza. Sullo sfondo frasi in inglese sottolineavano la rappresentazione dei corpi. Non facile da capire: c’era dolore, consolazione, negazione, rabbia, disperazione, humor, poca leggerezza. Anche se i corpi parevano volteggiare quasi senza peso, io non ho sentito leggerezza. Non ha aiutato neanche la musica, che non c’era ed era sostituita da percussioni martellanti, così forti che le sentivi vibrare all’altezza del tuo sterno. Parevano il battito del cuore di chi resta ed è ancora vivo e deve continuare a vivere dopotutto.
Una frase iniziale ha fatto da filo rosso a tutto lo spettacolo: “togliere la speranza a qualcuno è come togliergli la pelle”. Forse la speranza, nello spettacolo, è arrivata quando i costumi da neri si sono fatti colorati, ma è durata poco. I corpi si sono denudati in una coreografia finale inquietante. Spalmati di quello che potevi intendere come balsamo salvifico, hanno perso energia, e con un gioco di luce ad effetto si sono sciolti nel buio lasciando illuminati solo lembi di pelle rotta, crepata, sfaldata fino ad essere strappata.
Se togli la speranza a qualcuno è come togliergli la pelle… ma allora è finito senza speranza questo spettacolo?
Seduta al mio posto dopo l’applauso finale non sono stata pronta a parlarne subito con gli altri spettatori, neppure ho saputo porre qualche domanda alla regista. Nella pancia un’emozione strana, spiazzante.
Bravissimi i ballerini. Spettacolo di alta qualità. Mi è piaciuto? Non so rispondere, quello che ho visto mi rincorrerà ancora nei prossimi giorni… forse proprio lì voleva provocatoriamente arrivare la regista, e allora ci è riuscita.
Complimenti a chi si impegna a portare nella nostra periferia spettacoli di questo calibro e di questa bravura e a spingere noi spettatori in terre tutte da scoprire.
A tutti: grazie.
Serena Bonetti – Foto di Bruno Raselli