Santo Cielo. Chiese in crisi. Dove va la religione in Svizzera?

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Ormai con prevedibile regolarità, la stampa e i social media pubblicano i nuovi dati concernenti il fenomeno delle persone che lasciano le chiese. Per quanto riguarda il nostro paese, la cosa si è ripetuta lo scorso mese di giugno. I dati, riferiti all’anno precedente, sono impietosi. Nel 2022, la Chiesa cattolica in Svizzera ha registrato il più alto numero di uscite di sempre: quasi 34.000 persone (circa l’1,5 percento di coloro che sono registrati come cattolici) e anche nella Chiesa riformata si sono registrate oltre 28.000 uscite.

Nell’ultimo decennio
Se consideriamo le cifre fornite dall’Ufficio federale di statistica, la situazione – per quanto riguarda cattolici e riformati, in Svizzera – è da tempo di progressiva contrazione. Nel 2010 i cattolici romani costituivano il 38.6 percento della popolazione totale, gli evangelici riformati il 28.0 percento, mentre la quota di coloro i quali si dichiaravano senza appartenenza raggiungeva il 20.1 percento. Secondo la rilevazione più recente, relativa alla situazione di undici anni più tardi, entrambe le chiese registrano un calo che si attesta intorno ai 6 punti percentuali, mentre il segmento dei “senza appartenenza” cresce di 12 punti. Nel dettaglio, questa la situazione nel 2021: cattolici romani 32.9 percento; evangelici riformati 21.8; senza appartenenza 32.3.

L’Ufficio federale di statistica annota bensì che “la cifra relativa a chi si dichiara ‘senza appartenenza’ non è particolarmente elevata se messa a confronto con il resto dell’Europa, dove in Francia, ad esempio, le persone senza alcuna affiliazione religiosa rappresentano più della metà della popolazione”. Ma direi che si tratta di una ben magra consolazione.

Statistiche e commenti
Dopo ogni pubblicazione dei dati statistici, da tempo costantemente negativi, arrivano – con la medesima prevedibile regolarità – le repliche. E con prevedibile regolarità, anche i contenuti di queste repliche sono gli stessi. Grosso modo si possono delineare tre risposte. La prima, afferma che tutto peggiorerà e comunque non c’è nulla da fare; la seconda, sostiene che non bisogna farsi prendere dal panico in quanto stiamo semplicemente assistendo agli effetti collaterali dell’individualizzazione e della pluralizzazione della nostra società; la terza, propone delle soluzioni. Per uscire dalla crisi, le soluzioni indicate, semplificando, sono tre: la prima, affinare il profilo; la seconda, ampliare la gamma dei servizi; la terza, abbassare le esigenze e facilitare al massimo l’accesso. Il punto cruciale di queste indicazioni, certo animate da buone intenzioni, è che sono sempre le stesse, da almeno trent’anni a questa parte. E nessuna di queste, anche se applicata con impegno e costanza, è riuscita a invertire la tendenza.

Oltre le cifre
I dati statistici mostrano il profilo della crisi, ma non dicono quali siano i motivi per cui molte persone, in Svizzera e in generale nell’Europa occidentale, si allontanano dalle chiese. Si tratta di un fenomeno iniziato da lungo tempo, legato al passaggio da società agricolo-artigianali-commerciali a società industriali a crescente tasso tecnologico, secondo alcuni; altri sottolineano il ruolo dello sviluppo della ricerca scientifica, dell’organizzazione statale moderna, dell’economia capitalistica, della messa in discussione delle vecchie credenze che hanno portato al “disincantamento” del nostro mondo e reso inutile il riferimento al divino; altri ancora ritengono, molto semplicemente, che chi lascia la chiesa lo faccia per pagare meno tasse (un argomento che varrebbe tuttavia solo nei paesi dove esiste un’imposta ecclesiastica, mentre non funziona in altre realtà dove pure si registra un distacco dalle chiese). Senza dimenticare la crisi di fiducia causata da ripetute compromissioni e scandali: da quelli politici, a quelli finanziari, a quelli legati agli abusi.

Uno sguardo teologico
Durante la Seconda guerra mondiale, il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer si chiedeva se fosse possibile vivere il cristianesimo, dopo duemila anni della sua storia, “come se Dio non ci fosse”. A distanza di ottant’anni, constatiamo che questo è perfettamente possibile: alla maggioranza dei cittadini europei, i quali in qualche misura ancora si dicono cristiani, la questione di cosa o chi sia Dio, o i dubbi relativi alla sua esistenza o alla sua inesistenza, semplicemente non interessano. Senza problemi, rimpianti o rimorsi. Un gran numero di persone ha smesso di credere in Dio e le chiese non sembrano più in grado di affrontare tale situazione, di testimoniare e comunicare la buona notizia di Dio. A nulla valgono le nostalgie e i rimpianti del bel tempo che fu: una determinata forma storica di cristianesimo, ormai incapace persino di usare parole che abbiano un qualche significato per l’esperienza che le donne e gli uomini di oggi sperimentano, si va esaurendo. “Non subito, non all’improvviso, ma dopo un processo più o meno lungo durante il quale scompariranno forme, modi e riti che fin qui hanno saputo esprimere la fede”, commenta il teologo cattolico italiano Brunetto Salvarani. Il quale aggiunge: “Per il futuro non basta rimboccarsi le maniche, occorre per prima cosa pensare, capire quello che è successo”.

Conclusione provvisoria
Albrecht Grözinger, docente emerito della Facoltà teologica dell’Università di Basilea, scrivendo recentemente a proposito della fine della cosiddetta “chiesa di popolo”, ha espresso il proprio rammarico per il tramonto di un’istituzione alla quale ammette di essere stato molto affezionato. Ma mette nel contempo in guardia dall’ignorare gli aspetti problematici di quella forma di chiesa: la sua rigidità, il suo autoritarismo, la sua morale sessuofoba, la sua mancanza di autocritica e di capacità di apertura. E conclude: “Ogni volta che sono sopraffatto dalla tristezza, mi aiuta ricordare quest’altra faccia della medaglia. Non c’è solo motivo di piangere per le perdite, perché alcune perdite rappresentano anche un guadagno nella vita. La morte della chiesa di popolo non è solo una perdita”. Se e quali nuove opportunità si schiuderanno, quali forme di chiesa emergeranno, e a quale prezzo, è al momento difficile dire.