Preghiera ecumenica in San Vittore Mauro a Poschiavo

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Venerdì scorso, 26 gennaio, nella chiesa cattolica di San Vittore a Poschiavo sono convenute folte rappresentanze delle comunità cattoliche e riformate valposchiavine. A loro si sono uniti fedeli cattolici del Tiranese, insieme ai loro parroci e al loro vescovo, Oscar Cantoni, insignito recentemente della dignità cardinalizia.

Si è riflettuto e pregato ecumenicamente per l’unità dei Cristiani. Al termine ci si è trasferiti nella sala  parrocchiale dove si è potuto continuare la conoscenza e il confronto in un’atmosfera festosamente informale.

Quest’anno il centro della meditazione comune concerneva due passi strettamente connessi e consecutivi  del Vangelo di Luca (10, 25-28 e 29-37): “Il grande comandamento” e a seguire “Parabola del buon Samaritano”. Questa scelta è stata in capo delle comunità cristiane del Burkina Faso ed estesa a tutti i Cristiani nel  mondo. Nel corso della cerimonia poschiavina si sono potuti ascoltare i contributi dei fedeli e degli ecclesiastici, accompagnati da letture e da canti. Ci piace ricordare che un gruppo di donne hanno invocato “Fede”, “Speranza” e con forza crescente, per ben tre volte, “Amore”. Il parroco poschiavino, Witold Kopeć, non ha mancato di ricordare che la precedente visita in loco di un cardinale, Carlo Ciceri, vescovo di Como, avvenne nel 1620 in occasione della erezione a collegiata della chiesa di san Vittore Mauro.

Da cardinale a cardinale
Oscar Cantoni (come del resto il pastore Paolo Tognina) si è concentrato soprattutto sulle parole del Vangelo, premettendo però alcune osservazioni sul processo ecumenico. Ecco, in sintesi, le parti a noi parse più rilevanti:«Il Signore ci chiama a godere della diversità che costruisce la Comunione fra le Chiese cristiane.(…) Dobbiamo crescere in una nuova rinnovata stima e fiducia nella convinzione di doni diversi.(…) Il Signore ci invita a sperimentare vie di Comunione non solo a livello dottrinale. (…) Noi vediamo le nostre divisioni, le nostre povertà, eppure, Signore, tu ci dai la grazia di convertirci».

Il pastore Tognina evidenzia alcune prime domande dottrinali divisive per poi passare oltre.
«Il movimento ecumenico si pone alcune domande che animano i dibattiti e che si collocano alla radice delle divisioni: Deve esistere o meno una presidenza universale della chiesa di Gesù? E, se sì, deve essere svolta dal vescovo cattolico di Roma? È possibile celebrare insieme l’eucaristia? Le comunità nate dalla Riforma protestante, come ad esempio quella alla quale appartengo, sono vere e proprie chiese o semplici associazioni cristiane?
Non sono domande banali. E non hanno generato soltanto dibattiti, bensì sanguinosi conflitti, persecuzioni, fiumi di lacrime. Anche alle nostre latitudini, in Valtellina e in Valposchiavo.».

In una diversa circostanza Paolo Tognina aveva aggiunto: «Oggi, mi sembra che le cose da fare siano soprattutto due: da un lato, imparare a conoscersi, a comprendersi, a rispettarsi reciprocamente, senza pretendere di avere posizioni di privilegio, di autorità o di preminenza; dall’altro, invitarsi reciprocamente a rimettersi sempre in discussione, e quindi a riformarsi, secondo la Parola di Dio. È un invito protestante nella formulazione, ma assolutamente ecumenico nella sostanza». 
E qui le convergenze tra Oscar Cantoni e Paolo Tognina sono evidenti.

Compassione e indifferenza

Nei versetti 33 e 37 del passo di Luca troviamo la parola compassione. Ecco a questo proposito cosa scriveva Carlo Maria Martino, vescovo cardinale di Milano: «Il terzo momento è il cuore di tutta la narrazione. Consta di una sola parola greca, che significa: fu mosso a compassione. Essa designa l’intensa commozione e pietà da cui fu afferrato un samaritano, che passava per quella stessa strada. Non pensiamo soltanto a un risveglio di buoni sentimenti. Poche pagine prima (cfr. Lc 7,13), la stessa parola è usata per descrivere la compassione di Gesù dinanzi al funerale del figlio della vedova di Nain. In altri passi della Bibbia questa parola allude all’immensa tenerezza che Dio prova per ogni uomo. Dobbiamo pensare che con questa parola il racconto evangelico voglia descrivere un evento misterioso che è accaduto nel cuore del samaritano e lo ha, per così dire, attratto nello stesso movimento di misericordia con cui Dio ama gli uomini».

Ed ecco un passo della parte dell’omelia di Oscar Cantoni in cui viene stigmatizzato l’atteggiamento del sacerdote e del levita:«Persone che vivono e coltivano la cultura dell’indifferenza».

Sempre a questo proposito ricordiamo che Liliana Segre ha suggerito di scrive la parola indifferenza a caratteri cubitali su di una lunga parete che costeggia il binario 21 della stazione di Milano, da dove partirono i treni per i campi di sterminio.

Alla stessa Segre spetta la seguente definizione: «L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori».

Il testo evangelico e le sue domande cogenti
L’interpretazione da parte cattolica e riformata del passo evangelico di Luca ci è sembrata sovrapponibile.
Innanzitutto Tognina ha riconosciuto, diremmo noi, che le questioni e le domande sono di un livello nettamente più elevato di quelle meramente dottrinali sopra citate. 
«La prima è posta dal dottore della legge: che devo fare per ereditare la vita eterna? Sembra una domanda fuori dal tempo, che oggi nessuno pone. Anche all’interno del movimento ecumenico è un quesito ampiamente ignorato. Riteniamo di dover avere altre priorità. Per Gesù non è una domanda oziosa, infatti la prende molto sul serio, e risponde con chiarezza».

Come? Ecco il testo evangelico: “Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge?»(…) Costui rispose:«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua ente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene, fa’ questo e vivrai»”.  

Riprende Tognina:«La seconda domanda, anch’essa posta dal dottore della legge: chi è il mio prossimo? Si tratta di una domanda-trabocchetto, ma anche in questo caso Gesù la prende molto sul serio, considerandola non secondaria. Il dottore della legge vorrebbe avviare una discussione teorica – di quelle che piacciono tanto anche a noi – ma Gesù, con la parabola, riporta la questione sul terreno del comportamento solidale.
La terza domanda è posta da Gesù: quale di questi tre ti sembra essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?
Ecco, dunque, le tre domande che emergono dal racconto: Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Chi è il mio prossimo? Chi si rende prossimo della persona svantaggiata?

Se confrontiamo queste tre domande, poste dal dottore della legge e da Gesù, con le domande ricorrenti nella discussione ecumenica (papato, presidenza della celebrazione eucaristica, riconoscimento delle chiese), possiamo capire in che senso il testo del “buon Samaritano” costituisca una provocazione, e direi una utile e necessaria provocazione.

Il Signore ci invita a modificare la nostra agenda ecumenica, a rivolgere la nostra attenzione ad altre domande, per collocare Gesù Cristo al centro della nostra fede, della nostra azione, del nostro essere cristiane e cristiani».